Paola Muraro: ecco le carte che accusano l’ex assessore M5S all’Ambiente

Paola Muraro: ecco le carte che accusano l'ex assessore M5S all'Ambiente
L’assessore dimissionario all’Ambiente Paola Muraro: con il sindaco M5S di Roma Virginia Raggi (ANSA)

In 12 anni da consulente dell’Ama Paola Muraro, ormai ex assesSore all’Ambiente di Roma, avrebbe – secondo i pm – commesso reati ambientali. Favorendo in particolare Manlio Cerroni, per decenni il re dei rifiuti nella Capitale. La Muraro, difesa a spada tratta fino alla notte del 12 dicembre dal sindaco Virginia Raggi e dal Movimento 5 Stelle, avrebbe fatto passare come non nocivi dei rifiuti che invece erano pericolosi. E avrebbe sorvolato sulle pessime condizioni di due impianti Tmb (trattamento meccanico-biologico) di Rocca Cencia e Salario.

Già da mercoledì 7 dicembre gli avvocati della Muraro sapevano del mandato a comparire il 21 dicembre davanti al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Alberto Galanti. Ma avrebbero aspettato fino al pomeriggio di lunedì 12 per comunicare la notizia alla propria assistita.

Che dovrà spiegare ai pm anche cosa è successo dopo la sua nomina nella giunta Raggi. Nei fascicoli dell’indagine ci sono le dichiarazioni dell’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna e l’ex amministratore delegato della municipalizzata Alessandro Solidoro che ricostruiscono quei giorni e specificano il ruolo del vicepresidente della Camera M5S Luigi Di Maio, che avrebbe “offerto copertura politica” alla Muraro e alla Raggi.

Anche quando dalle indagini è emerso il rapporto stretto che la stessa Muraro aveva con Franco Panzironi e Giovanni Fiscon, i vertici di Ama in epoca Alemanno, che le hanno sempre rinnovato i contratti e che ora sono entrambi imputati nel processo di Mafia Capitale. Secondo l’accusa, la Muraro avrebbe instaurato un rapporto altrettanto stretto con Manlio Cerroni. Riporta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:

Il linguaggio è tecnico, il risultato appare chiaro. Scrivono i pubblici ministeri: «Gli impianti di Rocca Cencia e Salario operavano una gestione dei rifiuti in violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni riguardanti la gestione degli impianti per quanto concerne le percentuali di trasformazione dei rifiuti in ingresso e gli scarti di lavorazione». Il sospetto dei pm è che i macchinari abbiano lavorato in regime ridotto per favorire altri impianti privati.

Muraro, quando era consulente di Ama ma in realtà svolgeva il ruolo di «Responsabile tecnico e referente degli impianti», avrebbe consentito «lo stoccaggio di rifiuti in aree non autorizzate per l’impianto di Rocca Cencia» mentre per il Salario «non venivano rispettate le aree di stoccaggio rifiuti: i cassoni di rifiuti contenenti metalli ferrosi, gli scarti del processo e le balle di Cdr non erano infatti ubicati conformemente a quanto previsto dagli atti autorizzativi. Veniva anche accertata la sostituzione di un portone a impacchettamento rapido con un telo Pvc tale da non garantire il confinamento delle polveri e delle matrici maleodoranti esternamente all’impianto, non rispettando anche in tale situazione, le autorizzazioni». Si parla di «superamento per il parametro del Manganese, del Carbonio e del Fluoruro».

Minenna e Solidoro hanno consegnato ai magistrati i verbali delle riunioni della scorsa estate in Campidoglio per dimostrare come Muraro, quasi in tempo reale, informasse alcuni funzionari di Ama delle decisioni prese.

Tuttavia la Muraro dovrà rispondere su presunte irregolarità avvenute negli impianti di Rocca Cencia e di via Salaria, ma solo per ipotesi concernenti violazioni di prescrizioni e non anche per abuso d’ufficio, reato più grave, quest’ultimo, per il quale si va verso la richiesta di archiviazione. Una accelerazione, quella della procura con l’invito a comparire, che potrebbe portare, in caso di accertata responsabilità, l’ex consulente esterno di Ama ad un procedimento in cui rischierebbe, in sostanza, una condanna ad una sanzione pecuniaria (fra i 2 mila e i 26 mila euro) estinguibile tramite oblazione.

Sono cinque i capi di imputazione contestati alla Muraro dai procuratori aggiunti Ielo e Michele Prestipino e dal sostituto Galanti. I reati ambientali, ipotizzati in concorso, a seconda dei singoli casi, con altri quattro responsabili, all’epoca dei fatti, di singoli apparati degli impianti Tmb di Rocca Cencia e di via Salaria, sono quelli previsti dall’articolo 256 comma 4 legge 2006.

Nel contestare una gestione dei rifiuti in violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni riguardanti la gestione degli impianti stessi per quanto, in particolare, concerne le percentuali di trasformazione dei rifiuti in ingresso in CDR, FOS e Scarti di lavorazione per gli anni 2010-2015, gli inquirenti di piazzale Clodio hanno focalizzato la loro attenzione anche su altri aspetti.

Tra questi – si legge nell’invito a comparire – i flussi di rifiuti in uscita dagli impianti TMB, una “gestione non autorizzata di rifiuti speciali” e segnatamente volta al “recupero energetico presso impianti di termovalorizzazione o incenerimento non autorizzati a smaltire i rifiuti classificati con il codice CER 191212 presso una serie di impianti di smaltimento/recupero/ termovalorizzazione”. Altre, presunte violazioni, contestate alla Muraro, vertono sulla violazione delle prescrizioni legate allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dal processo di trattamento meccanico e biologico dei rifiuti urbani indifferenziati. Scrive Giuseppe Scarpa su Repubblica Roma:

“Le analisi indicano una notevole discrasia tra quanto previsto dal decreto ministeriale del 25 marzo 2013 e le performance raggiunte dai Tmb gestiti da Ama”, accusa la procura in un capo d’imputazione di 4 pagine. Uno dei passaggi più delicati è quello che riguarda i livelli di alcune sostanze nocive presenti nei rifiuti dopo il passaggio negli impianti di trattamento meccanico biologico. Ad esempio, il carbonio organico disciolto oppure i fluoruri con percentuali al di sopra dei limiti fissati dalla legge che impedivano perciò di classificare i rifiuti come non pericolosi. Operazione che invece venne fatta”.

“E così questi scarti, tra il 2015 e il gennaio del 2016, vennero spediti in discariche o termovalorizzatori che non avevano le caratteristiche per poterli ricevere. La procura fotografa anche lo stato in cui si trovano i due impianti. Per il Tmb di via Salaria “veniva accertata la sostituzione di un portone ad impacchettamento rapido con un telo in pvc, tale da non garantire il confinamento delle polveri”. Forse peggiore la condizione dell’impianto di via di Rocca Cencia: “Stoccaggio di rifiuti in aree non autorizzate”, pavimentazioni non “impermeabili ad eventuali rifiuti liquidi sversati accidentalmente nelle aree di movimentazione e infine canalette di scolo delle acque di prima pioggia otturate dai rifiuti”.

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