BOLOGNA – Romano Prodi favorevole ai soldi pubblici alle scuole materne paritarie, Stefano Rodotà invece vuole abolire quei soldi che il Comune di Bologna dà a queste scuole “non statali“. Il referendum indetto a Bologna mette in mostra le “due sinistre” e rinnova lo scontro Prodi-Rodotà, che si era già visto durante l’elezione del presidente della Repubblica. La sinistra di Prodi e della maggior parte del Pd, la sinistra di Rodotà, Vendola e, in qualche modo, anche il Movimento 5 Stelle. Ovvero, a Bologna si rivede quello che si era visto a Roma per la manifestazione della Fiom. Una “sinistra di lotta” (Vendola + società civile + M5S) e una “sinistra di governo” (Il Pd, grande assente della manifestazione).
Per cosa si vota a Bologna? E’ stato indetto un referendum per richiedere l’abolizione dei finanziamenti comunali alle scuole paritarie. I promotori del referendum hanno avuto l’appoggio di Stefano Rodotà, Nichi Vendola, i grillini. Una posizione che aveva fatto infuriare il sindaco di Bologna, Virginio Merola (che, per inciso, è del Pd).
E il distacco tra il Pd e l’asse Rodotà-Vendola si è accentuato ancora di più con la presa di posizione di Prodi. Il quale Prodi non solo è stato fondatore del Pd, ma è anche personaggio di spicco della vita politica bolognese. ”Voterò l’opzione B”, ha spiegato Prodi in un post sul suo sito ufficiale. L’opzione B è quella contraria all’abolizione del finanziamento, dunque favorevole al finanziamento medesimo.
Prodi spiega anche le motivazioni: ”Il mio voto è motivato da una semplice ragione di buon senso: perché bocciare un accordo che ha funzionato bene per tantissimi anni e che, tutto sommato, ha permesso, con un modesto impiego di mezzi, di ampliare almeno un po’ il numero dei bambini ammessi alla scuola dell’infanzia e ha impedito dannose contrapposizioni?”
Quello che dice Prodi è quello che ha scritto sul Corriere della Sera Antonio Polito: Ma in questo modo si rischia di negare il diritto alla libertà educativa delle famiglie, anch’esso riconosciuto nella Costituzione, che va sempre letta per intero: “La legge, aggiunge infatti l’articolo 33 subito dopo il “senza oneri per lo Stato”, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quella degli alunni di scuole non statali”.
In pratica, secondo Prodi e Polito, abolire questi finanziamenti vorrebbe dire creare “cittadini di serie A” (quelli che possono permettersi di scegliere se mandare i figli alle scuole pubbliche o private) e “cittadini di serie B” (cioè quelli che sarebbero costretti per mancanza di soldi a scegliere la scuola pubblica). I finanziamenti tra l’altro, non sono validi per tutte le scuole private, ma solo per quelle paritarie (ossia quelle riconosciute dallo Stato come “degne” di finanziamento).
I promotori del referendum però sostengono che in un periodo di crisi finanziaria le casse pubbliche non possono andare a finanziare istituti privati.
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