Occupy Pd, tende e sacchi a pelo nelle sedi partito. No a Marini dei giovani dem

ROMA — E’ ancora in corso il primo scrutinio, quando i “grandi elettori” modenesi del Pd, una decina, annunciano il loro dissenso: “Voteremo scheda bianca, Marini è una persona di sicuro prestigio ma non è questa la strada del cambiamento”. E non passa molto tempo prima che monti la rivolta dei militanti del Partito democratico contro la candidatura di Franco Marini alla presidenza della Repubblica. Il dissenso corre per tutta la giornata sul web e si trasforma in occupazione di alcune sedi del partito da parte dei giovani democratici: prima a Prato, poi a Capannori ed Empoli. E’ Occupy Pd.

A protestare non sono, come poteva sembrare ovvio, solo i renziani, ma anche molti di coloro che – è il caso della rossa Livorno – alle primarie hanno scelto Bersani contro il sindaco di Firenze e si sono poi sentiti traditi da quell’abbraccio con il Pdl per la scelta del presidente della Repubblica.

A fine giornata poi, tutti gli emiliani, dalla vice presidente del gruppo Paola De Micheli al giovane ex segretario modenese del Pd, Davide Baruffi al cattolico Edo Patriarca si riuniscono per riemergere dal “disastro Pd”.

Matteo Orfini notifica la disapprovazione del territorio: “Abbiamo le federazioni occupate…”. Intanto nell’aula di Montecitorio, il partito si spacca. Laura Puppato tiene i conti: più della metà dei democratici hanno votato contro Franco Marini. “La nave democratica era a un passo dal porto — ragiona — e stiamo per farla affondare sullo scoglio dell’intesa con Berlusconi”.

A Padova, a Torino, a Bari parte l’occupazione delle sedi di partito lungo tutta la penisola: una ventina di militanti di Prato si riuniscono nella federazione e espongono uno striscione: “Per un presidente di cambiamento occupy il Pd”. E poi le valanghe di tweet, mail e sms che si uniscono al “no” dei parlamentari alla linea di Bersani, no alle larghe intese con Berlusconi sul nome per il Quirinale, no all’inciucio.

Persino nell’Emilia del segretario il Pd ribolle. Stefano Bonaccini, segretario regionale del Pd, bersaniano, scandisce lo stop: “Non è per Marini, ma questo metodo non va. I segretari dei circoli emiliani sono pronti a dimettersi”.

“Noi siamo la generazione nata politicamente col Pd, e al Pd crediamo e teniamo profondamente. Per questo – spiegano i ragazzi lucchesi – come Giovani democratici di Lucca e Capannori abbiamo deciso di occupare simbolicamente la sede di Capannori, per rafforzare la linea già espressa da tutto il partito lucchese di dissociazione dalla scelta dell’ indicazione di Franco Marini”.

A Siena la scelta di Bersani fa tremare il candidato sindaco Pd, alle prese con i dissesti interni al partito dopo il terremoto Mps. ”Sabato 20 aprile a Siena ci saranno le primarie. Ci sono tante persone che da mesi stanno lavorando, mettendoci faccia e cuore, per tentare di riavvicinare i cittadini alla politica e dimostrare che il bene comune viene prima di tutto. Sto raccogliendo in queste ore la loro amarezza, il loro sconforto e il loro disagio guardando l’immagine dell’abbraccio ‘mortale’ tra te e Angelino Alfano”, scrive in una lettera al segretario il candidato Alessandro Mugnaioli.

A fare il punto su una giornata di caos democratico è Giovanna Casadio, sul quotidiano la Repubblica:

Attorno alla sede democratica, a Largo del Nazareno, si temono contestazioni e il partito allerta la Digos. Il Pd ribolle. I renziani ripetono: “Abbiamo interpretato bene il sentimento del nostro elettorato». Renzi lancia altre bordate contro il segretario, e arriva a Roma in serata. Non c’è l’incontro tra il sindaco “rottamatore” e Bersani per dare almeno l’idea che i cocci dei Democratici si possano ricomporre. Però Enrico Letta sente Renzi: “Dopo la deflagrazione del partito a cui abbiamo assistito — gli dice — vediamo di riunire i pezzi”. La soluzione starebbe nella candidatura di Prodi, che peraltro Letta ha sempre ritenuto il possibile approdo, una volta tramontato l’abbraccio con il Pdl.

Sulle agenzie di stampa è uno stillicidio di dichiarazioni prendere le distanze dalla disfatta. Sintetizza la Repubblica:

C’è chi come il sindaco di Bari, Michele Emiliano chiede le dimissioni di Bersani. Ci pensano anche i renziani: «Cavallo ferito va abbattuto», mormorano. Ma nel vortice di riunioni di corrente, di incontri, il Pd è a un passo dall’implosione. Areadem, la corrente di Dario Franceschini, è sotto stress. Franceschini è stato uno dei registi della scelta del nome condiviso e di Marini. Beppe Fioroni, leader dei Popolari, si sfoga: «Chi ha rovesciato il tavolo delle larghe intese, adesso trovi la soluzione, perché è chiaro che questa è un’altra linea politica organizzata »

E ancora,

Chiti è “preoccupato”; Bindi amareggiata. Il renziano Gentiloni sostiene che se si fosse eletto Marini, Bersani avrebbe messo la capsula alla pentola a pressione che il Pd oramai è, ma ora… Molti vanno a complimentarsi con Walter Tocci, a cui si deve l’elogio del “franco tiratore” Pd, in realtà una truppa, più di 200.

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