Giorgio Napolitano, versione tranquillizzante: “Al di là di ogni differenza nei modi di pensare e delle opinioni politiche, profonda è tra gli italiani e le italiane la condivisione dei valori e dei principi della Costituzione”. Dunque, tranquilli: gli italiani litigano, hanno una vita pubblica all’insegna della rissa continua, ma tutti insieme credono e rispettano la Costituzione, cioè il sistema di regole della cittadinanza pubblica.
Giorgio Napolitano, versione accorata, preoccupata e preoccupante: “L’impegno civile, la solidarietà, il rispetto della legalità…Una democrazia rispettabile è proprio il luogo dove per essere buoni cittadini non si deve esercitare nessun atto di coraggio”. Eco neanche troppo nascosta della nota e dolente frase: “Beato il paese che non ha bisogno di eroi”.
Sono due frasi dello stesso discorso del presidente della Repubblica. Nella prima c’è la “scommessa”, per il capo dello Stato ancora valida, sulla natura solida e condivisa della democrazia italiana. Nella seconda c’è già quasi il rimpianto per una condizione di normalità “non eroica” che sta svanendo. Due frasi che Napolitano pronuncia entrambe 48 ore dopo quello che lui stesso ha definito un “teso confronto” con il presidente del Consiglio, Berlusconi salito al Quirinale con in tasca il testo di un decreto “viziato di non costituzionalità”, due giorni dopo che ha firmato un altro decreto del governo definito da Gianfranco Fini il “male minore”. Frasi pronunciate nel giorno in cui l’opposizione annuncia e presenta ricorsi “fino alla Corte Costituzionale” contro quel decreto. Due frasi che corrono parallele nello stesso discorso ma non allineate in una logica comune. Qual è il Napolitano che “vede” meglio: quello che rassicura e confida nella Costituzione ora e sempre condivisa o quello che, guarda caso proprio qui e adesso, augura al paese di non aver mai bisogno del “coraggio” per essere “buoni cittadini”?
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