Mose: la memoria difensiva di Giancarlo Galan (documento integrale – PDF)

Mose: la memoria difensiva di Giancarlo Galan (documento integrale - PDF)
Giancarlo Galan (LaPresse)

ROMA – Scandalo Mose: ecco la memoria difensiva di Giancarlo Galan depositata alla Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera. Pubblichiamo il documento in versione integrale. Scarica qui il Pdf

CAMERA DEI DEPUTATI
Giunta per le Autorizzazioni
MEMORIA DIFENSIVA
proc. pen. n.12236/20J3 R.G.N.R. -9476/2013 RG.G.l P. ordinanza di custodia cautelare emessa il 31.05.2014 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia

Onorevoli Deputati, preliminarmente mi permetto di allegare e di sottoporre alla Vostra attenzione la memoria difensiva che era mia intenzione depositare avanti la Procura della Repubblica di Venezia (ALL.A) e nella quale, come leggerete, ho esaminato singolarmente tutti gli addebiti che mi vengono mossi nell’ordinanza impositiva della custodia cautelare in carcere.

Purtroppo, la Procura di Venezia – come approfonditamente spiegherò – nonostante le ripetute istanze, ha scelto di non ascoltarmi. Alla luce di ciò, attesa la condotta serbata dagli organi inquirenti, è stato deciso di non depositare in Procura la predetta memoria, ma di allegarla comunque al presente elaborato difensivo per offrire a Codesta Giunta la mia completa ricostruzione dei fatti. Rimandando nuovamente alla lettura di quello scritto relativamente al merito dei fatti contestati allo scrivente, ho ritenuto di predisporre anche la presente memoria (coadiuvato nella redazione dai miei difensori) per segnalare – anche in questa sede, partitamente – altri aspetti che, a mio avviso, meritano di essere sottoposti al vaglio di Voi Onorevoli Colleghi, tenuto conto del giudizio che questa Giunta è chiamata ad esprimere al termine della discussione. Come fra poco spiegherò nel dettaglio, nel procedimento penale sopra evidenziato si è manifestato nei confronti di chi scrive un “fùmus persecutionis” evidentissimo.

Le molteplici ragioni di tale assunto, che verranno sviluppate approfonditamente nelle pagine seguenti, possono essere così riepilogate:
-le plurime “istanze” avanzate alla Procura della Repubblica di Venezia mediante 1 le quali ho espressamente chiesto di essere ascoltato per rendere spontanee dichiarazioni circa i fatti che mi vengono contestati, non hanno mai ricevuti riscontri e solo, da ultimo, una risposta evasiva che ha il significato inequivoco di un immotivato diniego;

– i conteggi svolti dalla Guardia di Finanza con riferimento alle entrate e alle spese riferibili a me e a mia moglie, dalle quali scaturirebbe una sproporzione, nel periodo 2000-2010, pari ad euro 1.281.552,64 euro, non contemplano numerose altre mie “entrate”; come più avanti si dimostrerà il risultato del corretto raffronto tra le entrate e le uscite produce addirittura un differenziale positivo pari a più 702,895,66 euro

– sono già in grado di offrire la prova, documentale, della palese insussistenza di specifici elementi accusatori, quale la presunta dazione corruttiva di 50.000,00 euro avvenuta a favore del sottoscritto mediante il versamento di detta somma in un conto corrente acceso in una banca della Repubblica di San Marino; le firme e le sigle apposte sui documenti relativi a quella operazione. come fra poco si dimostrerà, sono false;

– gran parte dei reati che mi vengono contestati sono pacificamente prescritti (nel capitolo dedicato a questo tema, come Vedrete, ho approntato un dettagliato elenco degli stessi); nel caso di specie si sono verificate due evidenti violazioni: i Pubblici Ministeri non hanno presentato, in relazione a quei reati, richiesta di archiviazione (obbligo espressamente previsto dall’art. 411 c.p.p.) ed il G.i.p., a sua volta, non soltanto non ha rilevato l’intervenuta causa di estinzione del reato, ma ha addirittura accolto la richiesta cautelare anche con riferimento a quelle dazioni ormai prescritte, violando apertamente il dettato dell’art. 273, comma 2, c.p.p., secondo il quale: “Nessuna misura può essere applicata se (. .. ) sussiste una causa di estinzione del reato'” ,

– vi è stata certamente un’iscrizione tardiva del nominativo del sottoscritto nel registro degli indagati ex art. 335 c.p.p. (norma che come noto impone al P.M. di iscrivere immediatamente il nome della persona alla quale il reato è attribuito dal momento in cui risulta);

2 – l’ordinanza custodiale è stata emessa da un giudice territorialmente incompetente; – è manifestamente insussistente l’individuata esigenza cautelare, ovverosia il rischio di reiterazione del reato, sulla base della quale è stata poi applicata nei miei confronti la misura cautelare più afflittiva; esaminerò nello specifico detto profilo al termine della presente memoria, al momento è sufficiente evidenziare che l’ultimo addebito in contestazione risale al 201 I e che non ho più da molti anni alcun tipo di rapporto con i miei presunti correi-corruttori.

***** IL “SILENZIO” DELL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA AFRONTE DELLA MIA IMMEDIATA DISPONIBILlTA’ A RENDERE DICHIARAZIONI

Onorevoli componenti della Giunta, sin dalle primissime indiscrezioni apparse sugli organi di stampa circa le dichiarazioni accusatorie, ipotetiche all’epoca, rese a mio carico da Baita e Minutillo, dichiarai di essere immediatamente disponibile a rispondere a tutte le domande che i Sig.ri PP.MM. avessero voluto rivolgermi, essendo mia ferma intenzione chiarire ogni aspetto della vicenda (allego in proposti gli articoli che attestano quella mia disponibilità risalente al 2013, ALL.I).

Nonostante questo mio invito, la Procura “veneziana” non ha mai ritenuto, in più di un anno, di convocarmi ed ascoltarmi, e scopro adesso, con la discovery degli atti, che ha reputato di escutere solamente i miei odierni accusatori. Ma non basta. Venuto a conoscenza dell’emissione dell’ordinanza cautelare applicativa della custodia in carcere anche nei miei confronti, ho chiesto, tramite i miei difensori (Avv. Antonio Franchini e Avv. Niccolò Ghedini), di essere ascoltato e di rendere quindi spontanee dichiarazioni ai sensi dell’art. 374 c.p.p .. Nello specifico i miei legali hanno depositato ben 2 istanze ai Pubblici Ministeri (la prima il lO giugno e la seconda il 13 giugno U.s., ALL.2) attraverso le quali ho 3 formalmente richiesto di essere convocato per rendere spontanee dichiarazioni.

Ebbene, come già annotato, la Procura ha ritenuto di non accogliere tali richieste (si allega il provvedimento di rigetto datato 18 giugno 2014, ALL.3), evidenziando, in particolare, da un lato “che lo stato attuale delle indagini in corso non rende opportuno un interrogatorio esauriente e dettagliato dell’On. Galan” (!?), e dall’altro lato “che il fine difensivo delle dichiarazioni spontanee (che sarebbero “confuse” l?) ben può essere perseguito con il deposito di un’articolata e documentata memoria”.

Ho quindi deciso innanzi a questo atteggiamento sostanzialmente negatorio dei miei diritti di non depositare alla Procura della Repubblica di Venezia alcuna memoria. E’ stata inoltre depositata istanza al G.i.p., Dott. Scaramuzza, redattore dell’ordinanza custodiale, affinché concedesse un appuntamento ai miei legali (istanza depositata il 12 giugno u.s.), alla quale il G.I.P. ha risposto negativamente (ALL.4), con una motivazione francamente assurda. E’ evidente quindi come l’Autorità Giudiziaria non abbia alcuna intenzione di ascoltarmi. se non da carcerato, posizione esemplare e simbolica circa le mie presunte responsabilità. Gli unici miei interlocutori siete quindi Voi, Onorevoli CoIleghi.

