Il pentito Bonaventura: “La ‘ndrangheta mi disse di ‘toccare’ la Lega”

MILANO, 14 MAG – ''Nel 2011 i De Stefano mi chiesero di fare il 'finto pentito' e di 'toccare' anche la Lega''. Lo ha raccontato all'ANSA, il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, che è stato sentito nel 'filone' calabrese con al centro l'ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito.

Il pentito ha chiarito di non aver accettato la 'proposta'. La cosca De Stefano, ha aggiunto, aveva portato avanti ''un riciclaggio da 70 milioni di euro che non ando' a buon fine e dentro c'erano anche fondi neri dei partiti''.

Bonaventura, che è stato reggente dell'omonima cosca del Crotonese e che collabora con diverse Procure dal 2007, ha spiegato di essere stato ''abbordato'' piu' volte dai De Stefano da quando ha iniziato la collaborazione. In particolare, l'anno scorso gli uomini della cosca – 'centrale' nell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria che vede tra gli indagati per riciclaggio Belsito e l'uomo d'affari genovese Romolo Girardelli – ''mi hanno avvicinato facendomi capire che mi potevano dare soldi e potevano aggiustare i processi, se io avessi fatto il 'finto pentito' per loro''.

Bonaventura non ha ''accettato'' e ha continuato a collaborare con i magistrati ''nell'interesse della verita''. E, da quanto si e' saputo, nell'audizione dei giorni scorsi davanti al pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha raccontato ''le cose che aveva saputo sulla Lega''. Ha parlato di un summit del 2006 nel corso del quale un boss della 'ndrangheta, Pasquale Nicoscia, avrebbe detto: ''Il partito che odia i terroni ce l'abbiamo in mano''. Boss, che stando al racconto del pentito, avrebbe fatto anche riferimento a ''Romolino'', ossia Romolo Girardelli: uno dei presunti 'anelli di congiunzione' tra la cosca dei De Stefano e Belsito e altre persone vicine alla Lega. Il pentito, nel colloquio con l'ANSA, ha spiegato che era in corso da parte della cosca una ''operazione di riciclaggio da 70 milioni di euro e c'erano da riciclare anche i fondi neri dei partiti, ma qualcosa non ha funzionato''.

Bonaventura pero' lamenta ormai da tempo ''l'assenza di tutele per me e per i miei figli''. Non ha, infatti, una scorta personale, se non quando viene accompagnato per le audizioni davanti ai magistrati, ''e nemmeno i miei figli ce l'hanno''. E lancia percio' un appello alle istituzioni: ''Chiedo di poter andare a vivere all'estero con i miei figli e ricostruire una vita normale, continuando comunque a collaborare, perche' io sono un 'pentito vero' e ormai ho spezzato la catena che mi legava alla 'ndrangheta''. Per quello che ha messo a verbale davanti ai pm ora Bonaventura dice di essere ''una bomba che cammina e che esplodera', perche' mi faranno fuori. Vivo a Termoli e tutti lo sanno, non vado a prendere i miei figli a scuola perche' so che potrebbe succedere qualcosa, ma le istituzioni, anche locali, devono muoversi per tutelarmi''. E oggi, conclude il pentito, ''il mio avvocato ha saputo dal pm di Catanzaro (la prima Procura per cui inizio' la collaborazione, ndr) che potrebbero addirittura revocarmi il programma di protezione, mentre io chiedo piu' tutele''.

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