Patrimoniale, mistero tecnico: perché Monti ne ha parlato?

Mario Monti al summit del Financial Times a Milano, 12 novembre 2012

ROMA – Mistero della patrimoniale, dopo l’accenno di Mario Monti “ci vorrebbe la tassa patrimoniale” al summit del Financial Times International a Milano. Si prepara davvero una tassa patrimoniale, prima o dopo le elezioni? Monti ne ha parlato per errore o per calcolo? Gli è scappato di bocca perché ci sta pensando oppure lo ha fatto per chiudere un discorso che continua a serpeggiare tra sinistra e ministero delle Finanze?

Questo quello che ha detto il premier, rispondendo in inglese a una domanda fattagli in inglese dalla giornalista Giulia Innocenzi di Servizio Pubblico:

“Sulla tassa patrimoniale, che gli anglosassoni chiamerebbero tassa sulla ricchezza, non ho nulla contro, ma credo che molto dipende su come viene costruita e da come viene usata, se come strumento ordinario di tassazione o come misura una tantum punitiva che vuole rompere con il passato. Quando siamo entrati al governo, abbiamo rivisto questa possibilità, ma una delle tre componenti della nostra maggioranza multicolore non gradiva questa tassa. Abbiamo trovato delle difficoltà, il sistema di tassazione italiano non aveva informazioni sufficienti per costruire una tassa patrimoniale adatta. La cosa peggiore sarebbe dire che vogliamo introdurre una tassa sulla ricchezza senza avere gli strumenti per farlo. Questo farebbe fuggire i capitali dall’Italia senza avere la possibilità di fermarli. Vorrei un approccio più intelligente su questo tema”.

Mentre non appare chiaro il perché di quelle parole, colpisce la forza delle smentite, in particolare Federico Fubini sul Corriere, che in questo anno di governo tecnico è stato forse quello che ha interpretato il pensiero di Monti nel modo più ortodosso. È stato lui a intervistare Monti nel libro “Le Parole e i Fatti” (Rizzoli). Fubini, in un editoriale dal titolo “Un errore anche parlarne”, fa un ragionamento che tira in ballo anche un precedente importante, quando nel luglio del 1992 il presidente del Consiglio Giuliano Amato e Mario Draghi un giovane direttore del Tesoro:

Negli ultimi quindici anni il debito delle famiglie in Italia è salito dal 23 al 50 per cento del reddito. Anche dopo la grande bolla dell’ultimo decennio, si tratta di uno dei livelli più bassi dell’Occidente: appena la metà o anche meno rispetto alla Spagna, agli Stati Uniti e persino all’Olanda, che pure non rinuncia alle lezioni di austerità. Il risparmio degli italiani, a dire il vero, già dal 2008 è sceso al di sotto della media europea eppure continua a rappresentare una risorsa che viene da lontano e fa da fondamenta al Paese. Non si vede, se ne parla poco, ma tiene in piedi l’intero edificio. 

In questa Repubblica affetta da una strana circolarità della sua storia, per certi aspetti siamo già passati di qui. Il debito delle famiglie era ancora più basso e il risparmio più alto quando in una notte di luglio del ’92, senza preavviso, il governo di Giuliano Amato prelevò il sei per mille sui conti correnti. Anche allora l’Italia era una grande barca sbilanciata dal suo debito pubblico e dall’erosione della competitività. In quei giorni concitati una persona confessò (in privato) i suoi dubbi sul prelievo in banca: era un giovane direttore del Tesoro, il suo nome era Mario Draghi, e temeva che tassare i patrimoni a freddo avrebbe portato a una fuga del risparmio all’estero e quindi reso più fragili le banche italiane.

Fubini trova che le preoccupazioni di Draghi nel 1992 siano ancora attualissime venti anni dopo:

Prima o dopo le elezioni se ne riparlerà e allora vale forse la pena di ripensare a quei timori di Draghi del ’92. Oggi i depositi bancari nel Paese (tolti quelli delle banche stesse) valgono circa 1.400 miliardi di euro, il 70% del debito pubblico. Se questo o soprattutto un prossimo governo andasse a caccia di quei risparmi e li spingesse alla fuga, le banche perderebbero l’unica base con cui oggi finanziano i loro già scarsi prestiti a famiglie e imprese. L’Italia scivolerebbe in una strozzatura del credito più dura, l’economia si contrarrebbe e il debito salirebbe invece di scendere. Forse è meglio rassegnarsi all’idea che non ci sono armi segrete per vincere questa guerra del debito.

Mentre i giornali vicini al governo ragionano, la sinistra dibatte e Monti continua a esprimersi in termini oracolari sulla patrimoniale, i giornali di destra traggono già le loro conclusioni. Il Giornale titola “Monti vuole ancora altre tasse”, mentre Libero guarda oltre e consiglia ai suoi lettori “Come difendersi dalla patrimoniale”.

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