Palermo, aggressione Enzo Fragalà: si indaga sul movente professionale

Enzo Fragalà

La verità sulla selvaggia aggressione subita la sera del 23 febbraio dall’avvocato Enzo Fragalà potrebbe nascondersi negli archivi del suo studio legale, una sorta di Spa che macina centinaia di cause l’anno. Il noto penalista palermitano massacrato a bastonate davanti al suo studio a pochi metri dal palazzo di giustizia è attualmente ricoverato e le sue condizioni restano gravissime: dopo un intervento chirurgico l’avvocato resta in coma. Per gli inquirenti la pista da seguire sarebbe quella del movente professionale e per questa ragione stanno sentendo i suoi numerosi collaboratori.

A confermare il movente è anche il procuratore di Palermo Francesco Messineo, che ha ricevuto una telefonata del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il quale gli ha assicurato il “pieno sostegno del governo” per fare luce sulla vicenda. I carabinieri del reparto operativo del comando provinciale hanno interrogato una trentina tra vecchi colleghi e giovani praticanti di studio di Fragalà. Un’indagine complessa, con pochi punti fermi.

La dinamica è stata ricostruita grazie a tre testimoni oculari che hanno assistito al pestaggio. I tre hanno raccontato di aver visto un uomo col volto coperto da un casco integrale che ha raggiunto alle spalle il penalista e l’ha colpito più volte con un bastone alla testa per poi fuggire verso il mercato popolare del Capo. Una vera e propria spedizione punitiva, organizzata nei minimi particolari: l’uomo col volto coperto dal casco aveva un complice ad attenderlo, probabilmente in moto. Ha portato via il bastone utilizzato, che non è stato trovato dagli inquirenti. Conosceva le abitudini della vittima che lasciava lo studio per andare a prendere l’auto nel garage poco distante sempre alla stessa ora. Tutte circostanze che confermano la premeditazione del gesto che, però, secondo gli investigatori non sarebbe stato “delegato” a un killer.

I carabinieri, anche dall’impeto usato nel colpire Fragalà, rimasto in vita solo grazie all’intervento dei tre testimoni che hanno messo in fuga l’uomo, deducono che ad agire sia stata una persona che covava un odio profondo per l’avvocato, probabilmente maturato nel contesto dell’attività professionale della vittima. Gli inquirenti sembrano infatti portati a escludere quello politico (Fragalà, che è stato deputato di An, ora è un consigliere comunale del Pdl).

Ma in quale dei mille fascicoli può essere la risposta? Il penalista non aveva una clientela specifica e spaziava dalla criminalità organizzata – tra i processi ai quali più si era dedicato negli ultimi tempi anche quello sulla faida mafiosa di Lercara Friddi che ha visto contrapposte le famiglie dei D’Amore e dei Lo Forte – ai cosiddetti colletti bianchi e alla criminalità comune: rapinatori, spacciatori, ladri. Poche certezze, dunque, a fronte di mille interrogativi. Chiaramente quello sull’identità dell’aggressore, un uomo dalla corporatura atletica: inutile da questo punto di vista il contributo delle videocamere a circuito chiuso delle banche e del negozio della zona dell’agguato. I carabinieri hanno visionato, senza esito, le immagini. E sul luogo dell’agguato: una strada a quell’ora di sera ancora trafficata, in pieno centro e a due passi dal tribunale costantemente presidiato dalle forze dell’ordine.

Un contesto, quello scelto per il massacro, che, secondo alcuni colleghi di Fragalà non sarebbe casuale. «Hanno deciso di aggredirlo – spiega il penalista Mauro Torti, per anni nello studio della vittima – per dare un segnale all’intera classe forense». Ma gli avvocati, che contano quattro colleghi assassinati a Palermo negli ultimi 20 anni, non ci stanno e durante un’affollata assemblea organizzata in tribunale, hanno ribadito “che non si faranno intimidire”.

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