Pd primarie, un popolo di anziani. Voto saggio o voto “cotto”? Operai? Già nel 2.013 votavano M5S

Pd primarie, un popolo di anziani. Voto saggio o voto "cotto"?
Pd primarie, un popolo di anziani. Voto saggio o voto “cotto”? (foto Ansa)

ROMA – Il popolo delle primarie ha i capelli grigi. Lo dice l’analisi dei profili di chi domenica ha votato per scegliere il segretario del Pd. E la maggioranza di chi si è recato ai gazebo è over 50. Voto saggio quindi, figlio di tante esperienze e di una conoscenza della politica e della vita ormai strutturate o, al contrario, voto ‘cotto’, cioè voto di chi non è più in grado di apprezzare e capire le novità del mondo?

Tanti anziani e pochi giovani nel popolo Pd, un dato di fatto. Una linea di frattura di certo anagrafica ma anche sociale e culturale. Il popolo Pd è fatto di adulti e/o anziani socialmente garantiti e culturalmente progressisti. Dall’altra parte, dalle altre parti giovani, socialmente non protetti anche se assistiti e culturalmente reazionari. Gli operai? Già nel 2.013 votavano al 29 per cento per M5S e solo al 21 per cento per il Pd che era quello di Bersani più “rosso” di quello di Renzi. Operai che prima di M5S non avevano esitato a votare Lega. Degli operai in fondo si sa e ogni volta si riscopre l’acqua calda del non essere loro la spina dorsale elettorale del Pd. Ora il fenomeno, non nuovo ma crescente, è quello dei giovani che vivono la contemporaneità come “complotto” ai loro danni. Qualunque ricerca sociologica associa idea potere=complotto, scienza=inganno a giovane età e voto a lisre di destra o a M5S.

La fotografia dell’elettore dem che esce dall’appuntamento di domenica scorsa, è una fotografia che racconta di giovani che sono pochi, molto pochi e di un’elettorato che si è assottigliato negli anni. I due milioni scarsi che hanno votato il 30 aprile sono infatti meno rispetto alle primarie fatte in passato dal Pd, ma sono un’enormità nel clima politico di oggi. Quello che interessa non è però il numero e nemmeno la distribuzione geografica dei votanti, quanto la loro carta d’identità. Il 63% di loro, si scopre, è over 55 mentre appena il 15% di chi ha votato è sotto i 35 anni.

Tendenza che scorporando il voto a seconda del candidato scelto, nel caso del vincitore Matteo Renzi, si accentua portando la quota ‘vecchietti’ al 65% e schiacciando i giovani al 13%. Al contrario è Michele Emiliano, l’ultimo in termini percentuali dei tre aspiranti segretari, ad essere il più ‘giovane’ del gruppo: per lui 48% di over 55 e 20% di votanti sotto i 35. Passando dall’anagrafe al titolo di studio, la stragrande maggioranza dei votanti ha almeno la licenza media superiore, vale a dire il diploma, e quasi un elettore su due ai gazebo aveva in tasca una laurea. Quel che salta agli occhi più del percorso scolastico è però la condizione occupazionale, con l’82% dei votanti di domenica che ha un contratto a tempo indeterminato. Vecchi o almeno di mezza età dunque, istruiti e con una posizione lavorativa consolidata.

Ecco, in sintesi, l’identikit dell’elettore dem. Un identikit che fotografa e rappresenta chi, come cittadino e come elettore si sente garantito. Chi sa di avere dei diritti e soprattutto questi diritti vede riconosciuti. Chi ha un lavoro, una posizione. Insomma, chi ha delle certezze. E non è una sorpresa che sia questa la base su cui sembra costruirsi, o almeno innestarsi l’idea di un partito liberale di sinistra. Più o meno come quelli che esistono in mezzo mondo ma che in Italia non hanno mai sfondato. La fotografia di chi ha votato domenica alle primarie del Pd, scegliendo con amplissima maggioranza Renzi, è infatti la fotografia dell’elettore tradizionalmente progressista. Lo stesso identikit di chi in Francia vota Macron o in America ha scelto la Clinton.

Altra faccia della stessa medaglia è chi non si sente garantito, che nel nostro Paese è per lo più giovane, senza un lavoro o con un lavoro che non da certezze, e che domenica non ha partecipato alla liturgia del Pd perché il Pd non lo voterebbe. Il negativo della foto dell’elettore delle primarie sono i giovani che già a dicembre votarono contro il referendum, i meno istruiti e chi un contratto a tempo indeterminato non ce l’ha. Una foto che sembra delineare il prototipo del voto tradizionalmente reazionario e una foto che calza a pennello con gli elettori di M5s e, in seconda battuta, Lega.

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