ROMA – Dopo lo psicodramma che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale, con la contestuale dimissione di tutto il gruppo dirigente, il partito democratico prova a voltare pagina. Ma come? Tante, troppe le incognite in un partito profondamente spaccato, che al proprio interno conta già quei 101 franchi tiratori che hanno impallinato Romano Prodi, in corsa al Quirinale. A partire dal rebus su chi comporrà la squadra che salirà al Colle per le consultazioni sul nuovo esecutivo.
Domani, martedì 23 aprile, è convocata la Direzione per decidere a chi affidare la cabina di regia che deve gestire la delicata fase di transizione. La stessa che nel pomeriggio dovrà rappresentare il partito alle consultazioni che Giorgio Napolitano terrà per la formazione del nuovo governo. Molti chiedono che si vada presto a una gestione collegiale con qualsiasi forma: direttorio, comitato di reggenza o altro ancora. Magari che rappresenti le varie anime e correnti: ma il problema è che sono troppe tanto che qualcuno ironizza: “Da Napolitano ci andiamo in 15?”. E la tenuta del partito mette a rischio lo stesso governo.
Il Fatto Quotidiano divide così il partito, sulla via della scissione. Da un lato c’è la nuova sinistra con in testa Fabrizio Barca, che si comporrebbe così:
Fabrizio Barca. Sergio Cofferati, Stefano Fassina, Rosario Crocetta, Enrico Rossi, Laura Puppato, Corradino Mineo, Michele Emiliano, Pippo Civati, Nico Stumpo, Ignazio Marino.
Poi c’è la segreteria dimissionaria dei rottamati:
Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Franco Marini.
E un mini club di figure in sospeso:
Guglielmo Epifani, Walter Tocci, Roberto Speranza.
Dall’altro lato si fa strada il nuovo Pd con in testa il sindaco di Firenze, Matteo Renzi:
Matteo Renzi, Enrico Letta, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Dario Franceschini, Piero Fassino, Luigi Zanda, Sergio Chiamparino, Arturo Parisi, Paolo Gentiloni, Beppe Fioroni, Matteo Richetti, Sandra Zampa, Sandro Gozi, Matteo Orfini, Andrea Orlando, Alessandra Moretti.