Referendum/ Arturo Parisi a Dario Franceschini: il partito democratico democratico non è, è come il Turkmenistan

Pubblicato il 10 Maggio 2009 - 10:46 OLTRE 6 MESI FA

«Mi consenta Franceschini, quando è troppo è troppo. Leggo oggi sui giornali D’Alema che “sferza il Pd” ricordandoci che “manca ancora l’identità”, perché “finora si è fatta solo la festa delle primarie” ma il Pd “è ancora tutto da costruire”». Parla Arturo Parisi, ex ministro della difesa prodiano.

Rivolgendosi al segretario del partito democratico Dario Franceschini, Parisi aggiunge: «A proposito della decisione di sostenere nel prossimo referendum il “sì” adottata dalla direzione con un dibattito la cui profondità è inversamente proporzionale alla misura turkmena della sua estensione, vedo poi da giorni un tiro al bersaglio crescente da parte di organi e dirigenti di partito di primo piano. Sul tema della collocazione europea assisto infine oggi sul quotidiano del Partito ad una polemica surreale tra chi come Berlinguer sostiene che questa scelta è stata già fatta e chi invece, come Bianco e Gentiloni, rispondono che l’accordo era che sarebbe stato deciso e prudentemente comunicato agli elettori solo dopo il voto. Primarie, fondazione del Pd, referendum e assetto istituzionale, collocazione europea: tutti argomenti di rilievo politico assoluto che – prosegue Parisi – si sarebbero giovati di un trasparente confronto sanzionato da una autorevole decisione democratica. In occasione dell’Assemblea che ha eletto Franceschini gli italiani hanno visto invece i protagonisti di questi giorni allineati e coperti e soprattutto taciturni, cosí come si erano ben guardati dal sollevare questi problemi in occasione delle festose primarie che avevano eletto Walter Veltroni. Possiamo continuare cosi’?- si domanda Parisi – Lo dico preoccupato a Franceschini che ha accettato di farsi eleggere alla Segreteria, ancora una volta senza un dibattito reale concluso da un voto turkmeno. Lo dico per rispetto del quasi 9% di delegati che, indirizzando il loro voto su di me, hanno voluto rendere manifesto il loro disagio. Possiamo continuare così?».