Protesta a Palazzo Grazioli: “Non c’è casa più chiusa di questa”

Pubblicato il 27 Novembre 2009 - 17:47| Aggiornato il 29 Novembre 2009 OLTRE 6 MESI FA

escort_grazioliMunite di rossetto, ombrello e striscione, tutto rigorosamente tinto di rosso le donne anti-ddl prostituzione hanno messo in scena una protesta davanti a Palazzo Grazioli, nel cuore della capitale.

“Non c’è casa più chiusa di questa. No alla legge Carfagna”: questo lo slogan della manifestazione delle sessanta studentesse e precarie che hanno urlato «Rosso è il colore delle escort».

Il provvedimento del ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, è al centro della “rivolta” davanti alla residenza del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: le manifestanti contestano il divieto di prostituzione in luogo pubblico e l’arresto per i trasgressori, compresi clienti e lucciole.

Ecco il testo del volantino diffuso durante la protesta delle donne, poi disperse dall’intervento delle forze di polizia:

«Escort Sauvage! … Non c’è casa più chiusa di Palazzo Grazioli. La giornata mondiale contro la violenza sulle donne in Italia cade nel pieno del secondo scandalo di “sesso e potere” dell’anno. Dopo le escort di Berlusconi arrivano le trans di Marrazzo. E le imbarazzanti rivelazioni sui meccanismi di reclutamento delle donne interni alla Pdl e per le cariche elettive e di governo lasciano il posto all’ennesimo mistero italiano, l’omicidio di Brenda, in cui potere politico, criminalità organizzata e carabinieri si sovrappongono e confondono in un quadro inquietante. Ma non sono serviti gli scandali e le rivelazioni sulle abitudini, i gusti e la propensione al sesso a pagamento di alcuni suoi eminenti rappresentanti a costringere la classe politica italiana ad abbandonare le ipocrisie e a fare i conti con la realtà».

«Mentre l’opposizione, bacchettona e morbosa, inorridisce di fronte alle frequentazioni tanto di Berlusconi che di Marrazzo e lancia la crociata anti-Berlusconi parallelamente alle purghe interne, abbiamo una maggioranza di governo che fa passare con la solita scusa della sicurezza la legge Carfagna contro la prostituzione, il cui leader Berlusconi rivendica per sé il diritto alla privacy. La libertà è di tutti e non solo delle alte cariche dello stato: se Palazzo Grazioli è zona franca, allora entriamo noi – prosegue il comunicato – La proposta di legge Carfagna, anticipata dalle ordinanza dei sindaci, vuole apparentemente essere un intervento punitivo contro lo sfruttamento della prostituzione, ma in realtà, invece che punire gli sfruttatori, colpisce solo le prostitute di strada e i loro clienti con l’arresto, additandole tra i nemici pubblici numero uno. Lungi dal contrastare la tratta delle migranti spesso minorenni, costringe le prostitute a ritornare alle case chiuse – bandite dalla legge Merlin del 1958 – luoghi di ghettizzazione, sfruttamento e violenza fuori da qualsiasi visibilità e controllo. Molto più utile sarebbe abolire lo status di clandestinità, condizione sine qua non dello sfruttamento sessuale e non delle e dei migranti».

«Tutto questo accade mentre le statistiche parlano di una fetta sempre più ampia della popolazione maschile che ricorre al sesso a pagamento. In più il caso D’Addario ha reso esplicito che la prostituzione non è fatta soltanto di sfruttamento e costrizione ma può essere una libera scelta per quanto per alcuni difficile da comprendere – conclude il volantino – Nel momento in cui le prostitute e i loro clienti hanno avuto tale e tanto ‘autorevolè visibilità ci saremmo aspettate maggior rispetto per delle lavoratrici e maggior onestà nell’ammettere che non si può punire e condannare pubblicamente ciò di cui si gode nel privato delle proprie case. Infine, apprendiamo con indignazione che ieri la commissione salute del Senato ha votato un documento che pone il veto alla commercializzazione della RU486, la pillola abortiva al centro del più ampio dibattito sulla libertà di scelta. Le inquietanti motivazioni di tale voto sono l’ennesima testimonianza di come ad avere la giusta rilevanza non sia il tema della tutela della salute fisica e psicologica e della libertà delle donne ma, al contrario, la necessità di costruire sempre più capillari e intrusive pratiche di controllo sui nostri corpi».