ROMA – Pd in liquefazione. D’Alema vs Bersani, Incubo congresso per Letta. L’assemblea della resa dei conti è per sabato: la nomina di un gruppetto ristretto che scelga un segretario reggente è solo la foglia di fico per coprire il tutti contro tutti. Sullo sfondo c’è il congresso (da scongiurare o al’opposto da fare subito): un passaggio decisivo per le sorti del governo, tant’è che il premier Letta s’è tenuto lontano dalla contesa ben consapevole che un congresso prima della fine dell’estate sarebbe una pistola puntata sulla tempia dell’esecutivo. Per ora, la soluzione transitoria riguarda l’indicazione di Marina Sereni e Ivan Scalfarotto, dei capigruppo Luigi Zanda e Roberto Speranza, più il coordinatore dei segretari regionali, Enzo Amendola e David Sassoli quali sherpa di un percorso tutto da inventare.
I risentimenti, le vendette, i malumori nel gruppo dirigente si intrecciano alle diverse sensibilità politiche. Matteo Renzi, conscio dell’immagine disastrosa offerta di un partito mai così scollato dalla sua base, si tiene a distanza di sicurezza dalla mischia: chiede giusto qualche garanzia che non escluda del tutto la sua parte ma non abbandona il piano b, ovvero lo smarcamento finale (una sua lista e tanti saluti al Pd) in caso di collasso definitivo del partito.
D’Alema, che non c’era al caminetto, è descritto come furibondo con Bersani che ricambia: e infatti il suo candidato a segretario Cuperlo è stato stoppato perché troppo dalemiano. Bersani, che non ha dimenticato franchi tiratori e impallinamenti vari, sulla questione D’Alema si promette il classico redde rationem: “Presto risolveremo il problema”.
La ritorsione di D’Alema si compie sul nome di Epifani, ultimo dei giubilati in corsa, come Finocchiaro. Goffredo Bettini, forse il più lucido nel cercare un leader condiviso mette sul tavolo i nomi di Chiamparino, o a limite quello di Fassino. Il cattolico Beppe Fioroni, per dire della trasversalità di certe vendette, mette nel mirino lo stesso Letta, ex compagno d corrente quando invoca un congresso al più presto.
A questo proposito, sentite qual è il tono nel rapporto epistolare via tweet fra i due:
Beppe Fioroni racconta come il disastro può scaricarsi sul governo. Doveva fare il presidente di commissione, ma si è tirato indietro. “Mi hanno detto o ci sei tu o c’è la Ferranti. Ha cominciato a chiamarmi l’Anm. “Non sappiamo con chi parlare al Pd. Per favore, abbiamo bisogno della Ferranti alla Giustizia. Sa, con Nitto Palma al Senato…”. E io ho risposto obbedisco ai magistrati, mica al Pd”. Letta gli ha inviato un sms: “Contrariato?”. Fioroni, con un altro messaggino: “No. Ma mi preparo a contrariare te” (Goffredo De Marchis, La Repubblica 9 maggio).
A 48 ore dal giorno dei lunghi coltelli, ai duellanti non resta che scegliere le armi del confronto. Bersani vuole che ognuno ci metta la faccia, raccogliendo le firme e presentando candidature ufficiali: è l’attacco all’arma bianca, la conta. Proprio quello che non vogliono i capicorrente, convinti, o forse illusi, che una mediazione sia più produttiva. Fuori dal fortino Pd restano attoniti gli elettori e i militanti (i giovani di OccupyPd saranno presenti all’esterno dell’assemblea).
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