***** LA SCONFESSIONE INCONTROVERTIBILE DELLE DEDUZIONI SVILUPPATE DALLA GUARDIA DI FINANZA IN ORDINE ALLE CONDIZIONI ECONOMICHE-PATRIMONIALI
[in verità questo argomento non è stato né sviluppato né citato nell’ordinanza cautelare a Vostre mani, ma merita di essere esplicitato poiché compendiato nell’ultimo capitolo della richiesta di misura cautelare depositata dai PP.MM. (dal foglio n. 425 e ss. rubricato “Indagini patrimoni ali”) ed oggetto di una specifica nota 4 di P.G., la n. 415739 del 19.11.2013. Il tema inoltre è stato a lungo citato, del tutto incautamente come fra poco spiegherò, dagli organi di stampa, manifestandosi, per certi versi, quale riscontro quasi inconfutabile, della presunta mia percezione delle tangenti. Orbene, la conclusione della Guardia di Finanza, condivisa dalla Procura, è la seguente: confrontando, dal 2000 al 2010, le entrate e le uscite della Famiglia Galan (cioè del sottoscritto e della moglie) vi sarebbe un’evidente sproporzione di ben 1.281.552,64 euro.

Un dato certamente suggestivo, e che, teoricamente, potrebbe offrire quel riscontro “numerico” agli elementi di accusa di matrice unicamente dichiarativa. Il ragionamento sotteso a quei calcoli è all’evidenza il seguente: i denari serviti per le uscite non coperte dalle entrate “ufficiali” corrispondono alle tangenti a me versate! Le cose non stanno affatto così, ed anche in questo caso ne posso offrire la prova. Vedete, Onorevoli Colleghi, gli errori compiuti dalla G.d.f. sono numerosi e meritano di essere analiticamente tutti richiamati.

In primo luogo non è condivisibile, sotto il profilo del metodo, porre in verifica solamente il decennio che va dal 2000 al 2010, atteso che negli anni precedenti io avevo già accumulato un consistente patrimonio (nel biennio 1993-1994 avevo guadagnato 660.000.000,00 di lire quale dirigente di Publitalia, e successivamente ricevetti sempre da quell’azienda una liquidazione di 700.000.000,00 di lire, che poi investii in Banca Antonveneta, guadagnando altri 400.000.000,00 di lire).

Ma la Guardia di Finanza sbaglia anche nel momento in cui individua gli importi delle mie entrate, indicando solamente quelli imponibili e tralasciando di calcolare le ingente somme non imponibili percepite in quegli anni (indennità, diaria, ecc ..). Ho già allegato alla memoria predisposta per i PP.MM. il prospetto ufficiale trasmesso dalla Presidenza del Consiglio della Regione Veneto (e che allego anche in questa sede, ALL.5), nella quale viene suddiviso, in due distinti righi, le somme imponibili che ho percepito dal 1995 al 2010 e quelle non imponibili percepite dal 5 1997 al 2010. Per quest’ultime l’importo totale è pari ad euro 671.323,71 euro!

A tale importo vanno aggiunte le somme relative ai seguenti ulteriori incarichi:
– il t.f.r. per la carica di Presidente di Regione, per un importo che si aggira sui 60.000,00 euro;
– gli emolumenti percepiti nel biennio 1994-1995 da Deputato per un importo che può quantificarsi all’incirca in 300.000.000,00 delle vecchie lire;
– gli emolumenti percepiti da Senatore nel 2006, per un importo che può quantificarsi all’incirca in euro 50.000,00; – indennizzo pari a 45.000,00 euro, percepito da Assicurazione “Generali” (società assicuratrice con la quale il Consiglio regionale aveva stipulato una polizza per infortuni), nel 2008-2009, per una frattura alla spalla, provocatami da una rovinosa caduta;
– le somme non imponibili percepite nel 1995 e nel 1996, quale Presidente di Regione, non indicate nel prospetto trasmesso dalla Presidenza del Consiglio della Regione Veneto. Non va dimenticato, da ultimo, che tutti questi importi andranno altresì rivalutati secondo l’indice Istat. Ecco. la sommatoria di tutti questi importi supera abbondantemente il milione di euro, e spiega incontrovertibilmente le ragioni di quella sproporzione derivante dai calcoli operati dalla G.d.f., senza contare poi il patrimonio che possedevo prima di entrare in politica. Anche quest’ultimo sospetto, dunque, è spazzato via.

I miei difensori, inoltre hanno incaricato il Rag. Santolini di stilare una consulenza in ordine al mio intero patrimonio, il quale ha concluso per la congruità dell’intero bilancio familiare, anzi ha attestato che da un corretto raffronto tra le entrate e le uscite della mia famiglia risulta un differenziale positivo pari a + 702.895.66 euro. Ecco le conclusioni della consulenza Santolini (ALL.6): “Infatti si rileva con evidenza documentale e non in modo presuntivo come fatto 6 dai militari della G. di F. che non vi è alcuna sproporzione negativa (quantificata erroneamente dai militari della G.di F. in é 1.281.552,64) fra i redditi dichiarati nel periodo 2000-2013 dal nucleo famigliare Galan/Persegato ed il proprio tenore di vita personale, ma bensì si rileva che le entrate reddituali/patrimoniali fiscalmente e non rilevanti, percepite dai due coniugi Galan negli anni 2000/2013, se aggiunte ai risparmi accumulati dagli stessi negli anni pregressi (ante anno 2000), sono più che sufficienti a giustificare le spese e gli investimenti patrimoniali della famiglia Galan, così come rilevate dalla Guardia di Finanza di Venezia nei loro prospetti di ricostruzione, facendo emergere un differenziale positivo tra le entrate complessive di é 3.461. 709,55 e le uscite complessive é 2.758.813,89 con risultato differenziale positivo di + 702.895,66”.

***** PALESE INSUSSISTENZA DI SPECIFICI ADDEBITI
Nel momento in cui ho avuto la disponibilità di tutto il fascicolo processuale ho cercato di esaminarne celermente il contenuto, naturalmente con l’ausilio dei miei difensori. In questo capitolo, intendo soffermarmi su uno degli addebiti che certamente può suscitare maggiori sospetti ed illazioni circa la mia condotta. Mi riferisco al versamento di 50.000,00 euro operato su un conto acceso dal sottoscritto in una banca di San Marino, che, in tesi di accusa, andrebbe ricostruito quale corrispettivo illecito operato nei miei confronti per favorire i project della società Adria Infrastrutture.

Ebbene, non ripeto quanto già abbondantemente spiegato in tema nella memoria per i Pubblici Ministeri (ed alla quale rimando compiutamente), e mi limito quindi a riepilogare anche in questo elaborato quanto accertato. E’ necessario in primo luogo che io alleghi nuovamente, per quanto qui interessa, gli atti acquisiti dalla Procura di Venezia a seguito delle richieste di rogatoria avanzata alI’A.G. di San Marino, documentazione compendiata nella richiesta “integrativa” della misura cautelare depositata il 19 maggio 2014 (ALL. 7).

