Referendum trivelle, M5s: “Denunceremo Renzi e Napolitano”

Referendum trivelle, M5s: "Denunceremo Renzi e Napolitano"
Referendum trivelle, M5s: “Denunceremo Renzi e Napolitano”

ROMA  –  Referendum sulle trivelle, il Movimento 5 stelle annuncia. “Denunceremo il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il senatore a vita Giorgio Napolitano” perché “l’invito esplicito all’astensione è un reato”. I parlamentari pentastellati fanno riferimento a due articoli di legge (il 98 del 1957 sulle elezioni e l’articolo 51 comma 2 della legge 352 del 1970 che disciplina i referendum) e dicono: “Le dichiarazioni sull‘astensione sono reazionarie e pericolose. I cittadini devono partecipare, a partire dal referendum di domenica sulle trivellazioni”.

 

“E’ intollerabile – continua il comunicato – che alcune fra le più alte cariche dello Stato facciano un invito simile che va contro il concetto stesso di democrazia. Le parole di Renzi (‘Astenersi è legittimo. Magistrale Napolitano’) e Napolitano (‘Non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria’) sono reazionarie e pericolose. I cittadini devono partecipare, a partire dal referendum di domenica sulle trivellazioni”.

Solo poche ore prima sul Corriere della Sera era apparso un editoriale firmato dal giurista e costituzionalista Michele Ainis che sosteneva la stessa cosa: l’invito all’astensione in vista di un referendum è un reato punibile con il carcere secondo l’articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali per la Camera, cui rinvia la legge che disciplina i referendum.

Nel suo articolo Ainis aveva scritto:

Ecco perché si rivelano fallaci le critiche al presidente della Consulta, Paolo Grossi. Ha detto: il voto è un dovere, esprime la pienezza della cittadinanza. E che altro avrebbe dovuto dire? Che il referendum è uno spreco di tempo, che l’elettore virtuoso coincide con il non elettore, che le sole urne democratiche sono le urne cinerarie? I guardiani della Costituzione non possono ignorare le sue norme più pregnanti: il voto è un «dovere civico», recita l’articolo 48. E nei doveri costituzionali risuona il timbro etico della nostra Carta, vi si riflette la lezione di Mazzini. Difatti il presidente Mattarella ha già fatto sapere che lui, sì, andrà a votare.

Poi, certo, il voto è anche un diritto. E ciascuno resta libero d’esercitare o meno i diritti che ha ricevuto in sorte. Tanto più quando s’annunzia un referendum, la cui validità è legata al quorum. Ma questo vale per i cittadini, non per quanti abbiano responsabilità istituzionali. Loro sono come i professori durante una lezione: non possono dire tutto ciò che gli passa per la testa, perché hanno un ascendente sugli allievi, e non devono mai usarlo per condizionarne le opinioni. Come scrisse Max Weber, la cattedra non è per i demagoghi, né per i profeti.

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