ROMA – ”Le dimissioni di Bersani sono una scossa data al partito, perché ciascuno si responsabilizzi. Così non si va da nessuna parte: al Pd manca il collante, la visione comune”. Lo dice il capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, intervistato da Giovanna Casadio per il quotidiano la Repubblica. Il partito non è finito, spiega, ”ma occorre un congresso di rifondazione, perché dobbiamo ritrovare le ragioni della nostra identità e della nostra funzione”.
”Quando Bersani, avendo ricevuto il mandato di trovare un candidato condiviso, ha proposto Franco Marini, la reazione di molti dei nostri è stata come se avesse avanzato la candidatura di Almirante” sottolinea Speranza.
“Qui non è una questione di disciplina, che pure è un tema da affrontare. Il punto è: siamo nelle condizioni di esprimere una cultura riformista e di governo? O anche nelle nostre file prevale la frenesia di avere il consenso immediato della piazza reale o virtuale?”.
Non c’è una scissione all’orizzonte ma “è chiaro che le posizioni politiche andranno definite senza ambiguità”.
E Giovanna Casadio, legittimamente chiede, che fine faranno i bersaniani orfani di Bersani, tra cui lo stesso Speranza.
Potreste entrare in sintonia con Renzi e affidargli il compito di federatore?
Intanto Bersani non è uscito di scena. Renzi è una grande personalità, ma il Pd mica può essere una federazione di correnti e correntine: è il partito di un centrosinistra di governo.Con Vendola l’alleanza è finita?«Vendola ha fatto una scelta chiara, per me sbagliata non votando Napolitano».Perché non avete votato Rodotà o Bonino?“Avevamo bisogno di un candidato che unisse. La figura di Rodotà poi, che apprezziamo e abbiamo applaudito in aula, è stata strumentalizzata dal M5S, che ha l’obiettivo di distruggere le istituzioni democratiche”.