In particolare trattasi dei documenti trasmessi dal Tribunale di San Marino il 28 agosto 2012 in risposta ad una seconda richiesta di assistenza giudiziaria avanzata dalla Procura di Venezia il 17 giugno 2012 (affoliazione: 768-775). Dall’esame di quei documenti si evince quanto segue. Il conto corrente n. 1380 venne aperto dal sottoscritto il 20 luglio 2004 (vi è infatti la copia della mia carta di identità, aff. 770-771). L’apertura di quel conto fu un gesto assolutamente simbolico, a suggello dell ‘accordo commerciale stipulato tra Regione Veneto e Repubblica di San Marino. Peraltro, le dichiarazioni della Minutillo del 14.06.2013 circa l’illiceità di tale operazione sono del resto smentite, non solo da quanto fra poco si esporrà, ma anche dalle dichiarazioni rese dal Colombelli in sede di interrogatorio (presente in atti), nonché dal contenuto del comunicato stampa stilato dal difensore dello stesso, Avv. Filippo Cocco (ALL.8), a seguito delle notizie apparse sui mezzi di informazione nei giorni successivi all’emissione dell’ordinanza (si richiama in particolare il seguente passo: “Tengo a precisare di non avere mai avuto alcuna cointeressenza economica né in proprio né in altre vesti con l’Avv. Ghedini o con l’On. Galan né con il relativo gruppo politico”).

Trattavasi, quindi, lo ribadisco, di un conto ufficiale e trasparente aperto a mio nome, con il mio documento di identità, e su cui avrei potuto operare per ragioni più che lecite. Per quanto concerne, invece, le operazioni eseguite sullo stesso – versamento di 50.000,00 euro e prelievo successivo della stessa somma – non sono state effettuate dal sottoscritto. E posso offrirne la prova. Tra gli atti vi è la distinta sia dell’accredito, effettuato il 14.01.2005 (aff. 773), sia del prelievo, avvenuto il 4.04.2006 (aff. 774), nonché la delega al prelievo, di pari data. (aff.775).

Ebbene, nessuna delle sigle e finne presenti in quei documenti è stata da me apposta! Come già precisato nell’altra memoria, tutte quelle scritture sono state falsificate. I miei difensori, appurato quanto appena spiegato, hanno immediatamente incaricato due consulenti tecnici. il Dott. Graziano Candeo e la Dott.ssa Milana Bellato, che hanno stilato due distinte consulenze in maniera indipendente. certificando che la firma sulla delega al prelievo e le sigle sulle distinte di versamento e prelievo sono state falsificate e quindi non apposte dal sottoscritto (ALL.91) In quel conto, quindi, da me acceso per le ragioni spigate anche nella memoria predisposta per i PP.MM., non ho mai effettuato alcuna operazione. E’ quindi evidente che tale conto è stato utilizzato da terzi senza che io ne fossi a conoscenza e con la falsificazione delle mie firme.

Vi chiedo quindi, al termine di tale esposizione, se sia ancora sostenibile la tesi secondo la quale quell’accreditamento di 50.000,00 euro sia da qualificare quale dazione corruttiva a me corrisposta. Il ”fùmus” si rileva agevolmente dalla circostanza che il P.M. credendo “ciecamente” alla inattendibile Minutillo, non ha ritenuto di operare alcun controllo grafico sulle sigle e sottoscrizioni. Mi pare. Onorevoli Colleghi, di aver dato la prova dell’insussistenza di siffatto addebito, peraltro prescritto. In questo capitolo intendo altresì smentire quella ricostruzione, presente nell’ordinanza cautelare (ed ulteriormente arricchita con fantasticherie dagli organi di stampa), secondo la quale il sottoscritto avrebbe interessi economici in Indonesia. Mi permetto in questa sede di richiamare quanto precisato nella memoria per i Pubblici Ministeri, poi non depositata: «Leggo sui giornali, ed è accennato in parte anche nell’ordinanza cautelare a pago 537 e ss., che io avrei degli interessi economici in Indonesia, attraverso la società THEMA. Ciò è assolutamente falso, io non c’entro nulla con presunti investimenti afferenti il gas 9 “indonesiano” o con la TREMA. Paolo Venuti mi aveva riferito di un suo investimento in Indonesia, mi pare si trattasse di obbligazioni legate ad un fondo indonesiano, per il quale io l ‘ho sempre preso in giro. Lui dal canto suo, sorridendo, mi diceva di aver ricevuto la rassicurazione che se l’investimento fosse andato male, il titolare gli avrebbe dato in cambio una casa a Bali.

In proposito va detto che tale ricostruzione si basa sulla lettura di alcune comunicazioni intercettate sull’utenza del Venuti (si veda l’annotazione di P.G. del 31 luglio 2013, allegata ad un ‘integrazione della richiesta di misura cautelare depositata al G.LP. il 15 maggio 2014). Viene citata in particolare l’intercettazione n. 7825 ove il Venuti, parlando con la dipendente di un ‘Agenzia Viaggi, precisa che deve recarsi in Indonesia per lavoro, perché lì c’è un cliente che ha dei lavori. Ebbene, a tacitare le illazioni della P. G., ed a sostegno di quanto poco sopra chiarito, va detto che il cliente di cui parla il Venuti non è il sottoscritto, bensì il Sig.: Roberto Bonetto. E valga il vero. Questo imprenditore ha dichiarato – come riportato nell’edizione del1S'(J6.2014 del “Corriere della Sera” – che la società TREMA è da lui detenuta 0165% e che l’operazione da 50 milioni di euro è da ascrivere esclusivamente a lui, premettendo che non ha mai incontrato, conosciuto o parlato con chi scrive;

si legge, in particolare, nell’articolo: “E’ lui (n.d.r.: Roberto Bonetto) ad aver dato l’ordine a Venuti, che era anche il suo commercialista di vendere il suo 45 per cento della Pt Isargas per la cifra di 45 milioni: il preliminare da 7,5 milioni di euro era stato firmato il 25 giugno, mentre il rogito era programmato per il 2 agosto (. .. ) “. Tale ricostruzione è confermata anche dal difensore del Sig. Bonetto, l’Avv. Piero Belloni Peressutti, in una lettera apparsa sul quotidiano il “Gazzettino” del 19 giugno 2014, nella quale illegale precisa, dopo aver chiesto la rettifica di alcuni articoli pubblicati sul quotidiano ove si prospettava la riferibilità al sottoscritto sia della società TREMA che di affari milionari in Indonesia, che: «Le indagini effettuate dalla Procura di Venezia e i successivi provvedimenti della magistratura danno invece atto della totale estraneità di Thema Italia Spa e del signor Roberto Bonetto alla cosiddetta “Galassia Galan” e ad ogni altra vicenda del Mose. Le prime ed errate informazioni di un coinvolgimento di Thema nella cosiddetta “galassia Galan” trovano spiegazione nel fatto che Thema si è avvalsa dell ‘assistenza del commercialista padovano Paolo Venuti ( .. .) per lo cessione, avvenuta nell’agosto 2013, delle quote di una primaria società operante nella distribuzione del gas in Indonesia (lo Pt Isargas) appartenenti a Thema Iùzlia Spa, ad altra socio indonesiano della medesima, e alla circostanza che nel dicembre 20 I O Sirefid Spa (che secondo la Procura risulterebbe essere riconducibile a Galan, mediante rapporto fiduciario) aveva sottoscritto, assieme ad altre importanti società padovane, un prestito obbligazionario (di 1.100.000 euro), emessa da Thema e da questa estinto – al pari dei prestiti ottenuti dalle altre 10 società – il primo ottebre 2013. Roberto Bonetto conferma che né lui né gli aliri .m’ci di nelna sono mai stati ascoltati tlagli. organf1nguirenti e diii magisil’ali. e preCisa di non aver mai conosciuto , né incontrato Giancarlo- Galan spiegando che gli affari indonesianì di 1Jiema-‘ sona sempre Siali’ compiuti alla luce dè! sole’ e sviluppati unictmìérue COii i Soci stranieri, con cui vengonQ inìrq.lliw’uti fat?J?9!1i cgmmer,laU radicatt dai m’imi allni 2Qoo in settori diversificati! “, Sia l’articolo apparso sul Corriere della Sera-Corriere del Veneto del 18.06.2014, che la lettera pubblicata sul “Gazzettino” vengono allegate (ALL.2), (ALL.I0, in questa memoria). Spero, in conclusione, di aver dimostrato che non ho alcun interesse economico in Indonesia e che l’operazione citata in ordinanza non è a me riferibile».

