Regionali Lombardia 2010, sentenza su lista Formigoni: “723 firme false”

Pubblicato il 18 Aprile 2013 - 09:03| Aggiornato il 24 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Ben 723 firme false nella lista di Roberta Formigoni alle elezioni regionali del 2010. Questa la sentenza del tribunale di Milano dopo la denuncia post elezioni dei Radicali, che oggi commentano: “L’Italia è il Paese dell’impunità. Questi brogli elettorali sono inammissibili in un moderno stato di diritto”. Il verdetto sulle regionali è arrivato dopo le nuove elezioni del 2013, da cui è stato eletto governatore Roberto Maroni della Lega Nord, e dopo le politiche con cui Formigoni è stato eletto senatore del Pdl, scrive Repubblica.

A denunciare irregolarità furono i radicali Marco Cappato e Lorenzo Lipparini circa 2 anni fa. I due intentarono una causa civile per “querela di falso” contro la Regione Lombardia e gli allora neo eletti consiglieri regionali, spiega Repubblica:

“Due anni fa i radicali Marco Cappato e Lorenzo Lipparini, assistiti dagli avvocati Mario Bucello, Simona Viola e Renato D’Andrea, hanno intentato una causa civile per “querela di falso” contro la Regione Lombardia e tutti i consiglieri regionali lombardi dell’epoca, chiedendo, fra l’altro, l’annullamento delle elezioni del marzo 2010, sulla base della presunta falsità delle firme della lista di Formigoni. Una vicenda per quale il partito di Marco Pannella ha presentato ricorsi anche in sede amministrativa, prima e dopo le elezioni del 2010, e in sede penale, presentando un esposto in Procura a Milano”.

Dopo l’esposto arrivò il processo per falso, condotto dal pm Alfredo Robledo, che vede imputati tra gli altri Guido Podestà, l’allora coordinatore lombardo del Pdl e l’odierno presidente della Provincia di Milano. Intanto la sentenza civile è arrivata:

“La sesta sezione civile di Milano (presidente Laura Cosentini, giudice relatore Margherita Monte) ha depositato la sentenza che “dichiara la falsità delle firme”, 723 in tutto, poste a sostegno della lista ‘Per la Lombardia’ di Formigoni. Per far concorrere il listino alle elezioni vennero portate circa 3.900 firme e la quota necessaria per legge era di 3.500. Circa 400 in più, dunque, contro le oltre 700 dichiarate false. Nel frattempo, tuttavia, consiglio e giunta sono cambiati: il verdetto – accolto comunque come una “vittoria” dai Radicali, che definiscono l’Italia “il Paese dell’impunità” – non potrà avere, in sostanza, effetti pratici”.

Unica “conquista”, se così può essere definita la conclusione in sede civile di questa vicenda, è quella delle spese legali. I Radicali hanno ottenuto il riconoscimento del rimborso di 15mila euro per le spese legali. Gli avvocati dei Radicali poi hanno parlato di “celerità” della sentenza, spiega Repubblica:

“Secondo gli avvocati dei Radicali, la decisione del tribunale civile è arrivata con “celerità”, anche se “giunge quando ormai il consiglio regionale, abusivamente eletto grazie a operazioni manipolative, è stato sostituito da nuove elezioni”. Il problema, secondo i legali, è che l’accertamento della falsità deve essere di competenza dei giudici amministrativi, invece che di quello civile, e solo in questo modo “avrebbe potuto sopraggiungere in tempo utile per invalidare le elezioni”. Fu la Corte costituzionale, però, a stabilire, nell’ambito di un procedimento davanti al Consiglio di Stato, che la conta delle firme rimane compito del giudice civile, nonostante la lunghezza dei tempi”.