Niente scusa per Bossi che insultò il giudice. Consulta annulla l’immunità

Pubblicato il 16 Dicembre 2011 - 18:06 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 16 DIC – La Corte Costituzionale ha annullato, con una sentenza pubblicata oggi, la delibera con la quale la Camera aveva dichiarato coperte da immunità parlamentare alcune dichiarazioni con le quali Umberto Bossi nel 2008 aveva pesantemente criticato il giudice di Cantù, Paola Braggion, che lo aveva condannato per vilipendio della bandiera a seguito di dichiarazioni del leader della Lega sul tricolore da utilizzare come carta igienica.

Braggion aveva chiesto il risarcimento danni a Bossi e la Corte d'appello di Brescia lo aveva condannato a pagare 40mila euro al magistrato, sentenza impugnata dal leader leghista. Nel frattempo la Camera aveva adottato la delibera per definire insindacabili le parole del leader del Carroccio in quanto espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. La Cassazione ha sollevato il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera e ora la Consulta lo ha accolto, escludendo l'immunita' parlamentare.

I fatti risalgono al 26 luglio 1997, quando nel corso di un comizio a Cabiate (Como) Bossi si riferisce alla bandiera tricolore che sventolava su una scuola vicina, affermando, tra l'altro: ''quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il c…''. Nel 2001 il leader della Lega viene condannato ad un anno e quattro mesi per vilipendio della bandiera dal giudice Braggion. Nei giorni seguenti il senatur in diverse interviste si scaglia contro il magistrato accusandola di strumentalizzare il proprio ufficio per incidere sulla competizione politica, di approfittare di un processo politico per ricavarne visibilita' e di utilizzare ''relitti giuridici'' con perdita di tempo e ''furto dello stipendio''.

Braggion non ci sta e chiede il risarcimento danni. Nel febbraio 2008 i giudici di Brescia le danno ragione e condanna il fondatore della Lega a pagare 40mila euro. Bossi impugna la sentenza in Cassazione. A giugno, pero', la Camera 'salva' il senatur: le sue, secondo Montecitorio, sono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. La Cassazione non e' d'accordo e passa la palla alla Consulta che oggi ha accolto il ricorso. ''Non spettava alla Camera – rileva la Corte Costituzionale – affermare che le dichiarazioni rese dall'onorevole Umberto Bossi, per le quali pende il procedimento civile davanti alla Corte di Cassazione, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni'' e pertanto la delibera di insindacabilita' adottata dalla Camera viene annullata. Ora la Cassazione potra' decidere sul ricorso di Bossi contro la sentenza di condanna.