Rai, sola minaccia per San Monti al vertice con Bersani, Alfano, Casini

ROMA – L’articolo 18 certo, il nodo di liberalizzazioni più coraggiose, la benzina che non ne vuol sapere di scendere, il carrello della spesa sempre più leggero, lo sguardo occhiuto del Fisco, mettiamoci pure qualche magra di troppo in campo internazionale… Al dunque però, al supervertice in programma oggi (15 marzo) tra Monti il tecnico e il trio politico Alfano-Bersani-Casini, la vera buccia di banana, come spiega Stefano Folli sul Sole 24 Ore, potrebbe essere solo la tv di Stato. Chi tocca la Rai muore, sembra dire Berlusconi per bocca di Alfano che per questo ha disdetto l’appuntamento già una volta. Nuove regole per la nomina dei vertici Rai o non partecipiamo, caschi il mondo, giura battagliero Bersani che evoca una fine tipo Alitalia per l’azienda e minaccia l’Aventino pur di tenere i partiti fuori dal cancello di Viale Mazzini. L’unico tranquillo è Casini, forte del sostegno del “partito” del Vaticano che qualcosa conta.

E’ l’unico che veda un lieto fine, contando sulla saggezza del presidente del Consiglio e su un rapido calcolo: Monti procurerà di indicare nomi di altissimo livello e il Pd, pur di evitare un altro consiglio d’amministrazione targato Pdl  a direzione Lorenza Lei, sia pur a malincuore ma accetterà. D’altra parte toccare la Rai resta una mission impossible per chiunque. Però lo spettro Alitalia è serio per i 12 mila dipendenti Rai. Prima Alfano, poi Frattini, tutto lo stato maggiore Mediaset sostiene in coro che rivedere la legge Gasparri non è una priorità. L’argomento ufficiale, il governo si occupi di economia e ci porti fuori dalla crisi, come nel caso della giustizia sconta più di una debolezza: una gestione corretta ed efficiente della maggiore azienda culturale italiana, così come una più stringente legge anticorruzione, non hanno forse ricadute economiche decisive?

Il fatto è che chi tocca la Rai, tocca anche Mediaset: mettere in discussione la legge Gasparri, rendere remunerativa l’asta delle frequenze tv, cambiare i criteri di nomina del cda, influenzerebbe necessariamente i destini di Mediaset, che per la prima volta deve affrontare una congiuntura pesante. Che minaccia ricavi e posti di lavoro. La Rai è la prateria preferita per le scorribande dei partiti: significa potere, appalti, assunzioni…Monti ne stia alla larga, dice ancora Frattini, quello è un terreno di confronto tra i partiti.

Che siano i partiti a gestire la fuoriuscita della politica dalla Rai, però, è come far organizzare un simposio sulla lotta alla droga a una confederazione di pusher. Al Pd, per esempio, sta a cuore l’autonomia dell’azienda, ma di più vuole sottrarre il controllo militarizzato di Berlusconi sulla stessa. Anche per l’ovvia ragione che è stato il Pdl a vincere elezioni. Nessuno può far cader il governo impiccandosi a un traliccio Rai. Le schermaglie intanto servono a far capire chi ha il controllo della spina che tiene in vita il governo, fra meno di due mesi votano 9 milioni di italiani. Difficile che già stasera si arrivi a un compromesso salvifico, ma nessuno vuole ripetere lo scandalo dell’impasse che a cavallo tra 2008 e 2009 paralizzò politica e partiti. La Rai rimaneva senza guida perché un tal Riccardo Villari non ne voleva sapere di mollare la poltrona di presidente della Commissione di Vigilanza, nonostante tutti, perfino il cavallo di Viale Mazzini, lo esortassero a sloggiare.

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