Gianfranco Fini ha lanciato la sua corrente e non esce dal partito, Silvio Berlusconi ha tirato un sospiro di sollievo. Ma le parole del presidente della Camera su ciò che non va nel partito e la sua intenzione di creare una fronda minoritaria nel partito non piacciono per niente al premier. Questo stillicidio è insopportabile – si è sfogato a palazzo Grazioli con il vertice del Pdl – a questo punto sarebbe meglio che si facesse il suo gruppo e il suo partito.
Silvio Berlusconi reagisce dunque con un misto di delusione, irritazione e cautela alle istanze del presidente della Camera: da un lato non accetta ulteriori logoramenti da parte del presidente di Montecitorio anche perchè non intende farsi trascinare in quello che ama definire il «teatrino della politica»; dall’altra non intende forzare la mano, con strappi dalle imprevedibili conseguenze, e dunque attende di capire con esattezza cosa vuole veramente l’ex leader di An.
Per capire cosa abbia davvero in testa Fini, Berlusconi ha riunito a palazzo Grazioli ieri sera sia i vertici della Lega (Umberto Bossi non c’era), che quelli del Pdl (Italo Bocchino non era presente perchè non invitato e ciò la dice lunga sul clima verso i ‘finianì). Con i Leghisti, Berlusconi ha parlato di quanto sta avvenendo nel Pdl: la conclusione è stata così riassunta da uno dei partecipanti: «L’impressione dei più è che l’ipotesi di una corrente non abbia alcun senso».
Concetto ribadito qualche tempo dopo con i vertici del Pdl. Riuniti per discutere degli aspetti organizzativi della Direzione Nazionale di giovedì (in particolare della ‘scalettà e di della replica del Cavaliere alla relazione del presidente della Camera), il Cavaliere non ha ancora deciso cosa fare. «Vuole sentire gli umori, capire cosa davvero vuole fare Fini», spiega uno dei presenti al vertice. Per questo si è preso del tempo: oggi si occuperà della relazione e deciderà la linea. Il suo orientamento, per ora, è comunque quello di chi è determinato ad andare avanti senza farsi condizionare troppo. Il Cavaliere ha stigmatizzato la posizione di Fini: la sua è una posizione che non ha senso, non si capisce quali siano le sue richieste. Va bene il confronto, ma alla fine è la maggioranza che decide e la minoranza si deve adeguare. Insomma, il premier non intende farsi influenzare da quella che in privato ha definito una «correntina».
La sua impressione, inoltre, è che dalla riunione di ieri il presidente della Camera esca indebolito e sconfitto. Non solo perchè perchè la maggioranza degli ex-An, con il documento siglato dai ‘settantacinque’ ha dimostrato di voler restare nel Pdl, ma anche perchè il documento siglato dai ‘finiani’ è praticamente identico a quello firmato dai senatori nel pranzo di sabato scorso. Lo stesso che, non a caso, fu applaudito da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello proprio perchè scongiurava l’ipotesi di scissione in un gruppo autonomo.
Sul fronte della Lega, intanto, si registra grande cautela. Tant’è che nessun esponente del Carroccio ha commentato la situazione all’interno del Pdl. Del resto Umberto Bossi, in una recente intervista a ‘El Pais’ aveva sottolineato la necessità di trovare un’intesa con Fini. L’obiettivo primario dei lumbard è di portare a casa le riforme. E una guerra intestina nel Pdl non aiuterebbe. Ecco perchè, Roberto Calderoli, ha cercato di minimizzare: ‘Ho sentito dai telegiornali notizie fantasiose, oggi non c’è nessun vertice della Pdl a cui abbia preso parte la Lega ma semplicemente un incontro, già programmato, che abbiamo avuto con Berlusconi e Verdini, mio omologo nel Pdl».
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