Pdl dove sei? Partito stanco e depresso come Berlusconi, ma ha ancora il 20%

Pubblicato il 13 Settembre 2012 - 14:43 OLTRE 6 MESI FA
Il sondaggio Ipsos per Ballarò dell’11 settembre

ROMA – Cosa succede nel Pdl? Un partito personale che sta navigando a vista, in assenza della persona che lo ha fondato. Silvio Berlusconi è sprofondato nel silenzio (politico) da novembre 2011, da quando ha lasciato il governo a Mario Monti. Da allora del leader si sono avute notizie per qualche sporadica uscita contro l’euro, sullo schieramento tattico del Milan, le scadenze processuali, la causa di divorzio con Miriam Bartolini-Veronica Lario, il buen retiro in Kenya. Di lui si sa che ha provato a rimettersi in forma con sei mesi di dieta e jogging, salvo poi spaccarsi una spalla durante una corsetta.

Che non ha fatto in tempo a smarcarsi dalle richieste pressanti delle Olgettine che si ritrova comandato a bacchetta da due “zarine”, Alessandra Ghisleri e Mariarosaria Rossi. Rivela un’insider, l’ape regina Sabina Began: “È stanco e depresso”. Stessa cosa si può dire del suo partito, il Pdl. Franco Bechis di Libero ha potuto assistere a una riunione di dirigenti e “peones”, molto preoccupati per il loro futuro personale e anche un po’ per quello del Pdl. Futuro che passa per l’architettura della prossima legge elettorale, una bozza già ribattezzata Regionellum:

“Con questo sistema elettorale tu puoi anche vincere il tuo collegio, ma poi conta come hanno vinto nei collegi limitrofi gli altri del tuo partito”, mi spiega un deputato pugliese, “se vinci peggio del tuo collega, resti fuori. Questo scatenerà guerre fratricide con in tuo attuale vicino di banco, che magari cercherà di fregarti facendo presentare nel tuo collegio liste civetta di centrodestra al solo scopo di eroderti voti e non farti fare una percentuale troppo alta…”

Conta il risultato nei collegi, ma non può prescindere dal risultato del partito. Come si fa a perdere bene le prossime elezioni (perché di vincere non se ne parla)? Tutti attendono un segnale di vita da Berlusconi. Riporta Bechis:

“Ci avete costretto voi giornali di centrodestra a rimanere fermi nell’attesa”, mi spiega un dirigente di partito, “spiegandoci che solo Berlusconi può ottenere alle urne qualche foto in più. Però qui la decisione non arriva e noi siamo costretti ad attendere…!”. C’è un vecchio deputato che giura di avere lavorato tutta l’estate preparando materiale e temi utili per la nuova discesa in campo del Cavaliere: “Io ho tutto pronto”, sospira, “però non ho alcuna idea di cosa sceglierà lui”. Qualcuno più giovane sospira: “Ah, potessimo avere noi un Matteo Renzi, usciremmo dall’impasse! Ma non abbiamo nessuno… Nemmeno a livello locale”. 

Il coordinatore del Pdl lombardo ha convocato tutto il partito per programmare iniziative per l’autunno. Riunione disertata completamente dagli ex An. Assenza che la componente ex Forza Italia ha visto come una provocazione. Ma il caos regna anche nel Lazio, dove la guerra fra le due anime del partito è finita davanti ai magistrati e soprattutto sui giornali, a colpi di accuse reciproche sugli sprechi di denaro pubblico e sulla mala gestione dei fondi.

Una dirigente del partito confessa: “Che futuro ho qui per me? È tutto così confuso… Non si capisce più nulla. Dobbiamo sposare ancora la linea Monti? […] Sperare nel governissimo? Dobbiamo staccare la spina? Nessuno dice nulla, nessuno ha coraggio di fare qualcosa”. 

Come il Pd, il Pdl ha subito i dieci mesi del governo Monti. Ma sconta la sua inconsistenza politica e – a differenza del Pd – non ha nemmeno tentato di difendere gli interessi del proprio elettorato. Proprio da questi dovrebbe cercare di ripartire il Popolo della Libertà, per ritrovare, parafrasando Vasco Rossi, “un senso a questa vita (politica)”.

Anche perché tutti i sondaggi di questi giorni accreditano al partito di Berlusconi percentuali dal 17 al 21%. Un dato catastrofico, se raffrontato alle politiche del 2008 o alle europee del 2009. Un numero confortante invece se si pensa che stiamo parlando di un partito fantasma, senza una guida, dove tutti parlano di Angelino Alfano come il “povero Alfano”, coniugando i verbi al passato. Significa che c’è un 20% dell’elettorato che è “fidelizzato” al “brand” Pdl, qualunque faccia ci sia sulla confezione e qualsiasi sostanza ci sia dentro il fustino. Non è poco, se è vero che alle prossime elezioni basterebbe un 25% per prendersi il premio di maggioranza.