I presidenti della Repubblica Italiano Giorgio Napolitano, della Slovenia, Danilo Turk, e della Croazia, Ivo Josipovic hanno compiuto insieme tre gesti che fino all’ultimo momento sono sembrati impossibili: hanno assistito a un ”concerto di amicizia” in Piazza Unità d’Italia, si sono scambiati una stretta di mano in Prefettura con l’impegno a superare storiche divisioni e contrapposizione, hanno deposto corone di alloro in due luoghi simbolo degli orrori del secolo scorso.
Questi tre gesti hanno cambiato per sempre il significato della celebrazione del 13 luglio a Trieste come ha voluto sottolineare subito il presidente Napolitano spiegando che sono stati ”gesti che parlano da soli, gesti di amicizia tra i nostri tre popoli”. D’ora in poi questa non sarà la ricorrenza dell’assalto delle squadre d’azione fascista che nel 1920 incendiarono e distrussero l’ Hotel Dom, il palazzo che ospitava la case del popolo sloveno a Trieste, sarà la data in cui è stata raggiunta una tappa importante sulla via della riconciliazione fra Italia, Slovenia e Croazia.
I tre presidenti sono apparsi molto soddisfatti del passo compiuto, ma nessuno di loro si nasconde che ci sia ancora un gran lavoro da fare. Ci sono punti da chiarire, e soprattutto, all’interno di ciascun paese ci sono ancora componenti riluttanti a mettere una pietra sul passato, a rinunciare in tutto o in parte alla rivendicazione di partite difficili da regolare. Nel documento congiunto i tre presidenti si dicono impegnati al ”doveroso ricordo delle tragedie del passato” e comunemente impegnati ”a costruire insieme un futuro di libera e feconda cooperazione tra i nostri paesi e i nostri popoli nell’Europa unita”.
Si lavora da decenni a questo storico incontro di riconciliazione e Napolitano non ha nascosto che fino all’ultimo momento l’appuntamento ha rischiato di saltare. Non è stato facile ha detto al suo arrivo a Trieste, ”abbiamo dovuto superare malintesi su entrambe le sponde, ma ci siamo riusciti e credo che con il presidente sloveno e quello croato abbiamo trovato un giusto punto di equilibrio”. Un equilibrio che contiene un preciso impegno a completare il cammino ricordando tutte le pagine controverse e onorando tutte le vittime con la pietà che meritano.
”Non possiamo essere prigionieri del passato come lo siamo stati in tutti questi anni. Il nostro dovere è guardare avanti”, ha detto Napolitano, aggiungendo che il cammino di riconciliazione e’ fatto anche di buona volonta’ e non si fa tutto in una tappa. Liberarsi dal passato, guardare avanti, ha spiegato, non significa dimenticare, anzi significa ricordare tutto, come ha fatto il Quirinale in questi anni.
“Negli ultimi anni – ha ricordato Napolitano – ho voluto celebrare al Quirinale il Giorno del Ricordo, rendendomi personalmente e direttamente partecipe del dolore di tutti coloro che hanno vissuto le tragedie della scorsa guerra e le tragedie più antiche, e che ne hanno pagato le sofferenze intense. Ho celebrato questa ricorrenza rendendo omaggio a queste persone e a ciò che rappresentano: le storie dell’esilio, delle foibe. Ma nello stesso tempo ho sempre voluto guardare avanti. Perché questo è il nostro dovere”. Inoltre, concluso Napolitano, la storia ha fatto grandi passi avanti.
“Oggi sulle sponde dell’Adriatico i nostri tre Paesi si ritorvano accomunati dall’Unione Europea. Italia e Slovenia gia’ ne fanno parte, e speriamo che anche la Croazia possa entrare presto a farne parte. Ebbene, ha concluso Napolitano, ma neppure allora ”potremo costruire nulla sulla coltivazione del passato, se resteremo prigionieri del passato. Percio’ dobbiamo saper costruire un clima di collaborazione operosa di cui già esistono tutte le condizioni e che spero potrà ricevere impulso anche questa sera da questo evento che dobbiamo all’iniziativa di un grande musicista italiano”.