Parigi e Londra: “Euro in agonia”. I sindacati: “Ma le pensioni no”

Pubblicato il 1 Dicembre 2011 - 20:55 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Che non fosse una giornata di profezie allegre lo si è capito poco dopo mezzogiorno, quando il governatore della Banca d’Inghilterra, Sir Mervyn King, ha detto che si stavano preparando a un possibile default o alla rottura dell’eurozona. Preparazione all’inglese, meticolosa, con tanto di predisposizione di un piano d’emergenza.

Passa qualche ora e tocca al presidente Nicolas Sarkozy. Parla da Tolone ma non si rivolge solo e principalmente ai francesi. Sembra parlare soprattutto ad Angela Merkel quando dice che la Ue si trova in una situazione “estrema” in cui “l’Europa rischia di essere spazzata via”.

Dalla situazione, spiega Sarkozy, si esce  con ”più disciplina, più solidarietà, più responsabilità”. Soprattutto si esce cambiando le regole che ci sono, comprese quelle che strettamente economiche non sono, come il trattato di Schengen. Le cose da cambiare in fretta, però, oltre ai trattati, sono quelle, come gli eurobond, in cui non c’è ancora l’ombra di un accordo con la Germania.

Da cambiare c’è poi un sistema che, fino a oggi, ha retto sul debito e che oggi non regge più. Lo hanno capito in Gran Bretagna dove David Cameron sta provando a toccare le pensioni ritrovandosi due milioni di persone in piazza, come non accadeva dal 1979. Lo hanno capito, tardi e loro malgrado, in Grecia: dove le misure non possono più sceglierle da tempo, devono tagliare e basta. Dà segnali di averlo capito anche Sarkozy, che sempre a Tolone di pensioni e 35 ore parla.

In Italia, invece, c’è chi capire non vuole perché non è politicamente premiante o non conviene al gruppo di interessi che lecitamente si sostiene. Appena arrivano le prime date, il consiglio dei ministri con le misure strutturali annunciate da Mario Monti per il cinque dicembre, arrivano le prime proteste. Perché, tra le altre cose, si parla di pensioni. Inizia per prima Susanna Camusso che, come tutti, non ha letto ancora una riga delle misure di Monti ma solo quelle ipotizzate dalla stampa e subito dice: “Quota 40 non si tocca”. I soldi per salvare l’euro vanno trovati, ma altrove. Il punto non è la salvezza, il punto è trovare qualcuno che paga.

Il giorno dopo sono tutti i sindacati a dare battaglia perché Monti prova a fare in fretta, pensando che un appello all’urgenza e alla drammaticità della situazione, possa servire a saltare il rituale della concertazione. Giovedì sera, però, la concertazione già rispunta, seppure in forma ridotta. “Delle misure parliamo ma in fretta, perché non c’è tempo”. Al tavolo, insomma, bisogna comunque sedersi. Ma per quale trattativa se “l’Euro rischia di essere spazzato via?”.