***** PRESCRIZIONE DI GRAN PARTE DEI FATTI CONTESTATI

Onorevoli colleghi, ho già dato atto sia con la memoria allegata sia con il presente scritto di volermi confrontare in ordine a TUTTE le accuse che mi vengono mosse, dimostrando già in questa fase (a pochi giorni dalla completa discovery del voluminoso fascicolo processuale) la totale insussistenza delle stesse. Ma ritengo, al contempo, di non potermi esimere dall’evidenziare all’attenzione di Codesta Giunta un profilo, che solo in prima facie potrebbe apparire esclusivamente processuale, manifestando in verità un’ulteriore spia del fumus persecutionis già più volte evidenziato in questa memoria. Ebbene ad una prima lettura di quanto contenuto nei due capi di imputazione riservati alla mia posizione, si rimane a dir poco sbalorditi, quando si constata che gran parte degli episodi “corruttivi” a me addebitati, sono già prescritti. Ricordo a me stesso, che il delitto di cui all’art. 319 c.p. era punito all’epoca dei fatti in contestazione con una pena che va da 2 a 5 anni di reclusione, con una prescrizione quindi che matura, qualora non intervengano atti interruttivi (che nel caso di specie sarebbe l’ordinanza custodiale in parola) in 6 anni dalla consumazione dei fatti. Mi permetto quindi di elencare quali fatti si sono già certamente prescritti:
– capo 5): 11 – dall’inizio del 2005 al mese di maggio 2008, la presunta dazione di un milione di euro l’anno;
– la dazione di 900.000,00 euro, quantomeno sino al maggio 2008, per la Commissione Salvaguardia del 20 gennaio 2004;
– la dazione di 900.000,00 euro per le due Commissioni Via regionali, essendo avvenuta, secondo quanto riferito dallo stesso Baita (e come peraltro riportato nel capo di imputazione) tra il 2006 e il 2007;
– capo 8):
-la dazione di 200.000,00 euro da parte della Minutillo per conto di Baita presso l’Hotel S.Chiara a Venezia nel 2005;
– i lavori di ristrutturazione del corpo principale delI’ abitazione di Cinto Euganeo avvenuti tra il 2007 e il 2008;
– versamento di 50.000,00 euro nel 2005 in un conto acceso in una banca “San Marinese” .

Ebbene l’intervenuta prescrizione degli elencati episodi non è stata rilevata né dai Pubblici Ministeri in sede di .richiesta della misura cautelare personale né, tantomerio, dal C.i.p. in sede diordinanza cautelare, che sul punto non ha speso una sola parola! Per quei fatti i Pubblici Ministeri avrebbero dovuto formulare richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 411 c.p.p., essendosi compiutamente verificata una causa di estinzione del reato. Ed al contempo era obbligo del C.i.p. rilevare l’intervenuta prescrizione di quei fatti, come peraltro ha diligentemente evidenziato per gli illeciti penaI-tributari (si veda in proposito pago 707 dell’ ordinanza custodiale ove il C.I.P., elencando nel dettaglio quali fatti si sono prescritti, ha rigettato le richieste dei PP.MM. per l’intervenuta causa di estinzione). Erroneamente quindi sia la pubblica accusa che il giudice non soltanto non hanno rilevato tale profilo, ma addirittura argomentano sulla sussistenza di quegli episodi, dimenticando che è fatto divieto irrogare una misura cautelare relativamente a fatti oramai prescritti. Credo doveroso, in proposito, riportare la norma di legge che 12 impone tale obblìgo, si tratta del1’art. 273, comma 2, C.p.p.: “Nessuna misura può essere applicata se (. . .) sussiste una causa di estinzione del reato”.

Ma se. è cosi 4 .Ay.llQlJSl, non RQSSO non evidenziare e denunciare con forza il ‘Fumus persecutionis” che si evince dal comportamento tenuto dall’ A.G … atteso che relativamente agli sopra analiticamente elencati ha scelto consapevolmente, nonostante il divieto normativa, di irrogare nei miei confronti la misura cautelare più afflittiva.

E la riprova della consapevolezza dell’intervenuta prescrizione di quelle pretese dazioni corruttive la si individua plasticamente nella richiesta di sequestro preventivo depositata dai Pubblici Ministeri in datata 31 marzo 2014, sulla scorta dell’annotazione di P.G. del 27 febbraio 2014. In quella richiesta ed in particolare nella parte relativa all’individuazione del prezzo del reato (di cui, appunto, si chiede il sequestro in via prodromica rispetto all’eventuale futura confisca ex art. 322 ter c.p.), i PP.MM. mostrano di essersi confrontati con tale questione, e individuano l’ammontare del prezzo “sequestrabile” solo sulla base dei fatti che non si sono ancora prescritti: per il capo 5), si fa riferimento solamente al preteso “stipendio” da I milione di euro ma unicamente per il periodo che va dal 2008 al 2011 (spariscono le due dazioni da 900.000,00 euro e le prime 3 annualità delle dazioni da l milione di euro; per il capo 8), invece, si richiamano solamente l’acquisto delle quote delle società ADRIA INFRASTRUTTURE e NORD EST MEDIA, nonché la ristrutturazione della sola barchessa della mia abitazione di Cinto Euganeo (nessun richiamo vien svolto alle altre presunte dazioni). Credo quindi, alla luce di quanto sin qui esposto nel presente capitolo, di aver chiarito ulteriori profili di illegittimità dell’ordinanza cautelare irrogata nei miei confronti che reputo di estrema gravità. Ma vi è di più. J Si veda il foglio 13 della richiesta di sequestro preventivo. 13

***** ISCRIZIONE TARDIVA Sin dal primo interrogatorio reso avanti i Pubblici Ministeri, del 4 marzo 2013, la Sig.ra Minutillo ha reso dichiarazioni gravissime nei miei confronti, accusandomi già in quella sede di gran parte degli illeciti che poi mi sono stati contestati in sede di richiesta cautelare (e per i quali, vale la pena ripeterlo, è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere). Ebbene è legittimo ritenere che nonostante quelle dichiarazioni i PP.MM. non abbiano eseguito la doverosa iscrizione nel registro delle notizie di reato del nominativo del sottoscritto, nonostante il chiarissimo dettato normativa dell’art. 335, comma 1, c.p.p. che impone al Pubblico Ministero di iscrivere “immediatamente ( .. .) dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito” .

