GENOVA – Ferruccio Sansa: sul nome di questo giornalista del Fatto, figlio di un magistrato che fu anche sindaco di Genova, Ferruccio Sansa, si appassionano molto quelli che seguono la politica di Genova e della Liguria, chiedendosi se sarà o non sarà Ferruccio Sansa il candidato di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni per la Regione Liguria.
Chi ne sembra convinto, e non da ieri, è Raffaele Niri, di Repubblica.
L’articolo su Genova di Ferruccio Sansa, sul Fatto e messo on line la vigilia di Ferragosto, secondo Raffaele Niri è,
“sottotraccia, una autocandidatura”.
Finora Ferruccio Sansa ha reagito con durezza. Ad un articolo di Blitzquotidiano che adombrava la candidatura e parlava del fortissimo legame di Ferruccio Sansa con Genova, Sansa ha opposto una richiesta di 150 mila euro, interessi e spese legali. Non si sa se abbia chiesto i danni anche a Repubblica, che da tempo sostiene la tesi della candidatura.
Il titolo di Repubblica sull’ultimo articolo di Raffaele Niri, nella edizione di Genova di Repubblica, è tranchant:
“Corsa alla Regione, l’ultima mossa di Sansa il candidato ombra. I Cinquestelle ne parlano a mezza voce, il Pd non ha dubbi e l’editoriale sul “Fatto” [del 14 agosto 2014] sembra quasi un programma”.
Anche se “ufficialmente non ne parla nessuno”, nota Raffaele Niri, quelli del Pd lo danno per fatto:
“la candidatura alla presidenza della Regione di Ferruccio Sansa, caporedattore del Fatto quotidiano, [dopo avere lavorato a Messaggero, Repubblica, Secolo XIX, Stampa] figlio dell’ex sindaco Adriano, è «pericolosa e praticamente certa. Fanno melina, come sempre, e poi annunceranno il nome al momento giusto, passando da quella specie di primarie on line che fanno loro»”.
Non ne parla invece il sito genovese del Movimento 5 Stelle. Solo tre o quattro accenni di singoli lettori appaiono sul blog:
“Caro Sansa, da uno come lei che sta studiando da candidato alla presidenza della Regione mi aspetterei qualche proposta più concreta”;“È la solita contraddizione: campagna elettorale contro, per prendere voti, e poi a favore, per criticare quelli del passato”.
Ma, aggiunge Raffaele Niri,
“se chiedi a un grillino — che sia un “eletto” o un semplice militante — la risposta è identica: «Sansa chi?»”.
Scrive ancora Raffaele Niri:
“Stefano Camisasso, portavoce dei Cinquestelle e braccio destro del capogruppo in Comune Paolo Putti, prova a smorzare i toni: «Ferruccio non si è mai proposto, nessuno l’ha proposto a lui, se qualcuno avanzerà la candidatura se ne discuterà nei tempi e nei modi corretti. Francamente, allo stato delle cose, non è un tema che ci siamo posti».“Altri “dirigenti”, dietro garanzia dell’anonimato, sono molto, molto più possibilisti: «E’ il nostro nome più concreto per le regionali. Grillo conosce Ferruccio fin da bambino. E non mugugnerebbero nemmeno i militanti: è vero che è un “esterno”, ma un nome così — anzi: un cognome così — può richiamare una fascia di elettorato “di sinistra” che sommandosi al nostro potrebbe farci vincere, per la prima volta, una Regione. Il problema è Ferruccio: siamo così sicuri che abbia voglia di farlo?».“Il diretto interessato, quando Repubblica diede per la prima volta la notizia, rimarcò la sua totale perplessità. «Mi piace fare il giornalista e, se posso, vorrei continuare a fare questo lavoro».“Però, lunedì scorso, un suo lungo articolo sul Fatto Quotidiano ha ribaltato le carte. L’analisi di Ferruccio Sansa parte dalla caduta in mani “straniere” di due capisaldi genovesi, la Sampdoria e il Secolo X-IX. «Pezzo dopo pezzo Genova si è sgretolata — scrive il giornalista del Fatto— come le torte di Panarello. Ma il calcio, in fondo, è vetrina. La vera diaspora genovese è quella dell’industria, dell’economia. Della cultura ». Poi Sansa intervista Claudio Gemme di Ansaldo Industria e Marco Bisagno, vicepresidente degli Industriali. E, curiosamente, sulle infrastrutture cita come un Guru il senatore Maurizio Rossi: «Siamo nel cuore dell’Italia. Ma per arrivare a Roma ci vogliono cinque ore di treno e per Milano servono due ore per 150 chilometri. Così non possiamo competere ».“Il nodo centrale (con tanto di citazione finale di Giorgio Caproni: “Genova che si riscatta/Tettoia. Azzurro. Latta/ Genova sempre umana,/ presente, partigiana”) è la continua perdita di potere della città nei confronti di Savona e della Spezia. «Il punto è che Genova sta scomparendo. Senza che nessuno ci abbia fatto caso, le leve del potere locale paiono ormai in mani esterne: per le elezioni regionali del 2015 in lizza ci sono finora Raffaella Paita (delfino di Burlando, spezzina) e Federico Berruti (sindaco di Savona). Il presidente del porto di Genova è uno spezzino, il marito della stessa Paita, e a guidare la Fiera di Genova c’è Sara Armella, savonese, moglie del segretario regionale Pd (pure lui savonese)». E, ancora: «Che cosa resta a Genova? Gli scandali, di sicuro. Come quello che ha travolto la banca Carige. Come la stessa Regione dove due ex vicepresidente sono stati arrestati e quasi metà dei consiglieri sono indagati per affari di rimborsi. Ecco cosa resta: tutti aggrappati alle poltrone. Per difendere un potere che non c’è più».“Magari a pensar male si fa peccato, come diceva Andreotti, ma è molto difficile non leggere sottotraccia una auto candidatura. Tanto più che il meccanismo infernale inventato dai grillini tarpa le ali all’unico candidato credibile, che sarebbe il capogruppo Paolo Putti, che non può dimettersi da Tursi. A meno che spuntino candidature di bandiera (tipo quella del professor Paolo Becchi). Quel che è sicuro è che il rapporto tra la base e i cittadini-eletti a Roma è devastante: i giudizi sul rapporto col territorio dei tre deputati liguri Matteo Mantero, Sergio Battelli e Simone Valente (peraltro tutti di Savona e dintorni) sono irripetibili, quello sull’unica senatrice ligure — la genovese Cristina De Pietro — fa tenerezza: «Poveretta, fa parte della commissione esteri e quindi la mandano in giro come una trottola, a controllare per conto dell’Onu le elezioni in posti come l’Azerbaijan. Ecco, non esattamente quanto speravano gli elettori»”.