A chi il posto il fisso? A noi! Marcegaglia: “Bello e impossibile”. Berlusconi con Tremonti

marcegagliaGli italiani sono con Tremonti: più di otto su dieci preferiscono il “posto fisso”. E non solo impiegati già di una certa età e addetti alla Pubblica Amministrazione vicini alla pensione. La voglia di “posto fisso” è maggioritaria anche tra i giovani. Ma la realtà delle cose e del mondo sta anch’essa con il ministro dell’Economia? Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, non la pensa così: «La cultura del posto fisso è un ritorno al passato non possibile, che peraltro in questo Paese ha creato problemi».

Questo però non implica che il numero uno degli industriali sia «a favore della precarietà e dell’insicurezza in un momento come questo». La ricetta indicata dalla Marcegaglia per affrontare questo periodo di crisi prevede allora «la stabilità delle imprese e dei posti di lavoro che peraltro non si fa per legge».

Per aiutare le imprese dunque «da una parte serve fare riforme per rendere le imprese più competitive, dall’altra serve una flessibilità regolata e tutelata come quella fatta con Treu e Biagi che ha creato 3 milioni di posti di lavoro».

Dice dunque la Marcegaglia che il “posto fisso” non si stabilisce per decreto, che è un obiettivo ma non una certezza. Dice in fondo che dipende dall’economia. Al che Tremonti ribatte che la cultura dell’economia oggi dominante è quella sbagliata del “mercatismo”. Quella per cui i soldi si fanno con la speculazione finanziaria e non con la produzione di merci. Non dice però Tremonti quali merci produrre, a quali prezzi di produzione possibili, a quali prezzi di vendita possibili e per venderle a chi queste merci. Senza queste risposte, che spesso purtroppo non ci sono o sono negative, il “posto fisso” diventa uno slogan. Slogan politico buone per dare identità alla destra italiana. Una destra che, come dice Tremonti, “non deve parlare inglese”. Una destra anti banche e anti globalizzazione, una destra contro la cultura del rischio e anche delle opportunità. Una destra di massa, a prescindere da Berlusconi. Una destra per il domani che parla però una lingua già nota: la parlavano le destre europee dopo il primo dopo guerra e dopo la crisi del 1929. Una destra di popolo contro la dittatura dell’economia. Qualcosa che è nel profondo dell’identità leghista e anche di Forza Italia.

Qualcosa che va oltre la chiacchiera politica quotidiana in cui però si tuffa Berlusconi: “La sinistra che critica Tremonti è in malafede. Quello che il governo sta facendo per il mondo del lavoro dimostra che siamo custodi del valore del posto fisso e del valore della partita Iva. Sono in completa sintonia con Tremonti”. Tutto per il meglio dunque e il mezzo milione di posti fissi perduti e i tre milioni e mezzo di lavori precari sono un incidente che si sta rimuovendo.

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