ROMA – Tito Boeri, presidente dell’Inps, frena molto sul ricalcolo delle pensioni e annuncia:
“Stiamo riflettendo e stiamo elaborando simulazioni. Pensiamo che si debbano evitare il più possibile interventi sulle pensioni in essere”.
Intervistato da Roberto Mania per Repubblica, Tito Boeri, alla domanda se l’Inps proporrà un ricalcolo delle pensioni con il metodo contributivo da cui trarre le risorse per un reddito minimo per i pensionati nel limbo fra i 55 e i 65 anni, che poi sono in altre parole gli esodati, cui l’Inps lo aveva già promesso l’anno scorso, non rinuncia a un po’ di giustizialismo in stile peronista, quello che ha lasciato l’Argentina in un caos da cui forse non si riprenderà più. Così, fatta la doverosa marcia indietro di fronte ai niet del Governo, Tito Boeri non perde però l’occasione per un omaggio al partito dell’odio sociale:
“Se dovessero esserci esigenze finanziare, all’interno del sistema previdenziale, potremmo anche prenderla in considerazione ma solo per le pensioni alte, molto alte. Non per fare cassa ma per ragioni di equità”.
Come ricorda un po’ crudelmente Roberto Mania, il Governo ha escluso nuovi interventi sulle pensioni. Tito Boeri è sereno:
“Noi avanzeremo la nostra proposta organica. Spetterà al governo decidere e al Parlamento valutare”.
Nonostante sia professore e a quanto riferisce Roberto Mania lo chiamino anche a parlare nelle università americane, l’aspirante comunista Tito Boeri non si rende conto della intrinseca ingiustizia delle sue parole. Non essendo ancora una colpa mortale avere uno stipendio alto e trattandosi di lavoratori dipendenti seppur di alto grado che non possono avere evaso nemmeno un penny, ai percettori di pensioni alte (a parte i casi scandalosi peraltro causati da decisioni del Parlamento, non dei pensionati) va il corrispettivo di quanto hanno versato per una vita, talvolta di meno. Nel caso dell’Inpgi, la previdenza dei giornalisti, che ha anticipato tutti sulla via della prudenza, le pensioni più alte corrispondono fino alla metà delle ultime retribuzioni.
Ora però il giustizialismo di Tito Boeri non è soddisfatto e vuole aggiungersi al Fisco, introducendo una tassa di equità che non è prevista dall’ordinamento italiano e che è stata già bocciata dalla Corte Costituzionale. Roberto Mania insiste: oltre quale soglia? Tito Boeri, pagato il biglietto al comunismo residuale che vige in Italia, si fa prudente, forse è un po’ scosso dagli attacchi di Franco Abruzzo:
“Non posso rispondere, sono in corso valutazioni e simulazioni. Sono temi molto sensibili e c’è già chi gioca ad alimentare il terrore tra i pensionati attribuendomi affermazioni mai fatte come presidente dell’Inps”.
Già, ma prima?… Vuole forse stabilire il principio che si possono dire cose opposte secondo la sedia che si occupa?
Una proposta che l’Inps di Tito Boeri intende avanzare è quella di andare in soccorso dei disoccupati colti fra l’età critica del 55 anni e quella della pensione, 65 anni.
“Le persone nella fascia di età 55-65 anni, una volta perso il lavoro si trovano progressivamente in condizioni di povertà. Si calcola che non più di uno su dieci riesca a trovare una nuova occupazione. Questo ha provocato un aumento della povertà non essendoci alcun sussidio per gli under 65. Per queste persone è ragionevole allora pensare di introdurre un reddito minimo garantito”.
Non tutti gli over 55 si trovano però in miseria: nella crisi, osserva Roberto Mania, si è assistito anche all’aumento della disoccupazione giovanile e all’incremento dell’occupazione over 55. Questo non sembra che Tito Boeri riesca a spiegarselo e pensa di risolverlo ricorrendo alla idea di mandare la gente in pensione prima con un assegno ridotto :
“Si è prodotto un conflitto generazionale che si può attenuare consentendo di lasciare il lavoro prima dell’età della pensione di vecchiaia. Ovviamente con effetti sull’assegno pensionistico: prima esci, meno prendi”.
Il dubbio che le aziende preferiscono i vecchi perché sono più preparati dei giovani, figli della scuola del caos, non lo sfiora. Eppure basterebbe Roberto Mania a confermargli che nel suo giornale, Repubblica, come in tanti altri giornali italiani, mandano giornalisti in prepensionamento in dosi massicce e poi li tengono a collaborare per anni perché sono quasi insostituibili, con un doppio effetto: di spendere meno in termini contributivi e bloccare posti per i giovani. Se lo fanno i giornali…
Il resto dell’intervista è un misto di demagogia e banalità:
1. l’idea di pagare le pensioni il primo del mese invece che il 10, che Tito Boeri definisce “un’operazione socialmente importante”. Roberto Mania qui non ha avuto il coraggio che anche nel suo giornale gli stipendi li pagano il 10 del mese. D’altra parte, dal primo a primo, dal 10 al 10, sempre trenta giorni sono;
2. unificare le pensioni: è, dice Boeri, una “anomalia italiana – molti pensionati ricevono pezzi di pensioni da fonti diverse. Per ogni due pensionati ci sono tre pensioni erogate. Unificando i trattamenti semplificheremo la vita di tutti e avremo dati più trasparenti”. L’anomalia italiana discende dal fatto che ci sono più istituti previdenziali oltre all’Inps. Sarà capace Boeri di annettersi tutte le varie casse previdenziali? E poi, come sanno quanti hanno cambiato mestiere e hanno provato a unificare le proprie pensioni in una sola, sa Boeri quanto costa la ricongiunzione dei contributi?
3. l’operazione trasparenza, la denuncia delle storture nel fondo piloti o degli ex dirigenti industriali.Roberto mania chiede: perché l’avete fatto? Proponete di intervenire sui cosiddetti diritti acquisiti?
La risposta è disarmante. Niente da fare, ammette implicitamente Tito Boeri, per le pensioni in atto, che, non dimentichiamolo, non sono frutto di rapine ma di decisioni del Parlamento e dello Stato:
“Il nostro obiettivo è solo quello di aumentare la trasparenza. È un’operazione che serve a dare credibilità all’amministrazione pubblica, in particolare all’Inps. La credibilità serve a rinsaldare la coesione sociale che è alla base del patto tra generazioni”.
Coesione sociale o invidia e odio sociale?
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