Quirinale. Amato giù, D’Alema, Rodotà o….Prodi-Cassese outsider

ROMA – Quirinale. Amato giù, D’Alema, Rodotà o….Prodi-Cassese outsider. Si ragiona ancora di “rose” di nomi (in pole si danno sempre Amato, un po’ in calo, poi D’Alema), si registra la febbrile attività degli “sherpa” (il Colle a un giorno dal voto è più alto, sembra l’Himalaya), si interpretano i risultati delle consultazioni grilline come armi contundenti non convenzionali (Gabanelli per sabotare inciuci preliminari, Rodotà per spaccare il Pd, Prodi come arma finale anti Berlusconi, dalla quarta votazione in poi votabile dai 5 Stelle).

La vera, unica novità è rappresentata dal nome di Sabino Cassese, giudice costituzionale, ex ministro della Funzione Pubblica e riformatore principe della macchina amministrativa dello Stato, professore di fama mondiale (requisito non trascurabile per il ruolo cui sembra destinato). Soprattutto, un nome, insieme ad altri costituzionalisti, attraverso il quale l’attuale Capo dello Stato Napolitano intende sparigliare le carte e risolvere l’ingorgo con una scelta di prospettiva (7 anni con qualcuno abilitato alla sfida anche giuridica del Quirinale) e che risponda alla stessa strategia che portò Monti al governo: un tecnico che metta tutti d’accordo (leggi Pd e Pdl dei veti incrociati).

E’ proprio la natura tecnica, terza di questo mandato che scoraggia Bersani: serve un profilo politico a tutto tondo al nuovo presidente della Repubblica (“Diversamente sarebbe la debacle definitiva della politica…”, sostiene il segretario). Su Amato ci sarebbe convergenza Pd-Pdl, ma sullo sfondo ci sarebbero larghe intese per il Governo con Berlusconi che reclama posti di prima fila (ma il dottor Sottile piace anche a Renzi il silura candidati Pd). Il nome di D’Alema va inteso nella stessa linea strategica, ma se ha ottime chance di piacere a destra, potrebbe avere più di un problema a essere votato dai suoi. Inutile dire che per Grillo sarebbe la conferma di quanto va denunciando contro la Casta.

Secondo Stefano Folli, osservatore politico del Sole 24 Ore, nell’impasse attuale si riconosce solo una strategia, quella di Grillo, attraverso le candidature di Gabanelli come antipasto alla prima votazione, di Rodotà per minare la compattezza dei Democratici, di Prodi per terrorizzare Berlusconi dalla quarta votazione in poi (ma poi anche il governo dipenderebbe da questa convergenza). Pd e Pdl sembrano annaspare (è la tesi di Folli) senza un disegno ma hanno ancora a disposizione le carte per chiudere la partita seguendo le indicazioni del Presidente della Repubblica (autoriforma del sistema senza pericolosi isolazionismi rispetto al contesto internazionale).

Previsioni a breve. Domani (18 aprile) ognuno si voterà il suo candidato per misurare compattezza e affidabilità degli altri. Quindi il Pd voterà il cavallo che esce vincente dalla rosa di nomi che gira. Il Pdl voterà Berlusconi marcando a vista gli avversari democratici. La Lega non voterà Prodi, Amato o Monti (pari sono nella loro considerazione) e alla prima voteranno Manuela del Lago, leghista e donna. I grillini voteranno Gabanelli se ci sta. Dalla seconda votazione in poi ci vuole la palla di vetro.

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