Regionali. Paita confusa: “Troppo Burlando”, la colpa è di altri, la Lega un Ufo

Regionali Liguria. Paita: "Scissione Pastorino? Vigliaccata. Lega sottovalutata"
Raffaella Paita (LaPresse)

ROMA, 02 GIU – Raffaella Paita analizza la sua cocente sconfitta nella corsa a presidente della Liguria e forse comincia a rendersi conto che anche a Genova e in Liguria non ci sono solo muli obbedienti che votano così perché si deve votare così:

Qualche dubbio, riferisce Alessandra Costante sul Secolo XIX di Genova, comincia ad avere anche sulla sua campagna elettorale, tutta appiattita sul presidente uscente, Claudio Burlando, vecchio comunista fulmineamente riciclatosi renziano. Non che sia una vera e propria presa di coscienza, perché

“riesce solo a dire che «forse… forse è stato sbagliato non dare segnali più forti di discontinuità», segnare la differenza tra lei, incarnazione del renzismo e del nuovo, e Claudio Burlando, governatore uscente della Liguria, alle spalle dieci anni di potere esercitato fino in fondo”. 

Ma senza Burlando la Paita dove andava? Senza la macchina di un partito capace di portare ai gazebo delle primarie anche i cinesi , senza la guida di un cervello tra i più fini della politica politicante italiana, cos’era Raffaella Paita da La Spezia? Lasciato il dubbio Burlando sospeso a mezz’aria, Raffaella Paita non si dà pace e si aggrappa a una certezza: la colpa della sconfitta è degli altri.

“E’ stata una sconfitta non calcolabile e non percepita. Tutti i sondaggi che avevamo ci davano un rassicurante margine di sicurezza”. “C’ è stato un processo carsico, a vantaggio della Lega, di cui non ci eravamo proprio accorti”.

Anche Raffaella Paita, come tutti quelli della sinistra ortodossa e ben pensante, giornalisti in primis, crede alla Lega partito di destra, in ossequio allo schema del ‘900 che identifica la sinistra con i comunisti e la destra con il loro antidoto Nazifascista. Quello schema, di comodo anche cent’anni fa, oggi è saltato ma i borghesi che costituiscono anima ossa e carne del Pd non sono attrezzati per ragionare come la ex classe operaia e ancora non hanno capito le chiavi del successo della Lega che vanno ben oltre il folklore razzista (ma erano razzisti anche nell’Unione Sovietica) e etnico (ma che celti, in val Padana c’è di tutto) che abbaglia invece i pundit.

Per questo, come riferisce Alessandra Costante, 

“la colpa della sconfitta, di quei 100.000 voti democratici persi a Genova, ricade ancora sul civatiano Luca Pastorino, candidato di Rete a Sinistra, fuggito dal Pd e autore di quella scissione per la quale «il popolo di centrosinistra lo ricorderà come Bertinotti», principale artefice della caduta del governo Prodi nel 2007. Sua la colpa di tutto, «di quei 20 mila voti che sono mancati per farci vincere», dei veleni della campagna elettorale, della solitudine del Pd di fronte all’elettorato”.

A questa accusa infondata ha già replicato Marco Travaglio nel suo editoriale sul Fatto del 2 giugno 2015:

“Giovsanni Toti ha staccato la Paita di 7 punti, mentre di suo Pastorino ha portato a casa il 4% (il resto è di Tsipras, che si sarebbe presentato comunque). E poi: se il Pd passa dal 40,8 al 25 su scala nazionale, tallonato in molte regioni e città dai 5Stelle, e perde 2 milioni di voti in un anno, sarà mica colpa dei 62 mila elettori di Pastorino?”

A parte il Secolo XIX, gli altri giornali seguono la falsariga tracciata nell’aria dalla Paita e l’Ansa diffonde il verbo.

Raffaella Paita, la candidata Pd sconfitta alle regionali in Liguria, in un’ intervista a Repubblica, torna anche sulle parole di Luca Pastorino, che ha rifiutato di prendersi la responsabilità della sconfitta: “Affermazione ridicola. Se non avessero fatto ciò che hanno fatto, la sinistra avrebbe vinto. Pastorino ha fatto una scissione dopo che il suo candidato, Cofferati, aveva perso le primarie. Ma quando si sta in un partito, e si fanno le primarie, la regola è che chi perde poi appoggia il vincitore. Non fa una scissione. Adesso, dopo aver consegnato la Liguria al centrodestra, lui cerca di pulirsi la coscienza”. Il 9,4% ottenuto da Pastorino, continua Paita, “è un risultato pessimo, in una regione rossa. Dimostra che questa operazione ha il fiato cortissimo. E’ stato Civati, non io, a dire che se fossero scesi sotto il 10 per cento si sarebbe trattato di un risultato mediocre”.

La scissione di Pastorino, dice ancora Paita in un colloquio con la Stampa, è “un’operazione cinica e spregiudicata, una vigliaccata”. Paita si sfoga anche con il Corriere della Sera: “mi prendo le mie responsabilità, ma vorrei che lo facessero anche gli altri”. “Lo stress di questo anno orribile – dice ancora la candidata sconfitta riflettendo sulle conseguenze della dura compagna elettorale sulla sua salute – mi ha distrutto il fisico. Ma non è giusto addossare agli altri alcuna responsabilità”. .

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