Pd e camorra? Un binomio che non sorprende a Castellamare di Stabia. Il riferimento implicito è all’omicidio di Luigi Tommasino, il consigliere comunale della città campana freddato il 3 febbraio davanti al figlio di 13 anni.
Eletto tra le fila del Partito Democratico, l’esponente politico era vicino al clan D’Alessandro, gruppo mafioso di spicco a Castellammare. Secondo le indagini, il motivo della sua esecuzione sarebbe proprio legato a 30.000 euro che Tommasino avrebbe sottratto alle casse del clan. Il consigliere intratteneva rapporti con affiliati alla famiglia D’Alessandro: probabilmente si trattava di conoscenze che lo hanno aiutato ad ottenere voti.
Ora è emerso un altro particolare inquietante per i dirigenti del Pd: anche uno degli assassini di Tommasino era iscritto al partito, o forse addirittura due. Se il tesserino di Catello Romano non lascia dubbi in proposito, il circolo di Castellammare si affanna a smentire l’iscrizione di Salvatore Belviso, un altro componente del commando di fuoco.
Per quanto riguarda la posizione di quest’ultimo, il Pd del centro campano cerca di spiegare che si tratta solo di un caso di omonimia: possibilità remota da verificare con tanta certezza, visto che negli elenchi degli iscritti non sono segnate le date di nascita.
Romano, poi protagonista di una spettacolare evasione dal carcere in cui si trovava, è stato invece immediatamente espulso dal partito. Oltre a questo provvedimento, il segretario regionale Tino Iannuzzi e il commissario provinciale Enrico Morando hanno deciso di commissariare la sezione, nominando Paolo Persico.
«Sono certo — ha spiegato Morando — che le centinaia di persone per bene che sono iscritte e militanti del Pd a Castellammare collaboreranno con Persico, a tutela della dignità e del buon nome del Partito Democratico e di ogni persona che onestamente ne fa parte».
Intanto però queste spiacevoli coincidenze di certo non giovano all’immagine del partito a pochi giorni dalle primarie che eleggeranno il segretario nazionale.