Verso il voto, il Pd punta sulle lacerazioni per costruire nuove alleanze

“Questa è già la crisi. Berlusconi non vuole intenderla ma gliela faremo capire”: Pier Luigi Bersani non ha mezzio termini per descrivere la situiazione politica italiana dopo l’addio dei finiani al governo. Concorde anche il leader dell’Udc Pier Fedinando Casini, che pone un ultimatum al premier: “O si dimette o presenteremo la mozione di sfiducia”.

Ma se il “terzo polo” di Casini, Fini e Rutelli sta col fiato sul collo di Berlusconi, il Partito Democratico si trova nel bel mezzo del dilemma alleanze in vista del voto anticipiato. Dopo la sconfitta alle primarie milanesi del candidato Pd Stefano Boeri, scoppiano le divisioni interne.

Il vicesegretario Enrico Letta chiede di cambiare il partito dopo una “profonda riflessione” sulle alleanze. Vendola o Fini, questo è il problema per il Pd. Lo stato maggiore dei Democratici, con in testa Bersani, Massimo D’Alema e Rosy Bindi, sono per una “coalizione democratica ampia” che comprenda anche Fini. Sulla stessa linea sono Beppe Fioroni, leader dei Modem (la minoranza di Walter Veltroni e Paolo Gentiloni) e Marco Follini: sì ad un alleanza con Casini e Rutelli, in caso anche con Fini, ma non con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro.

Ma gli stessi finiani sono spaccati su quesat possibilità. Favorevoli all’alleanza è Carmelo Briguglio, contrario Adolfo Urso, cauto Italo Bocchino: “Alleanze spurie solo in caso di emergenze. E noi ci auguriamo che l’Italia non si trovi in emergenza”. Ma forse è così.

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