ROMA – Sorrisi di apprezzamento, volti compiaciuti, mancavano solo le poco british pacche sulle spalle e un cappello di Babbo Natale in testa, nel clima di vaghi ma intensi osanna al professor Monti versione “piaciona” (copyright Il Fatto Quotidiano) alla conferenza stampa di fine anno. Il primo ministro ha recuperato la bacchetta del cattedratico per spiegare ai profani lo spread, non ha lesinato battute anche in inglese, ha diffuso fiducia come incenso dall’aspersorio, ha dribblato le domande scomode come un fantasista. Sotto la cenere del gradimento generale, tuttavia, cova qualche fiammella di preoccupazione, se non di risentimento.
I grandi giornali non disturbano il manovratore, solo qua e là, nel sottobosco che non fa ombra, in un trafiletto o alla fine di qualche articolo spuntano dubbi, perplessità, aspettative deluse. Il “genero ideale” e salvatore dei destini del mondo, come si è alternativamente proclamato il professore citando due importanti testate straniere (Suddeutsche Zeitung e Washington Post), non scontenta soltanto i prevedibili Berlusconi e Di Pietro che già si sono portati un pezzo avanti con i compiti della campagna elettorale.
Si può dire, infatti, che alle imprese piaccia davvero quell’ipotesi di tre anni di prova nell’ingresso nel mondo con relativa sospensione de facto dell’articolo 18? Siamo sicuri che vogliano davvero accollarsi i costi per sostenere il reddito di chi esce? A leggere fino in fondo le note di Sole 24 Ore e Corriere della Sera si direbbe proprio di no.
Eppoi le imprese vogliono avere libertà di licenziare i fannulloni, chi non produce, i cinquantenni non i giovani. Senza contare che la proposta della Fornero di destinare i 20 miliardi risparmiati con le pensioni alle riforma degli ammortizzatori sociali sembra una promessa da marinaio: servono a pagare i debiti e quelli non aspettano. Sarà un terreno di scontro, la riforma del mercato del lavoro, dove la contraerea dovrà sparare a destra come a manca (i sindacati). E le munizioni non è detto che siano sufficienti.
Su Mr Spread, il famigerato differenziale tra Btp e bund tedesco, cui Time dovrebbe dedicare una delle sue famose copertine come personaggio dell’anno, Monti ci ha impartito una lezione degna di un moroteo d’altri tempi. Non ha spiegato, per esempio, che la buona performance dei titoli di Stato a breve termine sono il frutto di una certa creatività contabile visto che fino a tre anni gli investitori, le banche in primis, hanno operato sul “segmento massimo a tre anni, quello garantito dai prestiti della Bce”. Lo si legge su Il Riformista, che pure è molto benevolo nei confronti di Monti. E sullo stesso articolo veniamo a sapere che il vero pericolo, mai menzionato dal professore, proviene da un dato fornito dalla Banca d’Italia: i depositi di conti correnti sono in caduta libera, in un solo mese sono scesi dell’1%, lo stesso trend degli ultimi trenta giorni della Grecia.
I commenti sono chiusi.