Omofobia, bocciata la legge alla Camera. Il rimpallo delle responsabilità. Nel Pd nuovo caso Binetti

Pubblicato il 14 Ottobre 2009 - 09:49 OLTRE 6 MESI FA

Giunta in dirittura d’arrivo, è stata affossata alla Camera, riaprendo vecchie ferite all’interno dei Poli che ora si accusano reciprocamente, la proposta di legge mirante a  contrastare l’omofobia, cioè una legge che punisse in maniera più dura e più chiara gli atti di violenza contro i gay, quella violenza che viene pudicamente e ipocritamente chiamata “omofobia”

Paola Concia, la relatrice

A causa dei voti  di Pdl, Lega e Udc, il testo presentato dalla relatrice del Pd Paola Concia, non ha superato in aula la pregiudiziale di costituzionalità voluta dall’Udc, che voleva un’equiparazione con le discriminazioni verso anziani, disabili ecc.

La colpa si deve attribuire alla ormai consueta confusione che ha portato ad una gestione parlamentare contraddittoria e quindi perdente. Inoltre,  al di là della confusa giornata parlamentare, prima un voto contro il rinvio in commissione, poi la bocciatura definitiva della legge, resta il comporsi di un blocco di centro destra di maggioranza che non ha voluto che gli omosessuali italiani acquisissero in quanto tali una protezione di legge.

La Concia in aula ha sparato a zero, al termine della votazione – 285 voti favorevoli, 222 contrari e 13 astenuti – contro tutti i parlamentari, accusando la classe politica in toto, senza risparmiare i compagni di partito del Pd, nel quale si è segnalata ancora una volta la posizione della Binetti che ha votato contro le indicazioni del proprio partito.

Procedendo con ordine: Lega, Pdl e Udc avevano chiesto che il testo tornasse in commissione per una serie di “limature”, tra le quali estendere il provvedimento ad altri soggetti di discriminazione. La Camera ha bocciato il rinvio alla Commissione giustizia con il concorso non solo dei deputati di Pd e Idv, ma anche di numerosi deputati del Pdl.

Tornata in aula, a sorpresa la legge è stata bocciata dalla Camera. La relatrice Concia, insieme alle vibranti accuse di slealtà rivolte al Pdl, se l’è presa con il suo gruppo: «Senza avvertirmi ha cambiato idea e ha votato contro la possibilità di tenere in vita questa legge con il suo ritorno in Commissione».

Senza mezzi termini il ministro Mara Carfagna imputa al Pd lo stop alla legge, promettendo l’impegno del Governo a presentare un disegno di legge che preveda aggravanti per tutti i fattori discriminanti. Vale a dire quelle “limature” che non sono state affrontate in commissione. Nelle file del centrodestra 9 finiani di ferro, capeggiati da Italo Bocchino, hanno votato contro la pregiudiziale di costituzionalità.

Sul fronte opposto si riapre il caso Binetti, la deputata teo-dem che ha votato con la maggioranza. Il segretario Franceschini non ci prova nemmeno a minimizzare: «C’è un serio problema di permanenza della Binetti. Non votare questi provvedimenti significa non riconoscersi nei valori del Pd». La deputata ribelle non fa una piega e rilancia: «Per come era formulata la legge, le mie opinioni sull’omosessualità, e quelle di tante altre persone, potevano essere individuate come un reato».

Resta da capire come si sia arrivati a un fallimento che poteva essere evitato: la Camera ha mancato clamorosamente l’opportunità, per una volta, di sostenere una legge bipartisan in linea con le disposizioni in materia di tutti i paesi occidentali e fornire una prova di maturità nell’interesse del paese.

Il rimpallo delle responsabilità è iniziato immediatamente: ovviamente al Pd si rimprovera la miopia con cui non ha accettato il rinvio alla Commissione. Dall’opposizione si ribatte che la maggioranza non ha garantito impegno sui tempi.

Una lettura più attenta – quella proposta dal senatore Pd Stefano Ceccanti – bolla come alibi strumentale per non votare la legge, il ricorso della maggioranza alla Carta Costituzionale.  Nello stesso tempo Ceccanti si complimenta con il collega capogruppo del Pdl in commissione Calderisi che ha votato contro questa grave forzatura. Più netto ancora il giudizio su Udc e teo-dem del Pd: «È triste vedere strumentalizzata la propria appartenenza religiosa. Dimenticano le parole di Ratzinger contro le violenze sugli omosessuali, espresse chiaramente al punto 10 del Documento della sacra Congregazione per la dottrina della fede del 1986».