Nuovo attacco del Giornale a Di Pietro: le due bugie dell’ex pm

Una mattina di maggio dell’anno 2000. Antonio Di Pietro è convocato dalla difesa di Piero Rocchini (fondatore assieme all’attuale leader dell’Italia dei Valori del movimento Mani Pulite) a testimoniare in un processo per diffamazione. C’è da chiarire i reali rapporti fra i due. Un imprenditore, Giorgio Panto, ha dato a Rocchini del millantatore. Rocchini conta quindi sulla testimonianza di Di Pietro.

Alle prime domande del pm e del presidente, Di Pietro risponde però come un teste dell’accusa: inizia a dire che il presidente del movimento lui lo conosce appena, che agiva per conto suo senza averne diritto, che ricordava vagamente d’averlo incontrato in un viaggio all’estero, che era uno dei tanti simpatizzanti del pool, che tutti gliene parlavano male perché era vicino ai fascisti di Ordine Nuovo, eccetera.

A questo punto l’avvocato di Rocchini di fronte a quel disconoscimento non sa se ridere o piangere: «Ma scusa Antonio, non ti ricordi che Piero me lo hai presentato tu?». Imbarazzato Di Pietro minimizza tutto quando capisce che in tribunale ci sono suoi scritti autografati, prove dei contatti «politici» e fotografie con l’amico Rocchini, una in particolare che lo ritrae a casa sua sdraiato sul petto dell’imputato.

Dagli atti in possesso di Rocchini, visionati dal Giornale, che riporta la notizia in esclusiva col titolo “La strana bugia di Di Pietro”, il leader dell’Idv non incontrò casualmente Rocchini in Australia perché fu proprio l’allora sodale a organizzare quel viaggio, gli incontri, le conferenze, gli spostamenti interni, vitto e alloggio inclusi. Rocchini accompagnò Di Pietro pure a Fiumicino.

Questo è dunque l’ultimo atto delle inchieste del Giornale per far luce sulla figura e sul passato “misterioso” di Di Pietro. Perchè ha mentito? Sempre che di menzogna si tratti.

Ma non solo. Sempre il Giornale mette in rilievo la consistenza del patrimonio di Di Pietro che, secondo il quotidiano di Feltri, sono state tenute nascoste al partito Idv. Tutto è partito dall’ala grillina dell’Idv che si è vista respingere una proposta per fare trasparenza sull’attività e sui patrimoni dei vertici. Proposta che Di Pietro respinse come una inutile e tautologico scorrimento anagrafico a disposizione di tutti. Di Pietro infatti spiegò che quella richiesta era ridondante, perché «i dati degli uomini politici dell’Idv sono già tutti noti»: nome, cognome, luogo di nascita etc. «Ma si parla di anagrafe patrimoniale!!!», tuonò l’onorevole Renato Cambursano, deputato piemontese dell’Idv già tesoriere della Margherita.

Infatti nel testo originario si leggeva: «Il partito deve garantire la più trasparente anagrafe degli eletti: gli elettori devono sapere con quali mezzi gli eletti entrano ed escono dalla politica». Niente da fare, ci pensa il Giornale a riportare le “ricchezze” di Di Pietro, almeno alcune: 10 proprietà immobiliari. Quando lasciò la magistratura ne aveva 2.

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