Le due Leghe di Pontida, di Palazzo e di lotta

ROMA – Quella andata in scena a Pontida è stata anche la sfilata delle due Leghe, secondo la definizione di Ilvo Diamanti su Repubblica. Due Leghe, quindi: quella di governo e quella della base, quella in camicia verde che s’è vista sul palco, se non addirittura in giacca come Roberto Maroni, e quella in maglietta con slogan, faccia impiastrata di verde, e tutto il folklore del mito dei Celti. Riassumendo, la Lega di Palazzo e la Lega di lotta. Sul palco c’era la prima e la distanza con la seconda s’è vista e sentita tutta. Il discorso più atteso era quello di Bossi, ma come non notare quell’enorme striscione con su scritto “Maroni presidente del Consiglio”.

La folla chiedeva secessione, il palco rassicurava, imponeva toni moderati, concilianti, aldilà degli eccessi verbali che qui ci aspetta e quindi non sorprendono più (il pollice verso, il “Berlusconi se l’è fatta sotto” i “giornalisti stronzi”). Ma aldilà del lessico leghista, comunque più moderato, è stata la proposta stessa della Lega ad essere moderata.

Spiega Diamanti: “Il messaggio è chiaro. Berlusconi, verrà sostenuto dalla Lega solo se rispetterà gli interessi e le rivendicazioni del Sindacato del Nord. Pensieri, parole – e parolacce – a cui, tuttavia, difficilmente seguiranno i fatti. Perché queste rivendicazioni del Sindacato del Nord, per quanto “moderate”, appaiono poco praticabili. Proporre di decentrare alcuni ministeri a Nord è ben diverso che minacciare la secessione. Ma si tratta, comunque, di un progetto difficile da realizzare. Significherebbe svuotare l’idea – e la realtà – di “Roma Capitale”. Divenuta tale con un decreto votato dalla stessa Lega. Lo stesso discorso vale per la riforma fiscale e le altre iniziative volte ad alleggerire – o almeno controllare – il debito pubblico. Difficile immaginare che possano avvenire a spese, prevalentemente, dei ceti sociali e delle aree del Mezzogiorno. Roma Capitale e la Regione Lazio sono governate dal Pdl. Il Centrosud garantisce il bacino elettorale maggiore del Pdl. La Lega dovrebbe, a questo fine, rompere con Berlusconi e il suo partito, come nella seconda metà degli anni Novanta. Dovrebbe ascoltare il popolo di Pontida che grida: “Secessione! Secessione!”. Impensabile. Perché incombe ancora la sindrome del ’99. Quando la Lega secessionista, da sola, si ridusse a poco più del 3%. Abbandonata dai “forzaleghisti”, come li definì Edmondo Berselli. Gli elettori che votano ora Lega ora Forza Italia (e ora Pdl) su basi tattiche”.

Per questo difficilmente la Lega romperà e per questo l’attesa spasmodica per Pontida, costruita con sapienza dalla stessa Lega, non ha trovato giustificazione nell’evento. Il Carroccio si limita a preannunciare minacce, le divisioni interne aumentano e le elezioni non fanno davvero gola. Insomma, conclude Diamanti, “si naviga a vista”.

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