Lo schiaffo di Napolitano un aiuto a Fini: il voto per Berlusconi solo una minaccia

Pubblicato il 17 Agosto 2010 - 10:43 OLTRE 6 MESI FA

Napolitano e Fini

L’inattesa durissima nota di Napolitano, il guanto di sfida lanciato alla maggioranza, ha il pregio, se non altro, di mettere fine alle tante, troppe, discussioni da bar intorno a un tema fondamentale come il rispetto della Costituzione. Maurizo Bianconi è solo l’ultimo fra gli improvvisati costituzionalisti a prendere la parola. E’ in buona compagnia con alti esponenti del governo, vedi Alfano e Maroni, a scambiare legittime opinioni e aspirazioni politiche con inesistenti soluzioni obbligatorie. C’è chi insinua pretestuosamente, o chi, più spudoratamente, lancia accuse gravissime a cuor leggero al capo dello stato, qualificandolo addirittura come “traditore” della Carta o sovvertitore palese della volontà popolare.

Della nota ad personam di Napolitano, che ovviamente se la prende con Bianconi perché i suoi mandanti intendano, stupiscono il tono e l’asprezza. Tutti hanno sempre riconosciuto al Presidente della Repubblica le grandi doti di infaticabile tessitore e del resto è stato lui il primo ex comunista a fare il ministro degli esteri, come dire un diplomatico nato, alieno da colpi di testa e moderato per vocazione e temperamento. Fino ad ora anche i sospettosi custodi dell’ortodossia berlusconiana hanno esitato a descriverlo come un nuovo Scalfaro, l’odiatissimo presidente del fatidico “ribaltone”.

La nota, però, sembra contraddire un clima che, nonostante qualche sortita più folcloristica che eversiva, sembrava negli ultimi giorni meno incandescente. La crisi nell’attuale maggioranza esiste, è sotto l’occhio di tutti. Ma non può sfuggire nemmeno il fatto che sia Berlusconi, con il suo silenzio, sia Bossi con dichiarazioni sufficientemente accomodanti, non intendono fare la guerra al presidente della Repubblica. La sensazione è che le fibrillazioni misurino la difficoltà dei rapporti interni alla maggioranza, ma che nessuno dei protagonisti voglia veramente andare alle elezioni. E, al di là delle varie dichiarazioni estemporanee e propagandistiche, tutti sanno che con la crisi l’arbitro sarebbe Napolitano. Le cui prerogative sono inattaccabili.

Il ricorso alle urne come soluzione dei problemi è l’arma di Berlusconi per depotenziare la minaccia finiana, un altro modo per fare campagna acquisti, o per ricondurre a più miti consigli  i cosiddetti “peones” terrorizzati all’idea di non essere rieletti. Ma per l’appunto, di una minaccia si tratta, di un bluff se vogliamo, perché Berlusconi al voto in queste condizioni, il nord appaltato dalla Lega, il sud conteso dalla dispora finiana, non ci vuole proprio andare. E così Bossi, che in pubblico ostenta sicurezza e fiducia nella fedeltà del suo elettorato, cosa avrebbe da offrire alla sua gente? Il federalismo no di certo. Per non parlare dei rischi di una crisi al buio per la politica economica, con i mercati pronti a “mangiarsi il Paese” come ricorda la Cassandra Tremonti.

Resta Fini, che le elezioni le vede come il fumo negli occhi. Ciò che ha ottenuto, in fondo, non è poco: l’appoggio del presidente della Repubblica, un asse che gli fa da scudo. Vedremo se attaccare dal più alto livello istituzionale un politico di terza fila sarà stata una mossa felice: se Napolitano si mette a polemizzare con un Bianconi qualsiasi, smentendo il suo tradizionale aplomb, alza i toni, ma abbassa il prestigio della funzione.