E’ opportuno richiamare sul punto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, cristallizzatosi peraltro con una nota pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte: “In tema di iscrizione della notizia di reato di cui all’art. 335 C.p.p., il p.m., non appena riscontrata la corrispondenza di un fatto di cui abbia avuto notiza ad una fattispecie di reato, è tenuto a provvedere alla iscrizione della notitia criminis senza che possa configurarsi un suo potere discrezionale al riguardo. Ugualmente, una volta riscontrati, contestualmente o successivamente, elementi obiettivi di identificazione del soggetto cui il reato è attribuito, il p.m. è tenuto a iscriverne il nome con altrettanta tempestività”, Casso Peno Sez. Un., 24 settembre 2009, n. 40538 2 • 2 Si richiama anche-un passo rilevante della motivazione della pronuncia a. Sezioni Unite: prevalente merita di essere condiviso. L’enunciato che contraddistingue la disciplina introdotta dall’art. 335 del codice di rito è l infatti, univoco nel suo valore e significato precettivo. Il compito della iscrizione” è infatti, soggettivamente demandato al pubblico ministero, cui pertanto viene conferito il relativo munus, senza che il disposto normativo consenta di intravedere altre figure, del processo o delle indagini, legittimate a surrogare il “ritardato” esercizio di tale potere-dovere. Là circostanza. 1101. che il pubblico ministero sia chiamgto gd “fmmMiatanumle u lo nptilio,crinrin;s ed jl nommq/;w dell’indagato. evoca lo Muraziane di Wl siffalW ih<il!rl!bente in ‘iIrmini.di rigorosa 14 Va precisato che tra gli atti depositati dalla Procura di Venezia a sostegno della richiesta della misura cautelare non vi è la rituale nota di iscrizione nel registro delle notizie di reato del mio nominativo. Appurato ciò i miei legali, in data 12 giugno 2014, hanno provveduto a depositare una specifica istanza avanti la Procura al fine di conoscere quell’importante dato processuale (ALL. 11).

Gli organi inquirenti hanno ritenuto di non dare alla Difesa alcuna risposta. Ma per quali ragioni si sostiene che l’iscrizione è stata tardiva? Se l’iscrizione fosse stata tempestiva, ovverosia, quantomeno, all’esito dell’interrogatorio della Minutillo, lo scrivente entro il termine dei 6 mesi avrebbe dovuto ricevere o la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, o la notifica, sempre entro quel termine, della proroga delle indagini preliminari (come previsto dall’art. 406 c.p.p.), dal momento che per il delitto in esame il termine per svolgere attività investigativa è, appunto, quello ordinario di 6 mesi. Ebbene, non ho mai ricevuto alcuna notifica. Riassumendo, si è indagato sul sottoscritto, quantomeno, per 1 anno e 2 mesi. Giova precisare in proposito. Onorevoli Colleghi. che alla luce di guanto disposto dall’art. 407. commI! 3. c.p.p .. gli atti di indagine compiuti. eventualmente. dopo la scadenza del termine di cui sopra (non preceduti da un provvedimento di proroga da parte del G.LP.) non possono essere utilizzati. Siamo quindi al cospetto dell’ ennesima violazione dei diritti della difesa.

***** ORDINANZA EMESSA DA GIUDICE INCOMPETENTE “doverosità tl ; nel sgnso di rrCOnneltel’e in capo aWorggno tlÌolare detraziQne penale uno specifico € ìndilarlpnabile – obbligogiurilfico,. aire deve e.\’Sfre qdemlliu/{) senza qlcuna sqltglone di conlinuità rispetto 01 momento iii cui sòYgqqq I l’e/Olivi presu!!p()$Ii, SI è. qufi/d/; lotalrl@nlealdi fUori di qualsigsj possikilitùdi scelta, non “Ilio in re/azione all’ari. ma anche rispetto al quid -nscriziane rigugrda. infatti, #0’=1’61” notizia di reato .. ed al gugniq. In questo senso. -quindi. deve ritenersi non perlinente il rifì1rlmr!ntg ad Un potere “discrezionale” flelwbblico minfstcro. l’iiI’ presente i/l larga lIfll’le del/edemsionidi flUetI{Q Corleone hanno aderlloalla impostazione d{queste Seztpni UniIC,/lSI1/’gssa nel/agikricarda/il sentenza Tammaro. 11 Wmllilo de’”ubblica minfstel’o, inf’alli, .l’luello. in teoria, del tul/O “nèUtto” – di “riscontrare” resistenza dei presupAAr;U normattvi che imponggno !’iscrizione.: -non ,li elkuuare valutazioni realmente ndiscrez;onalr’\ che bmlti/lqJ,ilmenie finil’ebberp. per coinvolgere un potere dil1ìcilmente comMlibile – anche sul “”l’sante dei Wl/Ori costituzionali èoinyqlli ” Con la Io/aie assenza di qualSiasi aOni/’q/Ìq giurisdiz{q@lti”. 15 Il provvedimento cautelare di cui oggi si discute è stato emesso da un giudice territorialmente incompetente. E valga il vero.

In ragione di quanto previsto 16 c.p.p., qualora la contestazione riguardi reati tra loro connessi 3 la competenza per territorio spetta al giudice competente per il reato più grave, ed in caso di pari gravità – che è la nostra ipotesi, trattandosi di più reati di corruzione – al giudice competente per il primo reato. Ebbene, il primo reato, in ordine di tempo, risulta essere quello afferente il versamento della somma di 50.000,00 euro, nell’anno 2005 (esattamente il 4.01.2005), in un conto corrente acceso presso la banca S.M. Intemational Bank S.p.A. di San Marino il 20 luglio 2004. Si tratta quindi di un delitto commesso all’estero. Potrebbe sostenersi, in proposito, sempre alla luce della complessiva ricostruzione offerta dall’accusa, che l’accordo delittuoso sia stato raggiunto in Italia e che la dazione corruttiva sia stata invece eseguita a San Marino mediante, come detto, l’accredito sul conto dei 50.000,00 euro.

L’art. lO comma 3 c.p.p. indica la regola da seguire in questo caso: “se il reato è stato commesso in parte alt’ estero, la competenza è determinata a norma degli artt. 8 e 9 c.p.p.”. Orbene, sia qualora si applichi il primo comma dell’art. 8 (“la competenza è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato”) che nel caso in cui si ritenga di applicare il primo comma dell’art. 9 c.p.p. (la competenza spetta al giudice dell’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione), si perverrà sempre alla medesima conclusione, ovverosia che il luogo di consumazione dell’illecito è San Marino e di conseguenza che il primo reato si è consumato all’ estero. 3 Ed è il nostro caso, poiché i fatti sono sussumibili nell’alveo dell’art. 12, lett. b, c.p.p., atteso che tutti i singoli episodi conuttivi sono avvinti-daI vincolo della continuazione (ex art 81, comma 2, c.p.), avendo chi scrive, in ipotesi accusatoria, commesso ogni singolo illecito sulla scorta di un medesimo disegno criminoso ideato con i propri presunti corruttori.

Ma se è così, allora, non potrà che applicarsi l’art. lO comma 1 c.p.p. che prescrive la seguente regola: “la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, del! ‘arresto o della consegna dell ‘imputato”. Nel 2005, come da certificato storico di residenza che si allega (ALL. 12), ero residente in Provincia di Padova, con ciò incardinandosi la competenza per territorio in capo al Tribunale “patavino”. Con riferimento ai miei presunti correi, per quanto a mia conoscenza, anche la Sig.ra Minutillo, in quel periodo, era residente a Padova. E’ evidente quindi che l’ordinanza custodiale del 30 maggio 2014 è stata emessa di un giudice incompetente territorialmente.

***** CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE Il Giudice per le indagini preliminari di Venezia con l’ordinanza del 31.05.2014 ha accolto in foto, per quanto riguarda i fatti a me ascritti, la richiesta di applicazione (presentata dai Pubblici Ministeri il 2.12.2013) della più grave ed afflittiva misura cautelare prevista dal nostro ordinamento, la custodia in carcere. Come a Voi noto, tale possibilità – in un ordinamento come il nostro ove il Legislatore Costituente ha “positivizzato” il principio della presunzione di innocenza sino alla pronuncia della sentenza irrevocabile – è ancorata alla verifica di determinati presupposti, la cui insussistenza inibisce l’irrogazione di un provvedimento limitativo. della libertà personale e mi riferisco nellò specifico ai gravi indizi di colpevolezza (art 273 c.p.p.), alle esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.), nonché al rispetto del principio di adeguatezza (specifica idoneità della stessa in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare, art. 275, comma 1, c.p.p.) e proporzionalità (proporzionalità tra l’entità del fatto e la sanzione che si ritiene possa essere irrogata, art. 275, comma 2, c.p.p.). 17 In merito ai pretesi gravi indizi, ritengo opportuno, per non appesantire il presente scritto, rimandare nuovamente alla lettura della memoria allegata predisposta per i Pubblici Ministeri. Per quanto invece concerne le altri indispensabili “condizioni” non posso che esprimere il mio totale sconcerto rispetto all’adozione della cautela più afflittiva nei miei confronti. Eccone i motivi. E’ agevole constatare come l’unica esigenza cautelare configurata nei miei confronti è il c.d. pericolo di reiterazione, espressamente previsto dall’art. 2741ett. c) C.p.p .. I! giudice argomenta in ordine a tale fondamentale profilo a pago 675 dell’ordinanza, riservando un’identica motivazione per tutti i soggetti (fra cui, appunto, il sottoscritto) destinatari, in tesi di accusa, delle dazioni corruttive: “Si è notato dalla descrizione delle condotte da essi commesse come ciascuno di essi PER ANNI e ANNI abbiaASSERVITO TOTALMENTE L’UFFICIO PUBBLICO che avrebbe dovuto tutelare, agli in interessi economici del GRUPPO ECONOMICO-CRIMINALE, LUCRANDO UNA SERIE IMPRESSIONANTE DI BENEFICI PERSONALI DI SVARIATO GENERE, da dazioni in danaro a vantaggi per parenti e/o amici a partecipazioni socie/arie per interposta persona (…) dimostrando un TOTALE ASSERVMENTO della propriafonzione all’interesse privato in luogo dell ‘interesse pubblico, addirittura ABDICANDO alle proprie FUNZIONI tanto da sentirsi (come emerso da molteplici colloqui del CHISSO, del FASIOL ad esempio) COME RAPPRESENTANTI NELL ‘ENTE PUBBLICO DEGLI INTERESSI PRIVATI CHE NE ALIMENTAVANO I CONTI E NE AUMENTA V ANO IL PATRIMONIO CONCEDENDO ANCHE BENEFICI DI OGNI SORTA, e dimostrando UNA TOTALE SUBORDINAZIONE al GRUPPO PRIVATO (al punto che spesso gli atti del MAV venivano formati dal CVN e le delibere regionali venivano decise a tavolino con i dirigenti del Cm, e venivano contatati i vertici della GdF per ottenere atti e/o informazioni sulle indagini) come ampiamente sopra dimostrato, dimostrando tutti costoro con i loro comportamenti un elevatissimo pericolo di reiterazione, avendo già dimostrato di continuare a godere dei benefici dei corruttori ANCHE DOPO laformale cessazione delle cariche, e di essere in grado di influire sulle scelte dei pubblici uffici anche indipendentemente dalla loro collocazione (venendo per esempio il GALAN pagato anche dopo aver lasciato di (n.d.r.: 1’) incarico da Presidente della Regione in virtù dei benefici che avrebbe potuto continuare ad assicurare in virtù del rilievo della sua posizione politica), risultando invece il CHISSO e fonzionari regionali, attualmente ancora 18 in carica e quindi in grado di incidere sulle scelte dell ‘ENTE nell ‘interesse delle imprese corruttrici. PER TUTTI COSTORO le CONDOTTE SONO GRAVISSIME. trallandosi dì SOGGETTI DIMOSTRATISI tutti meritevolì della massima misura. unica in grado di PREVENIRE i comportamenti descrUtì. lo cui SIS'{EMATICITA’ e REITERAZIONE nel TEMPO è tale da fòndare un CE’RTO PERICOLO di REITERAZIONE di condotte analoghe”. Perdonerete il lungo richiamo appena svolto, ma era indispensabile. Vi chiedo: come può sostenersi, a tutto concedere. alla tesi accusatoria, che sia configurabile in capo al sottoscritto un “certo pericolo di reiterazione di condotte analoghe”? Ed ancora. E’ legittimo applicare la misura cautelare più afflittiva a distanza di .più di tre anni dall’ultimo episodio di reato in contestazione? Giova infatti precisare che il capo 5 dell’imputazione concerne un intervallo temporale che va dal 2005 al 2011, ed il capo 8, a sua volta, contempla quale episodio meno risalente nel tempo, la ristrutturazione della barchessa della mia abitazione di Cinto Euganeo nel 20 Il. Ecco, tenuto conto altresì, che dal 2010 il sottoscritto ha cessato definitivamente dalla carica di Presidente della Regione, appare palesemente illogica, prima che indimostrata, l’affermazione secondo la quale, oggi, vi sarebbe certamente il pericolo che io reiteri il reato!! In altri termini e seguendo addirittura la stessa ricostruzione accusatoria, nonostante da almeno 3 anni non vi siano più contatti tra il sottoscritto (che figura quale presunto corrotto) e i vari Baita, Mazzacurati, Minutillo (ovvero i miei corruttori-accusatori), vi sarebbe comunque, a parere del giudice il rischio, attuale, che chi scrive possa commettere nuovamente i reati oggi a lui ascritti, ovverosia ricevere ulteriori dazioni corruttive al fine di agevolare i miei corruttori sia nell’ambito del Consorzio Venezia Nuova (capo 5) sia in ordine alla finanza di progetto (capo 8 dell’imputazione). Tutto ciò è semplicemente assurdo, non ha alcun riscontro non soltanto nella logica ma nemmeno nelle carte processuali. Si tenga conto altresì che, e questo mi pare un argomento risolutivo, se da un lato il 19 sottoscritto viene ritenuto soggetto che può certamente reiterare il reato, dall’altro lato per i miei correi, concorrenti necessari, non vi è nemmeno la richiesta di misura, evidentemente perché non ritenuti pericolosi!! Ma allora, ed il quesito sorge spontaneo, chi potrebbe corrompermi? Da chi potrei ricevere il prezzo del reato? Ben si comprende allora, come quelle affermazioni così dirompenti dell’ordinanza. sopra richiamate. circa un elevatissimo pericolo di recidivanza (tant’è che viene disposto il carcere) non hanno alcun substrato motivazionale, limitandosi il giudice a richiamate, in proposito, espressioni del tutto inconsistenti ed evanescenti, quali il presunto potere politico del sottoscritto oppure l’ipotetico asservimento dell’ufficio pubblico al gruppo criminale (argomento quest’ultimo utilizzato peraltro in modo indifferenziato per tutti i soggetti con incarichi “istituzionali”), Poco sopra ho evidenziato il vocabolo “attuale”, e ciò non è stato fatto casualmente. Il rischio di reiterazione. infatti. Onorevoli colleghi. deve essere attuale, ovverosia deve sussistere inequivocabilmente nel mbmento in cui il giudice emette l’ordinanza custodiale. Ma ho già spiegato che così non è nel caso di specie. Mi trovo quindi al cospetto del più grave provvedimento Q§trettivo previsto dal nostto ordinamento. Priyo. quantoweno. inconfutabilmente. di uno dei SUOi presupposti imprescindibili. e cioè il positiyo riscontro circa la necessità di tutelare oggi una §pecìfiça e§igenza cautelare. pericolo che webbe frustrato da una mia peffi1an en za in libeJ1àt Esigenza Cautelare. n.on mi stancherÒ mai di ripeterlo, palesemente assente anche a vOler accqgliere totalmente l’impostazione accusatoria avanzata dai Pubblici Ministeri. Ma vi è di più. Per quale ragione, quel rischio di recidivanza. così lampante secondo il G.I.P., può essere scongiurato unicamente con l’incarcerazione del sottoscritto? Il giudice risponde a questo e lo fa afferm.ando che la custodia carceraria va irrogata perché si tratta di condotte gravissime ed è l’unica misura idonea a prevenire che la condotta delittuosa si ripet:a. 20 Ma v’ è da chiedersi allora: che ne è del principio di adeguatezza e di proporzione, poco sopra citato? Il nostro sistema prevede espressamente che la misura custodiale più grave vada applicata solo qualora nessun’altra misura è idonea a scongiurare il pericolo che si intende prevenire, deve essere cioè l’extrema ratio. Mi chiedo e Vi chiedo, dunque, se il rischio di commettere una nuova condotta illecita a distanza di tre anni dall’ultima dazione corruttiva contestata, a fronte peraltro della totale interruzione dei rapporti con i miei presunti correi, possa essere prevenuto solamente con la carcerazione. Nessun’altra misura prevista dal nostro codice di procedura penale sarebbe stata idonea a prevenire quel rischio? Si pensi per un attimo, all’obbligo di dimora, previsto dall’art. 283 c.p.p. o alla più afflittiva misura degli arresti domiciliari. Sul punto mi permetto di svolgere altre brevi considerazioni che ritengo estremamente importanti proprio in relazione a quest’ultimo aspetto. Mi viene applicata la custodia cautelare in carcere per un reato punito (all’ epoca dei fatti) da 2 a 5 anni, dei quali gran parte degli episodi risultano pacificamente prescritti. Ebbene sono un soggetto incensurato, ed è quindi verosimile poter prevedere che, qualora intervenisse una sentenza di condanna nei miei confronti all’esito del giudizio dibattimentale (eventualità che escludo categoricamente), la pena irrogata sarà calibrata sul minimo edittale. Ed è altresì fondato ipotizzare che, trattandosi di pena inferiore ai 4 anni di reclusione, potrò agevolmente accedere alla misura alternativa alla detenzione più favorevole, e cioè l’affidamento in prova al servizio sociale. Può ritenersi quindi, anche in ragione di tale giudizio prognostico, che la scelta della custodia in carcere sia informata al principio di proporzionalità? Mi pare proprio di no. Ed ancora. Si rifletta adesso per un attimo (se ne parlerà approfonditamente nel prossimo 21 capitolo) alle contestazioni elevate alla Minutillo e Baita nell’ambito del procedimento “fiscale” nel quale si innestò l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del febbraio 2013 emessa nei loro confronti. Ebbene per i reati contestati in quel procedimento, che prevedono pene molto elevate4, i due miei accusatori hanno patteggiato delle pene estremamente miti (1 anno e 4 mesi per la Minutillo, ed 1 