Pd e corpo delle donne: da Rosy Bindi al manifesto di Roma

Pubblicato il 24 Giugno 2011 - 19:04 OLTRE 6 MESI FA

Il manifesto della Festa dell'Unità di Roma 2011

ROMA – Era l’ottobre del 2009 quando Rosy Bindi rispose al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con quel “Non sono una donna a sua disposizione” diventata poi patrimonio comune di tante giovani e meno giovani donne non solo della sinistra, ma semplicemente stufe di un certo trattamento diffuso soprattutto sotto lo stimolo del padrone di Palazzo Chigi.

Quella frase poi celebrata anche sulle t-shirt era stata la risposta ad un “Lei è più bella che intelligente” detto da Berlusconi a Bindi con una telefonata alla terza camera del parlamento italiano, o Porta a Porta che dir si voglia, ad una puntata in cui era presente l’attuale presidente del Pd.

Da allora sono passati quasi due anni, e le donne che allora si eressero in difesa di Bindi oggi non la difendono più. Perché se lei si era detta “non a disposizione” di Berlusconi, perché l’ennesimo corpo di una donna, benché si tratti solo di due gambe semi-coperte da una gonna che minaccia di alzarsi per il vento, dovrebbe essere a disposizione della legge del merchandising?

Superfluo dire che i problemi con cui le donne italiane si trovano a dover fare i conti quotidianamente sono ben altri. Ma quel manifesto, quell’ennesimo uso del corpo femminile, serviva davvero?

Per di più non è la prima volta che il Partito democratico ricorre alla stessa immagine. Nel 2008 fu l’immagine di una giovane appena sveglia accompagnata dalla scritta “Ciao Bella” a promuovere la Festa dell’Unità romana. L’anno successivo fu sempre una donna, con vestito da sera e mazzo di rose rosse.

Dal sito dell’Unità fanno sapere che “chi se ne frega”. Le donne del partito hanno sentito il bisogno di dissociarsi attraverso le parole di Franca Prisco, presidente della Conferenza regionale e romana delle donne democratiche: “Il Pd di Roma ha sempre prestato grande cura all’immagine della donna nella sua attività di comunicazione ed è sempre stato attivo nelle mobilitazioni a loro sostegno. Sorprende, quindi, le donne del partito rappresentate nella Conferenza regionale e romana, lo scivolone realizzato con il manifesto della Festa Democratica Romana di quest’anno, da cui si dissociano fermamente, ribadendo che l’uso strumentale del corpo delle donne è bandito dalla nostra cultura ed azione politica”.

Sulla stessa linea il comitato Se non ora quando: “Esprimiamo sconcerto di fronte alla campagna pubblicitaria lanciata dal Pd romano. L’abbinamento fra lo slogan ‘Cambia il vento’ e l’ennesima immagine strumentale del corpo femminile ci lascia stupite e attonite. Il comitato protesta ancora una volta di fronte all’uso del corpo delle donne come veicolo di messaggi che nulla hanno a che fare con esso e invita il Pd romano a ritirare la campagna, anche per rispetto verso milioni di donne italiane il cui voto è stato fondamentale nelle amministrative e nei referendum nazionali del 12 e 13 giugno”.

Non si è fatta attendere la risposta della segreteria del partito romano: ”Dal 2001 ogni manifesto o slogan scelto per la presentazione della Festa de L’Unità di Roma è fonte di discussione e dibattito. Un paio di gambe sono automaticamente equiparabili a un’immagine offensiva o volgare come quelle delle ‘olgettine’ che circolano sul web? Sono la stessa cosa o c’è una differenza? Qual è il confine oltre il quale comincia la mercificazione o l’uso improprio? Il manifesto è una citazione pubblicitaria, una rievocazione di Marilyn Monroe del film ‘Quando la moglie è in vacanza’, divenuta un’icona. Può piacere o non piacere. Ma è davvero riprovevole?”.

Marilyn Monroe, appunto. Ma erano gli anni Cinquanta. Quando le donne a malapena lavoravano. E in Italia neppure potevano chiedere il divorzio. Allora più che oggi un’attrice era anche il proprio corpo. Ma le donne di sinistra, con le loro proteste, forse vogliono dire che loro non sono solo quello.