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Regione Lazio, sulla revisione del bilancio si vedrà se la Giunta Polverini lavora meglio di quella Marrazzo

di admin |26 Febbraio 2020 10:09

Polverini: "Aho, tajate, tajate!"

Nonostante il mese di agosto il Consiglio regionale del Lazio è chiamato a esaminare l’assestamento del bilancio 2010. Il confronto è tra il lavoro fatto da Renata Polverini e il primo assestamento della Giunta Marrazzo, quello del 2005, che contribuì a spingere fuori controllo la spesa in conto capitale, con un piano di investimenti inutili e micro settoriali per ben 500 milioni. Ma bisognava dare “un’anima” al provvedimento, si disse allora, rispondendo evidentemente, anziché ai numeri, a richiami dello spirito. L’assestamento 2010 sembra muoversi invece nella giusta direzione.

Ecco i punti in cui si articola l’azione di bilancio della nuova Giunta e quello che ci si aspetta per un effettivo colpo di timone.

Primo, affronta il nodo dello squilibrio strutturale di parte corrente, tagliando drasticamente i capitoli in libera disponibilità. Il disavanzo di parte corrente del bilancio regionale, al netto della sanità, presenta uno sbilanciamento strutturale, che si è consolidato nel corso della passata legislatura. Per realizzare il pareggio formale sono stati sovrastimati, sul versante delle entrate, i recuperi, mentre i margini acquisiti con la politica di bilancio nel corso dell’anno venivano assorbiti dai disavanzi sanitari, sempre maggiori rispetto alle iniziali previsioni. Il contenimento della spesa corrente è stato inferiore alle criticità richieste dal bilancio regionale. A fronte di uno squilibrio effettivo, intorno ai 300 milioni annui, è necessario un avanzo pari ad almeno alla metà, per fronteggiare il risanamento dei conti. Per conseguire questo obiettivo è necessaria una azione pluriennale. Il fatto che si cominci subito è coraggioso e positivo.

Secondo, si riducono gli stanziamenti in conto capitale, assolutamente sproporzionati rispetto alla capacità di indebitamento della Regione nei prossimi anni. La possibilità di contrarre debiti per l’attivazione di investimenti e la struttura del bilancio regionale alimentano una sorta di illusione finanziaria per cui diventa evanescente il peso relativo al reperimento dei mezzi per questa tipologia di spesa. Nella fase di formazione del bilancio, ad un assessore che protesta per i tagli proposti ai propri capitoli, spesso si propone un incremento degli stanziamenti di parte capitale, confidando nella lentezza amministrativa, che tradurrà quella somma in impegni e pagamenti solo dopo molti esercizi (o magari trasformerà l’intenzione di spesa in una economia di bilancio) . Questa prassi ha portato gli impegni dalla cifra già elevata del 2005, di 1.730 milioni, ai 2.500 milioni del 2009 (con un incremento di 200 milioni rispetto al 2008) . Lo scarto tra impegni e pagamenti è notevole, ma la massa di obbligazioni alla lunga si scarica sulla cassa e aumenta la massa dei mandati. La situazione richiede una rigorosa analisi degli impegni in essere, attivando una robusta politica di cancellazione. Gli investimenti vanno commisurati alla capacità di indebitamento della Regione che, per la legislatura appena avviata, non può superare i 500 milioni annui. Una politica di selezione delle decisioni intraprese, disimpegnando le troppe intenzioni di spesa attivate nel recente passato è stata avviata e, come dice il proverbio, chi ben inizia è già a metà dell’opera.

Terzo, si predispone il bilancio regionale al recepimento della manovra nazionale recentemente approvata dal Parlamento (il decreto-legge 78). Come hanno affermato i Presidenti di tutte le Regioni italiane in un documento approvato all’unanimità, la manovra estiva colpisce in modo iniquo le Regioni e determinerà una contrazione dei servizi da queste fornite ai cittadini. La conseguenza, registrata nell’assestamento, si ritrova nella riduzione dei trasferimenti al sistema dei trasporti, a comuni e province, alle imprese nei vari comparti (PMI, artigianato, commercio). Secondo la CGIA di Mestre, che ha elaborato dati forniti dalla Corte dei Conti, la spesa complessiva del 2009 per le regioni a statuto ordinario soggetta alle regole del patto di stabilità interno ammonta a 37 miliardi per le regioni a statuto ordinario ed è interessata da una manovra di 4 miliardi per il 2011 e 4,5 miliardi per il 2012 (cifre analoghe sono riportate nell’articolo di Massimo Bordignon sulla Repubblica Affari e finanza del 21 giugno 2010, che considera solo i tagli per il 2012). Ciò significherebbe per il Lazio, che rappresenta una quota pari a circa il 10 per cento, una contrazione di 400 milioni per il 2011 e 450 milioni per il 2012. Una quota preponderante di questa spesa, (il 67 per cento, se si considera la ripartizione del 2009 tra spese in conto capitale e spese correnti assoggettate al patto nella Regione Lazio), andrebbe ascritta alle spese correnti (268 milioni nel 2011 e 301 milioni nel 2012). Rridurre servizi e trasferimenti diventa una scelta inevitabile.

