CITTA’ DEL MESSICO – Papa Francesco in Messico: “I narcos sono metastasi che divorano il Paese”. Papa Francesco, in Messico, non usa mezzi termini. Chiede che il Paese finisca in mano agli onesti. E definisce i narcotrafficanti “metastasi che divorano”. “Le proporzioni del fenomeno – dice il Papa – la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora, la gravità della violenza che disgrega e delle sue sconvolte connessioni, non permettono a noi, Pastori della Chiesa, di rifugiarci in condanne generiche, bensì esigono un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia”.
“Vengo come missionario di misericordia e di pace”, ha detto Papa Francesco. Poi ha definito il Messico un “grande Paese” e ha ammonito: “Un futuro ricco di speranza si forgia in un presente fatto di uomini e donne giusti, onesti, capaci di impegnarsi per il bene comune, quel bene comune che in questo secolo ventunesimo non è molto apprezzato”.
Il viaggio del Papa tra i tanti orrori del Messico. Era noto come il ‘Pozolero’, e il suo nome è Santiago Meza Lopez: dopo essere stato catturato qualche anno fa confessò di aver sciolto nell’acido circa 300 persone. E’ una delle tante storie dell’orrore che emerge dal mondo dei narcos, una piaga per il Messico alla quale il Papa si è riferito durante il suo primo discorso durante la visita nel Paese, parlando della “corruzione, il narcotraffico, l’esclusione delle culture diverse, la violenza e persino il traffico di persone, il sequestro e la morte”.
E proprio questi diversi fronti della violenza – dal traffico della cocaina e la tratta dei migranti, ai regolamenti dei conti, i rapimenti, la tortura e gli omicidi – sono le tragedie alle quali fanno fronte milioni di messicani. Giorno dopo giorno l’orrore del crimine organizzato riaffiora nei tanti Stati della grande nazione latinoamericana, tra i mille cartelli, gang e bande che insanguinano le strade delle città. Al centro dell’attenzione del paese e dei media c’è tra l’altro il ‘Chapo’ Guzman, il narco-boss cresciuto sulle montagne di Sinaloa, considerato tra gli uomini più pericolosi del pianeta.
A giugno il “Chapo” è riuscito a fuggire per la seconda volta da un carcere di massima sicurezza. Poi, lo scorso 8 gennaio, è stato ripreso. Il barone della droga mondiale deve far fronte ad una trentina di accuse da parte del Messico e degli Stati Uniti, dove lo cercano i tribunali di California, Arizona, Illinois, Texas e New York. Sulla scia del crimine narco c’è poi il rischio di un’assuefazione costante alla violenza. A impressionare sono in particolare i dati dello scontro tra i diversi ‘carteles’ in lotta per il controllo del territorio e per gestire gli affari più redditizi: non solo droga quindi, ma per esempio anche il traffico dei migranti centroamericani verso gli Stati Uniti. Secondo diversi fonti, i morti dal 2006 sono circa 100mila: c’è poi un dramma nel dramma, e cioè quello delle ‘desapariciones’: 26mila in quasi dieci anni..