anno e lO mesi per il Baita, per entrambi pena sospesa). Non vi è chi non veda, allora, come anche sotto questo profilo, sussista un evidente distonia tra il provvedimento cautelare irrogato nei miei confronti (caratterizzato dalle criticità sin qui esplicitate) e l’esito del procedimento penale ove i miei odierni accusatori erano imputati e nell’ambito del quale sono maturate le dichiarazioni a mio carico. Ritengo. e così concludendo su questo tema, di aver dato esaustiva dimostrazione circa il fatto che l’ordinanza in parola applicativa nei miei confronti della misura cautelare in carcere si manìfesta .quale provvedimento del tutto avulso, it:::tu acuii, ri§pctto ad una corretta applicazione delle norme giuridichè che presiedono a1 sistema delle misure cautelari. ***** CREDmILITA’ DEI CHIAMANTI IN CORREITA’ l gravi indizi di colpevolezza, secondo l’accusa, deriverebbero dalle dichiarazioni accusatorie rese da alcuni soggetti, ed in particolare dai Sig.ri Piergiorgio Baita, Giovanni Mazzacurati e Claudia Minutillo. Va preliminarmente precisato che nessuno di costoro afferma di avermi mai consegnato direttamente denaro, ma che ciò sarebbe avvenuto tramite intermediari 4 Sia l’art. 2 che l’art. 8 del D.1gs. 74/2000 sono puniti con la pena della reclusione che va da l anno e 6 mesi a 6 aoni di reclusione; l’associazione per delinquere, altro reato in contestazione, è invece punita, -se si è· meri partecipi da l a 5 anni di reclusione, e se si è promotori (era l’addebito al Baita), addirittura da 3 a 7 aoni’ 22 (anche se vale la pena ricordare che Baita dichiara che le consegne le avrebbe fatte la Minutillo, e quest’ultima, invece, riferisce che le avrebbe fatte Baita). Costoro hanno rivelato che il sottoscritto, nell’intervallo di tempo già più volte citato, avrebbe percepito ingenti somme di denaro ed altre utilità, da un lato per agevolare, o comunque influire sull’approvazione di provvedimenti utili al Consorzio Venezia Nuova, e dall’altro lato per favorire l’iter procedimentale dei project financing presentati dalla società Adria Infrastrutture. Dopo aver letto tutte le dichiarazioni dei predetti chiamanti in correità, nonché la sintesi delle stesse contenuta nell’ ordinanza, ho potuto verificare, con sorpresa, che il giudice non si è mai posto il seguente, decisivo, quesito: tali dichiaranti si presentano quali soggetti credibili ed attendibili? Hanno svolto quelle propalazioni in modo disinteressato? Hanno avuto degli immediati vantaggi “processuali” a fronte di quelle gravissime propalazioni? A tali interrogativi il giudice ha ritenuto di non dare alcuna risposta, evidentemente reputando del tutto marginale, se non inutile, tale vaglio. Sarebbe stato necessario, in verità, effettuare preliminarmente un giudizio circa la credibilità ed attendibilità soggettiva degli odierni miei accusatori, verificando la tempistica delle dichiarazioni e gli effetti che le stesse hanno avuto nel corso dei procedimenti penali ove gli stessi erano indagati. Meritano allora di essere evidenziate anche in questa sede alcune tappe dei procedimenti a carico di quei soggetti. Sia la Sig.ra Minutillo che Piegiorgio Baita sono stati attinti da ordinanza custodiale in carcere il 28.02.2013. Dagli interrogati depositati dai Pubblici Ministeri con la richiesta di applicazione della misura cautelare, ho avuto modo di verificare che la mia ex segreteria ha reso dichiarazioni dal 4 marzo 2013 al 14 giugno 2013; il noto imprenditore, invece, dal lO maggio 2013 al 30 ottobre 2013. Ebbene a seguito dell’interrogatorio del 4.03.2013 la Sig.ra Minutillo ha ottenuto un’attenuazione della misura cautelare originariamente disposta dal G.I.P., 23 ovverosia la sostituzione della custodia in carcere con la più lieve misura degli arresti domiciliari (quest’ultima poi definitivamente revocata il15 maggio 2013). Il Baita, invece, ha beneficiato dell’attenuazione della misura (anche in questo caso sostituzione della carcerazione con gli arresti domiciliari) dopo il secondo interrogatorio C.d. collaborativo, ovvero sia quello reso i16 giugno 2013 (la misura è stata definitivamente revocata il 20 settembre 2013). Profilo altrettanto rilevante, ed estremamente indicativo, è l’esito del procedimento penale nell’ambito del quale, a seguito dell’arresto, sono state svolte le dichiarazioni oggi in esame. Ebbene, sia la Minutillo che il Baita, contestualmente a quelle propalazioni, trovarono un accordo con i Pubblici Ministeri per un patteggiamento che definire mite appare certamente un eufemismo (la sentenza di applicazione su richiesta delle parti è stata pronunciata, per entrambi, in data 5.12.2013). Ma quali erano le contestazioni elevate in quel processo? I capi di imputazione formulati nei confronti di entrambi erano gravissimi contemplando numerosissime violazioni delle fattispecie penal-tributarie previste agli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 7412000, nonché per la Minutillo la partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata alla consumazione dei predetti reati fiscali, e per il Baita, addirittura, la promozione e costituzione di tale associazione criminale. Associazione per delinquere che ha operato in un intervallo temporale che va dal 2005 al 2012. Si allega in particolare la sentenza di patteggiamento pronunciata nei confronti della Minutillo (ALL.13). Ebbene, a fronte di queste gravissime contestazioni, la Minutillo ha patteggiato una pena di l anno e 4 mesi di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale della stessa), il Baita, dal canto suo, ha patteggiato una pena di un l anno e lO mesi di reclusione (anche per costui con il beneficio della sospensione condizionale della pena). 24 Mi si pennetta una battuta: “collaborare” con la Giustizia, nel caso di specie, ha comportato vantaggi immediati e rilevantissimi, insomma conviene certamente. E tali vantaggi, del resto, continuano a perpetuarsi. Non vi è chi non veda. infatti. come sia a dir poco incredibile, che chi scrive venga ftmutato (dopo 3 anni dall’ultimo presunto episodio corruttivo) soggetto che certamente può reiterare il reato, ed invece, al contempo, per coloro che si auto definiscono corruttori serialP – con contestazioni gravissime e diffusamente esaminate in gran Parte della corposissima ordinanza di custodia cautelaré – il P.M. abbia scelto di non proporre alcuna misura cautelare! Quest’ultimo ragionamento vale naturalmente anche per il mio terzo accusatore, Giovanni Mazzacurati. Nei confronti di quest’ultimo viene eseguita un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari il 12 luglio 2013; misura che viene revocata nei primi giorni del mese di agosto 2013 a seguito delle dichiarazioni effettuate, tra gli altri, anche a mio carico. Sin qui gli sviluppi delle vicende processuali relative ai miei accusatori, che peraltro suggeriscono una prima riflessione: sotto la copertura del “pericolo di recidivanza”, il carcere può servire come grimaldello per ottenere “confessioni”? La risposta è certamente negativa, tale metodo è condannato da tutte le convenzioni internazionali e dalle sentenze della Corte di Giustizia. Prima di concludere questo importante capitolo, sottopongo all’attenzione di Voi Onorevoli Colleghi, le seguenti criticità insite in determinati (quasi tutti in verità) elementi di accusa, che appaiono manifesti già ad una prima lettura, seppur non approfondita, delle “carte”: 1) l’evidente inverosimiglianza delle due dazioni corruttive, ciascuna da 900.000,00 euro, ricevute dal sottoscritto, secondo quanto dichiarato (peraltro unicamente) dal Baita, per agevolare o comunque influire sulla Commissione di Salvaguardia del 20 ‘Continuando ad operare, quantomeno, sino al febbraio del 2013, cioè fino al momento dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare emanata nei loro confronti. 6 Gli addebiti a Baita, per esempio, sono compendiati in 19 dei 37 capi di imputazione indicati nell’ineipit dell’ordinanza. 25 gennaio 2004 (parere sul progetto definitivo del Mose), e sulle Commissioni Via regionali – 4 novembre 2002 e 28 gennaio 2005 – afferenti le bocche di Porto di Malamocco e Chioggia. Prescindendo dall’oggettiva impossibilità, all’epoca, di intervenire su quelle Commissioni (di questo ne ho già parlato fundìtus in sede di memoria predisposta per i PP.MM.), come può credersi che io abbia percepito le dazioni corruttive a distanza di anni dal rilascio del singolo provvedimento amministrativo oggetto di corruzione (per la Commissione di Salvaguardia avrei percepito i denari nel 2007- 2008; per le Commissioni Via nel periodo che va dal 2006 al 2007)? Come è possibile, poi, conciliare queste fantasiose accuse con quelle dichiarazioni dello stesso Baita (a cui sia il G.i.p. che i PPM hanno dato abbondante rilievo) in cui si afferma che le “tangenti” nei miei confronti erano ripetute nel tempo (vi era una sorta di “fabbisogno sistemi co”) oppure con quelle della Minutillo che sostiene che dette somme erano una sorta di stipendio nei miei confronti. Si può credere, Onorevoli Colleghi, che la tangente più importante mi sia stata consegnata addirittura dopo 4 anni dall’atto contrario ai doveri di ufficio? 2) l’unico soggetto che mi accusa (peraltro a seguito di numerose ed insistenti domande a lui rivolte dai PP.MM. nel corso dell ‘interrogatorio reso il31 luglio 2013, ed esattamente da pago 24 del verbale stenotipico) di aver ricevuto all’anno ben 1 milione di euro – per i presunti miei interventi volti ad accelerare l’iter di approvazione degli atti di competenza regionale necessari all’esecuzione del MOSE (a quali interventi faccia riferimento, peraltro non è dato saperlo) – è l’Ing. Mazzacurati. Vi prego di leggere quell’interrogatorio per valutare se sia credibile quel dichiarato, reso tra tentennamenti e ripensamenti anche sull’importo esatto della somma elargita nei miei confronti (in alcuni passaggi, per esempio, il Mazzacurati sembrerebbe riferire che quella somma era in parte destinata anche all’assessore Chisso). Ebbene, nel processo sono plurime le voci (dichiarazioni di Savioli e Mario Boscolo, intercettazioni ecc .. ) che depongono su importanti “drenaggi” del denaro sia da parte dell’Ing. Mazzacurati per esigenze personali che da parte dell’Ing. Neri. 26 Ma allora io mi chiedo: dove sono questi soldi? Dove li avrei depositati? In quali occasioni li avrei ricevuti? Non c’è nulla, tra le carte processuali, da cui possa rinvenirsi un riscontro puntuale di un addebito così grave.