Quarto, vengono decurtati significativamente i fondi di dotazione di tutte le società regionali e, nel provvedimento collegato, si annuncia la chiusura di due strutture, Litorale e Risorsa, inutili e costose. Un segnale molto positivo, che la precedente amministrazione, che pure aveva elaborato un piano molto ambizioso, non è riuscita a dare. Un primo passo che dovrebbe essere ulteriormente sviluppato attraverso: a) la internalizzazione di molte funzioni che potrebbero essere svolte dalle strutture regionali, a partire dalla erogazione degli aiuti al sistema produttivo. Attualmente sussiste una forte parcellizzazione tra le diverse società della rete: Litorale, Bic, Filas e la stessa Sviluppo Lazio, che dovrebbe svolgere funzioni di holding, ma in pratica sovrappone interventi diretti e scoordinati alle azioni delle altre.

b) La riorganizzazione delle funzioni strategiche, come la progettazione dell’utilizzo dei fondi europei e il supporto alle attività di ricerca e programmazione della Regione, sia generale che settoriale. Sviluppo Lazio, alleggerita delle attività operative (tra cui la comunicazione, esempio emblematico di spreco delle risorse pubbliche) potrebbe svolgere questo ruolo, in stretto collegamento con una cabina di regia che dovrebbe fornire l’indirizzo politico e con la direzione programmazione dell’assessorato al bilancio (la prima inesistente, la seconda assolutamente carente).

c) La eliminazione delle aziende regionali di intermediazione finanziaria. La Regione Lazio possiede anche una banca (la Bil, Banca impresa Lazio). La vera funzione di Bil è quella di scaricare il rischio di impresa dalle banche alla Regione, che garantisce i finanziamenti del segmento meno strutturato. Un favore alle banche più che alle imprese, ed in particolare a quelle socie, insieme con la regione (attraverso Sviluppo Lazio), di Bil (Bnl, Unicredit, Intesa San Paolo, Bcc). La cosa più coerente sarebbe vendere la Bil  e riorganizzare il supporto regionale agli strumenti creditizi attraverso una azione di politica industriale che, come avviene in altre Regioni, attraverso convenzioni aperte con il sistema bancario, favoriscono le imprese del territorio. In questo quadro anche Unionfidi, non ha motivo di essere mantenuta.

Quinto, la separazione tra le misure qualitative, appostate in uno specifico provvedimento, collegato all’assestamento, e le variazioni degli stanziamenti. In una regione come il Lazio, soggetta a forte alternanza, l’assestamento tende ad essere nella prassi un provvedimento di natura sostanziale molto marcata, in pratica una finanziaria-bis. L’omnibus normativo, che risponde alla scarsa produzione legislativa del Consiglio regionale, potrebbe essere, perlomeno in una fase transitoria, adeguatamente disciplinato, intervenendo sul regolamento della Assemblea, rimasto fermo agli anni settanta. Da un lato la tipizzazione dell’assestamento, del bilancio e della legge finanziaria, leggi a contenuto vincolato. Dall’altro provvedimenti collegati di natura settoriale (oppure un provvedimento unico ben distinto per capi) contenenti le misure qualitative. Fino a quando, con una riorganizzazione profonda del consiglio regionale e delle sue strutture, politiche e di supporto, si potrà dare nuovo slancio alla azione legislativa, fino ad oggi asfittica e limitata.

Sesto, l’articolo 1 del provvedimento collegato, che introduce un vincolo preliminare di fattibilità finanziaria delle proposte dell’esecutivo regionale. Una misura ottima, che invano nella precedente legislatura era stata proposta e mai presa in considerazione. Sarà necessario dotare le strutture amministrative, in particolare dell’assessorato al Bilancio, delle competenze necessarie per svolgere efficacemente questo non semplice compito e il Consiglio regionale, anche qui con innovazioni del regolamento e delle strutture di supporto, dovrà attrezzarsi per verificare adeguatamente (e dialetticamente) le scelte della Giunta.

Il testo definitivo potrebbe essere peggiore di quello iniziale (ma anche migliore), molte norme, a partire da quelle relative alla ristrutturazione delle società, dovranno essere attuate, per non restare dei semplici desideri, ma la direzione imboccata, va detto, sembra quella giusta.

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