La bozza del Recovery plan non ancora approvata in via definitiva dal Consiglio dei ministri. Ammontano a 196 miliardi le risorse che il Governo metterà per le sei macro-aree del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.
Recovery plan: digitalizzazione, rivoluzione verde, infrastrutture, sanità, ricerca, Parità di genere
Secondo quanto scrive l’Ansa che ha visionato la bozza, alla digitalizzazione e innovazione saranno destinati 48,7 miliardi, all’area “rivoluzione verde e transizione ecologica” andranno 74,3 miliardi, al settore Infrastrutture per una mobilità sostenibile 27,7 miliardi.
Il capitolo “istruzione e ricerca” può contare su 19,2 miliardi, quello sulla Parità di genere su 17,1 miliardi, secondo la bozza. L’area sanità, infine, conterà su 9 miliardi.
Con la riforma fiscale si prevede di diminuire la tassazione sul ceto medio, su coloro che guadagnano tra i 40 e i 60 mila euro l’anno.
La bozza divisa in 125 pagine
E’ di 125 pagine ed è divisa in quattro parti la bozza su cui è al lavoro il Governo. Il testo traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti, l’attuazione e il monitoraggio del piano e la valutazione dell’impatto economico.
Le riforme e gli investimenti mirano a una transizione “green, smart and healthy”. E riguardano: riforma della giustizia; digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura.
“Rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca, parità di genere, coesione sociale e territoriale; e salute.
Riforma fisale, giù le tasse per il ceto medio
Nella bozza dell’aggiornamento del piano Recovery si spiega che “il Pnrr ((Piano nazionale di ripresa e resilienza nd.r) avvia anche una revisione generale della tassazione”.
Per la riforma fiscale “si ritiene che l’esigenza sia ora di concentrare le risorse disponibili per ridurre prioritariamente la pressione fiscale sui redditi medi” dopo essere intervenuti sui lavoratori con reddito fino a 40mila euro.
“Ora dobbiamo intervenire a favore dei lavoratori (sia dipendenti sia autonomi) con un reddito medio, ovvero orientativamente tra 40 e 60 mila euro, perché si tratta della fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi rispetto ai redditi ottenuti”.
“La riforma fiscale che abbiamo in mente – si legge nella bozza del Recovery – e i cui principi e criteri saranno presentati con il disegno di legge delega che il Parlamento sarà chiamato ad esaminare risponderà, da un lato, all’esigenza di definire una riforma organica del nostro sistema fiscale”.
“Dall’altro, alla necessità che il disegno riformatore possa essere attuato nei tempi previsti per la fine della legislatura”.
“Abbiamo pensato innanzitutto a una riforma dell’Irpef, perché è l’imposta principale, interessa circa 41 milioni di contribuenti (dichiarazioni 2019 riferite all’anno di imposta 2018)”.
“E perché è quella che mostra più di ogni altra evidenti problemi di inefficienza, iniquità verticale e orizzontale e mancanza di trasparenza”.
La delega fiscale “avrà inoltre l’obiettivo di riordinare le spese fiscali e la tassazione ambientale”.
“Sono questi due interventi che potranno completare il disegno di riforma dell’Irpef con benefici in termini di efficienza, equità e trasparenza e che sono diventati ancor più prioritari all’interno del nuovo disegno strategico ispirato a logiche di sostenibilità ambientale e sociale”.
Questa logica “guiderà la politica economica italiana ed europea per i prossimi decenni”
Conte: “Rimuoveremo gli ostacoli che ci hanno frenato negli ultimi 20 anni”
“Per uscire da questa crisi e per portare l’Italia sulla frontiera dello sviluppo europeo e mondiale occorrono un progetto chiaro, condiviso e coraggioso per il futuro del Paese, che permetta all’Italia di ripartire rimuovendo gli ostacoli che l’hanno frenata durante l’ultimo ventennio”.
“Che Paese vorremmo tra dieci anni? Da questa domanda è partita la riflessione del Governo. Dietro al ritardo italiano ci sono problemi strutturali noti, ma mai affrontati con sufficiente determinazione. Questo è il momento di farlo”, scrive il premier Giuseppe Conte nella premessa.
Un “Comitato di responsabilità sociale, composto da rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca” per seguire l’attuazione e dare “pareri e suggerimenti”.
Nella bozza si disegna una governance con cabina di regia politica, struttura tecnica con capi missione e, appunto, questo comitato sociale.
“I membri del comitato sono scelti tra personalità di alto profilo istituzionale e scientifico e di notoria indipendenza” e potranno dare “consulenze” su “specifiche problematiche”.
Potranno anche “segnalare collaborativamente “ogni profilo ritenuto rilevante per la realizzazione del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza)”.
“Grazie agli effetti espansivi del Piano, a fine periodo di investimento (2026) il Pil risulterebbe più alto di 2,3 punti percentuali rispetto allo scenario di base”, è scritto nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella parte in cui viene considerato lo scenario “alto”, che per il governo è benchmark.
La spinta al Pil sarebbe dello 0,3% nel 2021, in crescita negli anni successivi: 0,5% nel 2022, 1,3% nel 2023, 1,7% nel 2024, 2% nel 2025.
“È evidente – viene spiegato – quanto sia cruciale per le prospettive di espansione dell’economia e per la sostenibilità del debito pubblico selezionare progetti di investimenti pubblici ad alto impatto sulla crescita e accrescere l’efficienza delle Amministrazioni pubbliche preposte ad attuare tali progetti” (fonte: Ansa).