Pd, Arturo Parisi: “Rivoterò Renzi. Questi congressi sono conte”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Ottobre 2013 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Pd, Arturo Parisi: "Rivoterò Renzi. Questi congressi sono conte"

Arturo Parisi (Foto Lapresse)

ROMA – Arturo Parisi, renziano (l’ho votato l’anno scorso, e lo rivoterò ancora) e tra i fondatori del Pd, attacca i troppi congressi: “Queste sono conte”, dice intervistato da Luca De Carolis del Fatto Quotidiano.

Parisi, 72 anni, annuncia che non andrà a votare per il suo circolo e per gli organi del Partito democratico di Bologna. “Ma da cittadino sostengo il Pd, e voterò per la segreteria nazionale”, dice.

“I partiti sono come le case: non basta costruirle. Dopo vanno mantenute pulite, ogni giorno. Alcune patologie sono connaturate alla politica. Bisogna vigilare con costanza. In casa Pd forse la vigilanza è stata insufficiente (…) Se dire partiti e politica è dire potere, la competizione e la lotta vanno messe nel conto. Quello che importa è che sia leale e che a contare siano le idee, il che cosa, prima del chi”.

“In queste infinite conte le tessere hanno prevalso sui tesserati, sta vincendo la preoccupazione di contare i suoi per garantire il suo. Purtroppo la politica e la scelta tra le risposte in campo restano lontane”.

Sui congressi, Parisi fa dei distinguo:

“Se i congressi locali sono congressi locali, legati cioè a temi distinti, sarebbe stato meglio svolgerli in un tempo distinto. Collocati come sono dentro il percorso nazionale dovrebbero essere legati in modo stretto alla competizione per la segreteria nazionale. E quindi non riuscendo a contare preferiamo limitarci a contarci”.

Sulla rottamazione e i vecchi leader ancora al potere, Parisi sostiene che

un ricambio c’è stato. Che poi questo continui è un’altra cosa. La verità è che resiste meglio e di più chi ha già resistito. E ha resistito di più chi è da più tempo in campo, cioè a dire chi è sceso in campo più presto. È per questo motivo che non bisognerebbe cominciare a fare politica a tempo pieno prima di una certa età. Altrimenti si finisce prigionieri per tutta la vita, si diventa forzatamente professionisti. Si metta nei panni di uno che dovrebbe lasciare dopo tre legislature dopo aver iniziato a 27 anni. È più facile che cambi partito piuttosto che cambiare lavoro. O si trasformi appunto presto in un capobastone (…). Se la politica è una roba seria da lasciare ai professionisti della politica, e non “da dilettanti alla Parisi” come pensava legittimamente D’Alema, prima si inizia e meglio è. E allora, viva la rottamazione. “