Pdl: rischio rottura scongiurato, Fini verso una corrente di minoranza

Pubblicato il 20 Aprile 2010 - 11:37 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi

Iniziata la riunione convocata dal presidente della Camera Gianfranco Fini con i parlamentari ex An per verificare quanti si riconoscano nelle sue posizioni in vista della direzione del Pdl di giovedì. L’ingresso ai gruppi è vietato ai giornalisti, che vengono tenuti a distanza da commessi di Montecitorio dislocati a vari livelli del Palazzo.

Nervi tesi tra i finiani prima della riunione convocata da Gianfranco Fini con i parlamentari ex An alla sala Tatarella alla Camera. In molti arrivano a Montecitorio parecchio tempo prima della riunione e conversano in Transatlantico o in cortile. Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, se la prende con Italo Bocchino e spiega: “Ho detto senza peli sulla lingua a Bocchino di smetterla perché già ha fatto abbastanza danni, e l’ultimo caso è stata la rissa in tv cui tutto il mondo ha assistito. Sono stufo delle sue inziative e delle sue uscite – aggiunge – e non mi sento rappresentato da queste persone”.

Il Pdl guarda dunque alla tregua armata: ex An ed ex Forza Italia si preparano a vivere da separati in casa. Niente scissione interna, dunque, almeno secondo i rumors di Palazzo. Gianfranco Fini sembra aver scelto la “terza via”, quella delle “colombe” che al posto di una scissione preferiscono organizzarsi come corrente minoritaria ma sempre all’interno del Pdl. Una corrente che, giurano gli ex An, darà del filo da torcere e non farà sconti ai compagni forzisti.

L’idea del presidente della Camera, quindi, è presentarsi giovedì alla Direzione del partito con un testo “alternativo” a quello che presenterà Silvio Berlusconi. Un testo appositamente sottoscritto dai “fedelissimi” di Fini riuniti oggi nella sala dedicata a Pinuccio Tatarella a Montecitorio. Il luogo non sembra essere stato scelto a caso, visto che la sala è intitolata proprio a colui che veniva soprannominato “Armonia” ed era il riconosciuto e vero leader dei finiani dell’epoca: di quella corrente dell’Msi chiamata “Destra in Movimento” che pesava sul partito con il suo 35% e di cui facevano parte anche Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa.

Sarà proprio nella sala dedicata a Tatarella che oggi Fini potrà materialmente contare i “suoi” e capire quanti deputati e senatori sono dalla sua parte (finora se ne contano una cinquantina) e quanti sono disposti a sottoscrivere il suo “manifesto”, da presentare giovedì alla Direzione del partito. Un testo in cui sono contenuti i punti che gli ex An contestano alla maggioranza del partito chiedendo decisioni collegiali, nessuna dipendenza dalla Lega, dialogo con l’opposizione per le riforme.

L’anticipazione di quello che Fini dirà giovedì alla Direzione del partito la si può avere leggendo la prefazione al libro di Nicolas Sarkozy ‘Ensamble’ (in libreria a fine mese) che il presidente della Camera ha scritto negli ultimi mesi. La politica, dice Fini, deve saper “costruire un consenso vero, effettivo, profondo, che non venga solo dall’inseguimento incessante dei mutevoli orientamenti dell’opinione pubblica” e che “si deve basare su un progetto di crescita capace di coivolgere tutti”. Il libro del presidente francese per Fini “dà l’indicazione di un metodo: quello di andare avanti insieme non creando obbligatoriamente il consenso per ogni scelta, applicando anzi, quando necessario, il salutare metodo della rupture, ma coinvolgendo la società intera nel progetto della Repubblica, che deve essere il progetto di tutti”, al di là “della destra e della sinistra”.

Ancora, a dare il senso di ciò che i finiani chiedono al Pdl ci ha pensato il direttore di FareFuturo web magazine, il magazine on line della fondazione finiana FareFuturo. Rossi ha eletto a musica della corrente finiana la canzone “La libertà” di Giorgio Gaber scrivendo sul magazine: “Cos’è il finismo? Per capirlo, ascoltate il testo di ‘La libertà’ di Gaber. Il testo aiuta, più di mille articoli di giornale, a capire perché tutti i sondaggi lo danno (a Fini, ndr) tra i leader italiani più credibili e rispettati e perché, ad esempio, nonostante il fuoco dei giornali berlusconiani, il sondaggio di Sky gli ha dato ragione”.

Al di là delle differenze di punti di vista e dalle aspre discussioni, dunque, non ci dovrebbe essere nessuna scissioni all’orizzonte per il Pdl. D’altronde una rottura danneggerebbe l’unità e la stabilità del governo e allo stesso modo in casa ex An scegliere la linea dura avrebbe allontanato non pochi deputati e senatori, che non avrebbero acconsentito a seguire Fini e a sottoscriverne il “manifesto”.

Lo chiarisce bene Giorgia Meloni, fedelissima di Gianfranco Fini, in un’intervista al Corriere della Sera. La “disgregazione del partito” che per ora sembra “scongiurata”, dice Meloni, sarebbe “un autentico suicidio per un’intera storia”.

“Troppi politici, giornalisti, esponenti dei poteri forti – spiega – si muovono in questi giorni per tenere lontani Fini e Berlusconi”, lei invece parla “con Fini” e “con Berlusconi” per mediare. Non è ancora stata “invitata” alla riunione dei finiani di oggi, ma “se si tratta di una conta – sottolinea – non credo che sia opportuna”. In ogni caso “la direzione di giovedì aiuterà molto a risolvere i problemi”.

Pur “contraria ad ogni disgregazione”, Meloni vede necessario “far valere di più la storia fatta di An, destra, giovani, conservatorismo etico, nel partito. Per esempio chiedendo che si discuta di più”. Se Fini vorrà fare una minoranza, comunque, “non sarà un dramma”, ma se dovesse uscire dal partito, Meloni non lo seguirà perché si dice “fedele più a qualcosa che a qualcuno”.