Intervistato dal Corriere della Sera, il deputato del Popolo delle Libertà Gaetano Pecorella, parla del disegno di legge sui processi brevi, scritto dal collega Niccolò Ghedini per mettere una toppa alla bocciatura del lodo Alfano che ha ha fatto ripartire i processi contro Berlusconi.
“La legge sul processo breve esprime un criterio condivisibile da tutti – spiega Pecorella – Però, così come è articolata, mostra aspetti di irragionevolezza e risponde ad esigenze demagogiche e populiste quando si escludono da questo percorso gli imputati con una precedente condanna e tutti gli stranieri accusati di immigrazione clandestina: per questo il ddl va rivisto rispetto ai criteri di applicazione della norma nella fase transitoria, e non solo, tenendo conto della complessità del processo, del numero degli imputati, della domanda sociale di giustizia”.
“Per qualche regione d’Italia e per qualche processo particolarmente complesso, sarebbe difficile affermare che la colpa è solo del giudice se il dibattimento non si conclude nei tempi concordati. – continua il deputato Pdl – Quindi, contestualmente, bisognerebbe provvedere affinché il personale ausiliario sia disponibile in aula mattina e pomeriggio in modo che le udienze durino tutta la giornata. Se non ci sono i cancellieri, si può fare una norma per mobilitare altri dipendenti pubblici, magari anche i vigili urbani, che possono benissimo svolgere il ruolo di cancelleria tanto più in un sistema che si basa sulla fonoregistrazione. Se vogliamo dimezzare tempi, dobbiamo raddoppiare la produttività”.
“Ad ogni modo – prosegue Pecorella – se il processo è molto complesso è difficile che si celebri in due anni. E poi bisognerebbe tenere conto anche del numero degli imputati. Cosa succede se, per esempio, uno di loro è incensurato e l’altro censurato? Questa strada del processo breve va perseguita in ogni caso, perché è una questione di civiltà, mentre per tutelare le alte cariche dello Stato è ormai arrivato il tempo di riproporre per via costituzionale il lodo Alfano riveduto e corretto secondo le indicazioni che ci ha dato la Consulta”.
Inevitabile una dichiarazione anche su Berlusconi: “Ecco, bisogna mettere un punto fermo. Perché qui va garantito che si governi nei prossimi tre anni e mezzo, fino al termine della legislatura. Altrimenti non riusciremo mai a fare le grandi riforme. Mettiamoci una pietra sopra e stabiliamo che il premier si sottoporrà al processo. Ma alla fine del mandato”.