La Procura della Corte dei Conti intende chiedere dettagliate relazioni sulle spese dei partiti rappresentati nel Consiglio regionale del Piemonte e per questo saranno sentiti 39 capigruppo, da Valerio Cattaneo a Enzo Ghigo, da Stefano Lepri a Giuliana Manica.
Riferisce su Repubblica Ottavia Giustetti che l’attenzione della Procura è focalizzata sugli ultimi dieci anni, limite oltre il quale scatta la prescrizione, a partire dal 2003 compreso, al 2012, e cioè fino al termine che viene fissato per la prescrizione.
Sono comprese tre legislature, da quella diche ha visto Enzo Ghigo governatore, a quella di Mercedes Bresso, a quella, infine, di Roberto Cota. Spiega Ottavia Giustetti:
“Tecnicamente si chiama giudizio per «resa di conto» che inizia con l’istanza dei magistrati inquirenti affinché siano consegnate le relazioni sulle modalità con cui i politici hanno speso il denaro del Consiglio stanziato per l’attività dei gruppi. […] La sezione Giurisdizionale della Corte si è riunita per discutere la richiesta del procuratore Corrado Croci, titolare anche dell’indagine sulle spese dei gruppi dal 2010 al 2012 e in breve tempo dovrà emettere una sentenza”.
Secondo la Corte dei Conti,
“i presidenti dei gruppi regionali poiché hanno gestito denaro pubblico anche in passato, prima cioè dell’entrata in vigore della nuova normativa, erano da considerare a tutti gli effetti agenti contabili e come tali dovevano rispettare la norma che prevede che ogni anno siano presentati dettagliati rendiconto sul come e il perché abbiano acconsentito a deliberare le spese dei colleghi e proprie”.
Si tratta, scrive Ottavia Giustetti, di un
“ulteriore giro di vite che va a contrastare l’atteggiamento di un’assemblea politica che da mesi giustifica ogni genere di spreco sostenendo che non esistevano indicazioni precise su quali spese erano ammissibili e quali non lo erano. E che alla fine dell’iter giudiziario potrebbe sanzionare i capigruppo che non ottemperano alla richiesta della Corte dei Conti con una multa che corrisponde a una cifra fino alla metà dei compensi che percepiscono. Dunque non condanne da scontare, ma condanne da pagare, che sembrano più temute”
dai politici di quanto non lo siano le condanne penali, che, tra domiciliari, prescrizioni e indulti nessuno alla fine in Italia sconta mai.