L’unica possibilità rimasta alla pubblica accusa (peraltro, almeno questa, non seguita dal G.I.P.) era sviscerare tutti i miei conti, esaminare quelle poche società nelle quali ho delle partecipazioni, ma soprattutto operare un confronto tra le mie entrate ed uscite negli anni di interesse. Orbene, come si legge nella richiesta di misura cautelare, è stata individuata dalla Guardia di Finanza una discrepanza poco superiore ad l milione di euro (sintomatica, secondo il punto di vista della pubblica accusa, dei miei presunti guadagni illeciti); come più sopra esplicitato anche questo specifico elemento di sospetto ha ricevuto una sonora smentita “documentale”; 3) un altro addebito, come oramai Vi è noto, è quello del capo 8 dell’imputazione, ove mi si accusa di aver ricevuto denari o altre utilità per aver agevolato i project financing della società ADRIA INFRASTRUTTURE riconducibile a Baita e Minutillo. Sul punto, mi limito ad evidenziare un’incongruenza enorme. Onorevoli colleghi, è lo stesso Baita, in più occasioni peraltro, ad aver affermato di non aver corrisposto alcunché al sottoscritto per i project financing delle società a lui riconducibili. Anzi, il Baita, dice di più, dichiara, addirittura, che nel corso del mio ultimo mandato da Presidente della Regione (2005-2010) non ha mai vinto alcuna gara concernente la finanza di progetto!! Mi chiedo quindi come sia possibile sostenere la sussistenza di un nesso di causalità tra le indicate dazioni corruttive nel capo di imputazione e la supposta mia attività di “agevolazione” condotta a vantaggio delle società del Baita!
Con ossequio.
Venezia-Roma, 20 giugno 2014

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