Roma Porta Portese aperto, in Sardegna i 5 giorni regalati alle discoteche...Virus, eccoci! Roma Porta Portese aperto, in Sardegna i 5 giorni regalati alle discoteche...Virus, eccoci!

Porta Portese aperto, in Sardegna i 5 giorni regalati alle discoteche…Virus, eccoci!

Porta Portese aperto, sì il mercato di Porta Portese a Roma aperto. Sì, uno dei più grandi mercati d’Europa aperto. Negli stessi giorni in cui si vietano i mercatini natalizi.

Però Porta Portese aperto. Perché la burocrazia lo classifica come mercato a cielo aperto: niente tetto, niente chiusura. Fa nulla, non importa se a Porta Portese si ammassano in struscio da shopping in migliaia e migliaia, Porta Portese aperto.

PORTA PORTESE APERTO: STORIE DI VIRUS, FRESCHE E DI STAGIONE

Quella di Porta Portese è una storia di virus, fresca di giornata. Non si può nemmeno dire che sia incredibile, è semplicemente pazzesca. Sì, è pieno di esenzioni, scuse, alibi, cavilli per sottrarsi alla regola, alla limitazione. Sì, è pieno di cattivi calcoli sul proprio portafoglio: tenere aperto a dispetto del contagio oggi non è buon affare per domani. Oggi servirai dieci caffè in più o venderai dieci poggetti in più da bancarella. Incasserai pochi euro, maledetti e subito. Ma non sarà un affare: nei giorni di chiusura totale che l’ostinarsi a restare aperti ha contribuito a causare ci rimetterai molto di più.

Sì, è pieno di burocrazie, ordinanze e di sperimentata capacità di navigarci dentro. Ma questa del mercato più grande di Roma e tra i mercati più grandi d’Europa aperto all’assembrarsi in migliaia è storia che sembra dire al virus: eccoci, siamo qui, tutti insieme.

Storia, esemplare, classica e di stagione estiva è quella che ora emerge (non era neanche tanto sepolta). Emerge dalla Sardegna, la storia dei cinque giorni regalati alle discoteche. Regalati per farle restare aperte fino a Ferragosto almeno. Per non far perdere alle discoteche gli incassi del Ferragosto. Regalati cinque giorni sapendo che in Sardegna contagio c’era eccome e sapendo che in discoteca…Sapendo che discoteche andavano chiuse. Ma, ancora cinque giorni, fino a Ferragosto, in fondo un attimino, un aiutino…

E’ l’11 di agosto quando la Regione decide di non chiudere le discoteche in Sardegna, obiettivo esplicito salvare il loro Ferragosto. Le discoteche in Sardegna sono una potenza. Economica, sociale. Fatta di aziende e di persone. Sono grandi impianti del divertimento e intrattenimento. Non bottegucce o localini, sono imprese e impianti. E persone che hanno peso e numeri di telefono. Persone che fanno pressantemente osservare alla Regione al suo Governatore come altri cinque giorni almeno.

Due esponenti politici della maggioranza che governa la Sardegna si ricordano di quei giorni. E uno li racconta a Report (Rai). In trasmissione si vede e si sente uno dei due che racconta: sapevamo che era un rischio, decidemmo di correrlo, le discoteche premevano. I due sono Angelo Cocciu, capogruppo in Regione di Forza Italia e Giovanni Satta vice capogruppo Partito Sardo d’Azione che governa in coalizione con il centro destra. Ricordano, raccontano. Raccontano con sincerità come in quei giorni venne privilegiato l’interesse delle discoteche, raccontano come in quell’agosto scattò per l’amministrazione dell’isola il “Prima le discoteche!”

Ora la Magistratura ha aperto un’indagine. E’ quella delle discoteche d’agosto in Sardegna un’altra storia di virus, un’altra storia in cui dalle discoteche aperte e affollate di gente festosa si diceva al virus: eccoci, siamo qui, tutti insieme e tanti. Per la cronaca: nelle e dalle discoteche sarde aperte a Ferragosto e dintorni sono stati registrati e partiti centinaia e centinaia, anzi migliaia e migliaia di contagi. Sempre per la cronaca Governatore Solinas aveva affrontato la questione delle prevenzione disponendo si ballasse sì, ma a due metri di distanza l’uno dall’altro. Vincendo così senz’altro il campionato dell’ordinanza più ipocrita dell’anno.

CASCINE, IKEA…STORIE FRESCHE

Eccoci, siamo qui, tutti insieme…Di richiami al virus ce n’è per ogni dove. Dalle cronache: il mercato delle Cascine a Firenze. L’Ikea di Bologna dove i lavoratori dicono basta alla folla, magari chiudeteci. Di negozi di tutt’altro che in vista di possibili chiusure s’ingegnano al dribbling, magari mettendosi a vendere mascherine come lasciapassare per restare aperti. Di palestre che restano aperte vestendo e travestendo le loro attività da sport nazionali con relativo diritto all’allenamento…Coronavirus ha solo l’imbarazzo della scelta.

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