Referendum: come la vuoi l’acqua, libera, nucleare o impedita?

di Lucio Fero
Pubblicato il 20 Maggio 2011 - 16:07 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Come la vuoi l’acqua, libera, nucleare o impedita? La borsa dei referendum di giugno contiene un guazzabuglio confuso, un minestrone impazzito. Che nessun telegiornale d’informazione, nessuna tv pubblica o privata, nessun talk-show di approfondimento, nessuna compagnia di giro della politica e del giornalismo spettacolo si incarica di maneggiare, tanto meno spiegare. Tra venti giorni più o meno si vota, si vota più o meno. E tutti, più o meno, stanno molto attenti a far finta di nulla. Nessuno ne parla, nessuno ne sa, ma il “pesce” cominciò come sempre accade a “puzzare dalla testa”.

Dunque c’è un referendum sul nucleare, ma anche no. C’era una volta un governo che presentò al Parlamento leggi e disposizioni per costruire centrali nucleari in Italia. Poi fu Fukushima e, soprattutto, furono i sondaggi. Dicevano che gli italiani avrebbero detto sì a maggioranza, grande maggioranza, all’abrogazione di quelle leggi e disposizioni. Quindi il governo quelle leggi e disposizioni le abrogò di suo, prima di esserci costretto a furor di voto. Salvo avvertire che domani quelle leggi e disposizioni le potrà sempre riproporre e ripresentare. L’importante, confessò candidamente Berlusconi, era evitare il referendum. Ma il decreto governativo che abroga il referendum non è ancora legge, forse lo sarà entro fine mese e allora la Corte Costituzionale deciderà se non c’è più niente su cui votare. Dunque il referendum c’è, ma anche no. E’ sparito ma è vivo. E’ vivo ma condannato a morte, data del decesso una decina di giorni prima del voto. Una quadriglia, suonata e ballata esplicitamente per impedire che chi voleva votare contro il nucleare faccia “quorum” e cioè porti il numero dei votanti al 50 per cento più uno, quello che rende validi i referendum, compresi ovviamente gli altri due.

Quello sull’acqua che è uno, anzi due. Narrati come i referendum per l’acqua pubblica e non privata. Strani referendum perchè si propongono di abolire quel che non c’è, infatti la distribuzione e approviggionamento dell’acqua in Italia non sono per nulla privati, anzi sono per lo più pubblici. Diciamo allora che sono “referendum alle intenzioni”. La malsana e maledetta intenzione di introdurre i privati nell’acqua, acqua che invece è di tutti, per diritto e stato naturale. Per diritto certo, per stato invece per nulla. L’acqua senza gli acquedotti e le tubature a casa non arriva e acquedotti e tubature, rifornimenti e distribuzione qualcuno li deve fare. E nessuno può farli gratis, nonostante l’acqua sia un diritto. Però nella testa e soprattutto nella propaganda dei promotori dei referendum, il diritto al’acqua deborda ed esonda nel diritto al’acqua gratis, questo in fondo c’è in fondo al grido: mai i privati nell’acqua e mai acqua ai privati. E questa idea dell’acqua gratis è “un disastro silenzioso…siamo viziati dal successo degli acquedotti costruiti cento anni fa, per noi sono invisibili, questa è la misura del loro successo. Che però ci fa pensare che l’acqua ci sarà sempre. Invece quel sistema invecchiato ormai perde molto di ciò che trasporta mentre i consumi esplodono”. Chi scrive così, un capitalista dell’acqua, una multinazionale della sete? No, Charles Fishman, un giornalista americano che ha fatto felice la sinistra usa svelando il “Costo nascosto della convenienza”, cioè smascherando niente meno che Wal-Mart, il gigante del commercio americano.

L’acqua non è un bene illimitato e, ameno di non volerla andare a prendere con i secchi al pozzo, comporta un costo per diventare acqua nelle case. In Italia, tanto per dire, 60 miliardi per rifare condutture e acquedotti. Chi ce li mette, il pubblico? Si può fare, ma significa una tassa e neanche piccola. Perchè pubblico non vuol dire gratis. Ma come gratis? I prezzi stanno aumentando dei cinquanta, cento per cento! Vero, si legge su tutti i giornali, quel che non si legge è che è il cinquanta o il cento per cento di prezzi bassissimi, tanto bassi che gli italiani si sono abituati a considerarla gratuita l’acqua. E infatti la consumano e la sprecano tra i primi al mondo. Dunque il referendum sull’acqua stabilirà, se avrà successo, che la vogliamo pubblica, praticamente gratis, inesauribile e in quantità. Perfetto, perfetto e concreto come un referendum in cui la domanda sia: vogliamo essere tutti più buoni e più felici.

C’è poi il terzo referendum, sta dove stava il legittimo impedimento. Che era quella legge che Berlusconi si era fatto fare a misura per stabilire che chi governa non deve essere infastidito dalla giustizia e perciò deve avere il diritto di non presentarsi mai in Tribunale perché impegnato a governare. Cioè lo stare al governa esenta dalla legge e pone al di sopra della legge, uguale sì, ma per tutti gli altri. Legge che meritava non una, ma due, cento abrogazioni. Ma quella legge non c’è più, la Corte Costituzionale l’ha amputata e ridotta a un principio di buon senso: il governante può non presentarsi quando e se dimostra di avere effettivo impegno di governo, altrimenti deve rispondere alla legge. Poteva e può andare bene, così rispetta ogni principio e funzione. Ma Di Pietro voleva un referendum tutto suo e quindi è rimasto il referendum sul legittimo impedimento che sostanzialmente non c’è più. Sarà una conta pro o contro Berlusconi, conta con il difetto di essere monca di buona parte dell’elettorato.

Il governo i referendum non li vuole ed è ricorso ad ogni trucco, legale per carità ma pur sempre trucco, per farli sparire. I promotori tengono in vita i referendum con robuste flebo di demagogia. Tv e giornali non ne parlano, ecco come si arriva al come la vuoi l’acqua, libera, nucleare o impedita?