Mosca paga, dal 2014 almeno (molto almeno) 300 milioni di dollari. Molto almeno perché i 300 milioni sono, a detta di chi lancia l’alert ai governi, quelli contabilizzati, cioè quelli documentabili. I soldi pagati da Mosca non documentabili sarebbero ovviamente molti di più. Pagati a chi? A partiti ed esponenti politici di una ventina di paesi. Pagati per comprare cosa? Ovviamente una vicinanza politica agli interessi della Federazione Russa. Chi lancia l’alert? L’Amministrazione Usa, nella forma di una relazione di intelligence e nella forma di un avviso ai governi. Si rendono pubblici i nomi di chi sarebbe stato pagato? No, si lascia ai singoli governi la responsabilità di decidere se indagare o no su scala interna. Qualcuno in Italia potrebbe essere stato destinatario dei pagamenti di Mosca? Al momento la comunicazione ufficiale è che non ci sono elementi per considerare l’Italia umo dei paesi interessati ai bonifici di Mosca. Quindi niente? Non proprio, il “non ci sono elementi al momento” non equivale alla certezza documentale. E 300 milioni di pagamenti di Mosca “contabilizzati” significano che la capacità di “contabilizzare” è ampia e in grado di trovare e seguire tracce. Dunque non proprio niente. Perché in Italia c’è una questione Lega, una questione che lega la Lega a Mosca. Anche se soldi non fossero mai intercorsi, anche se, a quanto risulta ad oggi, non ci sono e non ci sono stati rubli di Mosca verso la Lega.
Una alleanza politica, una affinità palesata
A suo tempo la Lega pubblicizzò una sorta di alleanza politica con Russia Unita partito di Putin. Era marketing più che vera intesa politica, ma era marketing voluto. Così come le magliette di Salvini con la foto di Putin, il suo datemi mezzo Putin, in cambio due Mattarella…Era ed è teatro, ma il teatrare è buona sostanza dell’agire della Lega. Ed era un teatrare, un giocare a fare i putiniani, che ha qualcosa al fondo: la affinità palesata per la versione autoritaria, molto autoritaria dello Stato. La Lega è forse il partito che più di ogni altro ama la estrema semplificazione di ogni problema, che questa semplificazione la propaganda come realtà, che costruisce la novella della soluzione a portata di mano sempre che solo gli inefficienti o i “cattivi” impediscono di cogliere. Naturale la suggestione verso un potere forte che decida e disponga. Insomma era ovvio che la cultura nella quale ha le sue radici la Lega e quella, sia pure diversa, in cui vive il putinismo risultassero l’un l’altra reciprocamente… simpatiche. Poi però Salvini ci ha messo qualcosa in più: ha scoperto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, una vocazione pacifista-francescana che prima non palesava. Una allergia alle armi che prima non aveva. Un invitare, più o meno pressante, gli ucraini ad arrendersi per…il loro bene. Anche qui e ancora essenzialmente teatro: poi la Lega votata in Parlamento aiuti economici e militari all’Ucraina. Comunque argomenti, dubbi, posture sovrapponibili a ciò che Mosca va dicendo, fino al quasi paradossale Salvini che sentenzia sanzioni inutili perché non danneggiano Russia e la stessa Russia che qualche danno lo ammette eccome, anzi lo denuncia come crimine occidentale.
Soldi mai visti
Soldi russi alla Lega, letteralmente mai visti, mai documentati. Soldi russi alla Lega mai visti ma è lecito sospettare? Allo stato delle cose il sospetto è troppo imparentato con la calunnia. E allora perché? Perché Salvini stesso prova a seppellire sotto fierezza declaratoria il suo imbarazzo? Perché derubrica la questione del Mosca paga a questione di nullo interesse mentre un solo grido, un solo allarme: Bollette, Bollette, Bollette! La riposta è proprio in quel grido di battaglia di Salvini, in quel Bollette, Bollette, Bollette! Il mondo di Salvini ha questo perimetro: se c’è una guerra che fa aumentare la bolletta, il problema è la bolletta e non la guerra. Salvini non è un occidentalista riluttante, tanto meno uno che vorrebbe stare con Mosca, nulla di così complesso. Salvini è semplice: non ha politica estera e nemmeno economica. Lui è genuinamente bollette, bollette, bollette. Punto. Certo non è un liberale, certamente si è detto più volte affascinato dal alcune soluzioni di “democrazia illiberale” alla Orban e da alcuni tratti della “democratura” alla Putin. Ed è anche possibile che qualcuno, millantando Lega, abbia fatto un po’ di soldi con la Russia. Ma la vera questione Salvini è che lui la guerra alla Russia la vorrebbe, se proprio deve, combattere gratis e comunque, potendo, si sfilerebbe. Anche questo gratis e senza che Mosca debba pagare. Infine, per puro dovere di cronaca, va rilevato come analoga posizione è quella di Conte (ammesso sia possibile fissare Conte in una posizione, i un giorno di campagna elettorale, un solo giorno, ha detto: basta armi all’Ucraina, buona cosa l’avanzata ucraina grazie alle armi che abbiamo mandato, no alle spese militari che il governo vuol fare, sì agli impegni presi con la Nato). Salvini-Conte: la guerra gratis e sflilarsi gratis, dove la stella polare è il gratis.
Su Meloni fumo senza arrosto
Mosca paga (basta dare un’occhiata attenta e competente a non pochi siti di informazione “alternativa”) e, oltre all’imbarazzo politico della Lega (non per i soldi-ripetiamo non ve n’è traccia ma per gli amorosi sensi con il “putinmachismo”), qui da noi si registra una frettolosa, incauta e perfino un po’ grottesca emissione di fumo sopra Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Un quotidiano comprensibilmente va ad intervistare un per così dire addetto ai lavori, l’ex ambasciatore Usa alla Nato, Volker. Il quale dice nel testo di non avere né fatti né prove ma di aver ascoltato qua e là un “ritornello” per cui Mosca ci avrebbe provato anche con Fratelli d’Italia, aggiungendo malizioso che Fdi è cresciuto di molto i consenso negli ultimi anni. A parte l’equazione (qualunquista e non da ambasciatore) sottesa e cioè che chiunque guadagna consenso lo fa perché si compra gli elettori con i soldi che arrivano a nero o dall’estero, Volker non dice quel che grida il titolo che il quotidiano dà all’intervista. Il titolo è “punta l’indice su Fretelli d’Italia”. Ora un titolo è un titolo e nulla di più. Ma ciò non dovrebbe esimere dal pensarli, comporli e stamparli seri. O almeno non in lite perfino col plausibile: se Mosca avesse finanziato partito di Meloni, soldi buttati visto che Fratelli d’Italia tra i partiti italiani è uno dei non moltissimi chiaramente schierato con la Nato e con gli impegni che ne derivano. Non così la Lega, non così M5S, non così i Verdi e Sinistra Italiana. Ma non è che facciamo così perché pagati da Mosca. Tutt’altro, fanno così perché viene loro naturale, spontaneo, perfino doveroso. Perché sono tutte formazioni a vario titolo populiste mentre, se in quel quotidiano avessero guardato con attenzione e profondità, avrebbero da tempo notato la differenza: Fratelli d’Italia è tante e no commendevoli e rassicuranti cose ma non (non!) è un partito populista. Per cui puntare il dito su Fratelli d’Italia per i soldi di Mosca è spargere fumo, fumo senza arrosto.