ROMA – “Idea grandiosa” scrive Brunetta sul Foglio. Quale? Lanciare un nuovo movimento che si “muova”, si mobiliti per la gente, per il popolo. Nome del movimento? Occupy Santoro o, al massimo, Occupy Fazio. Brunetta non molla e continua il tam tam, la rivolta contro la Rai (in particolare contro Fazio) e contro Santoro (“la rettifica va trasmessa con rilievo”). Scrive Brunetta, ospitato dal Foglio di Ferrara:
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Dovere morale e civico di ristabilire la verità. Qualcosa di situazionista e anarchico, ma legatissimo, anzi basato sulla legalità, contro l’illegalità di chi si chiama “Servizio pubblico” e invece trita il prossimo per scopi cannibalistici. Qui non abbiamo a disposizione un costituzionalista per tutte le stagioni, come Stefano Rodotà, che ha benedetto l’esproprio proletario e attoriale ma anche autoriale del Teatro Valle di Roma, da parte di amici della sua combriccola. Per dribblare l’evidenza del furto di roba comunale, hanno spiegato che a incamerare il bene pubblico era una Fondazione pubblica, cioè loro. Noi non vogliamo invece incamerare un bel niente. Soltanto occupare per esercitare a norma di legge un diritto. Con i timbri e i bolli. Occupy Santoro, noi siamo qui. La nostra idea è avallata da un decreto legislativo. Quello del 31 luglio 2005, n. 177 come modificato dall’articolo 8 del Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44. Trascrivo pedissequamente: “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. Art. 32-quinquies.
Telegiornali e giornali radio. Rettifica. (a) Chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali, quali in particolare l’onore e la reputazione, o materiali da trasmissioni contrarie a verità ha diritto di chiedere al fornitore di servizi di media audiovisivi lineari, incluse la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, all’emittente radiofonica ovvero alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione, che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali. (b) La rettifica è effettuata entro quarantotto ore dalla data di ricezione della relativa richiesta, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. Trascorso detto termine senza che la rettifica sia stata effettuata, l’interessato può trasmettere la richiesta all’Autorità, che provvede ai sensi del comma 4. (c) Fatta salva la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria a tutela dei diritti soggettivi, nel caso in cui l’emittente, televisiva o radiofonica, analogica o digitale, o la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo ritengano che non ricorrono le condizioni per la trasmissione della rettifica, sottopongono entro il giorno successivo alla richiesta la questione all’Autorità, che si pronuncia nel termine di cinque giorni. Se l’Autorità ritiene fondata la richiesta di rettifica, quest’ultima, preceduta dall’indicazione della pronuncia dell’Autorità stessa, deve essere trasmessa entro le ventiquattro ore successive alla pronuncia medesima”. Questo il dettato della legge. Essa è legata a telegiornali e radiogiornali. Ma per evidenti analogie e sostanza delle cose, se non vogliamo accedere a uno stupido nominalismo, è chiaro che essa vale per qualsiasi trasmissione dove si forniscano notizie o si dia spazio a informazioni comunque proposte su persone e realtà dotate di soggettività giuridica.
E aggiunge: “Docufilm, docufiction, teatrini, cartoons dove le persone vengono fatte parlare sostituite da attori, che fanno smorfie, danno toni a interrogatori, intercettazioni, narrazioni, favole. Legge chiarissima. Che cosa è successo finora? Le correzioni, precisazioni, rettifiche sono date alla fine della trasmissione, e vengono sintetizzate e interpretate dalla mimica e dalla voce modulata all’uopo del conduttore della trasmissione. Di solito sono più che altro un modo per ridire due volte la notizia sbagliata e offensiva, con in più la beffa di una faccia vittoriosa e ironica. Qualche volta le rettifiche sono pronunziate a metà trasmissione, quando si ritiene giovi all’audience e si presti a gustose contro rettifiche, utili ad aumentare la vanità del conduttore e il sentimento della propria importanza nel far girare il mondo fuori dal suo asse. Qui sottolineo un punto del decreto legislativo. Articolo 32-quinquies, comma 3. Lì si stabilisce identità di “fascia oraria” (qui è chiaro come il sole: stesso orario di notizia non vera e rettifica). Ma si prescrive soprattutto: medesimo “rilievo”.
Cito letteralmente la formula decisiva per il nostro movimento di Occupy Santoro: la rettifica va trasmessa “in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi”. Rilievo identico vuol dire: stesso spazio. Ma anche uguale potenza espressiva. Medesima teatralità, o comunque qualcosa del genere. Non tutti siamo bravi come Santoro nel recuperare pentiti delle mutande. Per cui diciamo che, dopo la puntata dedicata alle confessioni atroci e senza alcuna prova e nessun contraddittorio, a parte il diritto di dar causa penale o civile da parte della signora Francesca Pascale o di Silvio Berlusconi, c’è anche quello di rettifica. Non una parolina buttata lì alla fine con spirito di patata e la faccia da lampascione, ma una presenza seria capace di replica, nel rilievo e con lo spazio identico. La legge non dice che dev’essere durante la medesima trasmissione. Santoro può rifiutarsi, dunque, e La7 proporre uno spazio ritenuto equipollente, magari il mercoledì. Ma noi riteniamo che questo sia penalizzante e non rispetti la legge, e chiediamo qui manforte a Rodotà e/o alla ministro Cancellieri. Perché nulla ha rilievo a La7, quanto a share, audience, seguito eccetera quanto “Servizio Pubblico”. Anzi la rettifica per essere davvero adeguata deve essere pronunziata da delegati della parte offesa, avendo al fianco, come testimonial silenti, Santoro e Travaglio, oppure – in un altro caso, ad esempio quello di Maradona che fa il gesto dell’ombrello a Equitalia – Fazio e la Littizzetto, miracolosamente muti e senza smorfiette da parrocchietta”.
Brunetta conclude: “Avanti, noi di Occupy Santoro siamo pronti, signora Pascale. Siccome deve avere lo stesso rilievo, bisogna che Santoro e Ruotolo, Travaglio e Vauro, garantiscano la possibilità di accesso a un pubblico che dia il dovuto identico rilievo con applausi, risate, scorni, alla rettifica. Si può chiamare anche contrappasso. Ma eviteremmo di usare una parola dantesca a proposito di Santoro. Quello va bene per Occupy Benigni”.