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Renzi a Berlusconi: “Prima si vota Italicum, poi Quirinale”

di Emiliano Condò |30 Novembre 2014 16:55

Renzi a Berlusconi: “Prima si vota Italicum, poi Quirinale”

ROMA – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi rilascia una lunga intervista a Claudio Tito per Repubblica. Intervista in cui manda messaggi precisi ad alleati e avversari. A Silvio Berlusconi che ieri 29 novembre è tornato in piazza, per esempio, dice chiaramente che prima si vota l’Italicum e poi si parla di Quirinale. Alla sua opposizione interna, la sinistra Pd, spiega che la scelta è tra il Jobs Act, la sua riforma del lavoro e quella della Troika. A Beppe Grillo, invece, Renzi non ha nulla da dire se non constatare che è stato “divorato dal Pd”.

Il premier, poi, si sbilancia sull’Ilva di Taranto. E non esclude, anzi sembra indicarla come strada principale,  l’intervento di un soggetto pubblico per salvare il colosso dell’acciaio.

Leggi anche l’intervista di Renzi da Lucia Annunziata 

Alcuni passi dell’intervista

Legge elettorale prima di tutto, insomma. Spiega Renzi a Repubblica

“L’Italicum è in aula a dicembre” e Berlusconi “si è impegnato con noi a dire sì al pacchetto con la riforma costituzionale entro gennaio. Io resto a quel patto”.

Sulla elezione del nuovo capo dello Stato, invece, Renzi ricorda che Napolitano è al suo posto e non fa nomi:

“I nomi si fanno per sostenerli o per bruciarli. È sempre la stessa storia dal 1955. La corsa è più complicata del palio di Siena. E i cavalli non sono nemmeno entrati nel campo”. Quindi sul metodo per la futura elezione: “È bene che il presidente della Repubblica si elegga con la maggioranza più ampia possibile. E dico ‘possibile'”.

Questione Ilva. Renzi ribadisce che per lui l’acciaio va gestito dai privati ma che, in questa fase è possibile intervenire con un soggetto pubblico per “non far saltare Taranto”.

«A Taranto, ad esempio, stiamo valutando se intervenire sull’Ilva con un soggetto pubblico. Rimettere in sesto quell’azienda per due o tre anni, difendere l’occupazione, tutelare l’ambiente e poi rilanciarla sul mercato. Non vivo di dogmi ideologici, non sono fautore di una ideologia neoliberista. Il dibattito sull’articolo 18, invece, è quanto di più ideologico. Il sindacato che non ha scioperato contro Monti e la Fornero, lo fa adesso contro il governo che ha fissato i tetti degli stipendi ai manager, ha dato gli 80 euro e ha tagliato i costi della politica. Noi stiamo sul merito, non sull’ideologia: sono sicuro che molti di loro cambieranno idea quando vedranno i decreti del Jobs act».

Facciamo un passo indietro. Che intende per intervento pubblico sull’Ilva?
«Ci sono tre ipotesi. L’acquisizione da parte di gruppi esteri, da parte di italiani e poi l’intervento pubblico. Non tutto ciò che è pubblico va escluso. Io sono perché l’acciaio sia gestito da privati. Ma se devo far saltare Taranto, preferisco intervenire direttamente per qualche anno e poi rimetterlo sul mercato ».

È la teoria sostenuta da molti economisti, a partire da Krugman, negli ultimi anni.
«La vera partita si gioca in Europa. Il Piano Juncker è un primo passo ma al di sotto delle mie aspettative. Glielo diremo al prossimo consiglio europeo. Il paradigma mondiale dovrebbe essere la crescita. Su questo sono d’accordo destra e sinistra: Obama e Cameron, Brasile e Cina. Al G20 in Australia molti di noi lo hanno sostenuto, ma non tutti».

Sul fronte sindacale Renzi ribadisce di non voler cambiare l’Italia contro il sindacato. E dell’articolo 18 spiega: servirà a sbloccare la paura

 

Sarà pure inesistente ma il segretario della Cgil, Susanna Camusso, l’ha attaccata pesantemente.
«Il segretario della Cgil ha la necessità di tenere alta la tensione e i toni in vista dello sciopero generale. È legittimo e comprensibile. Ma la mia priorità è un’altra: tenere la discussione sul merito delle cose. Capisco la Cgil ma nel frattempo noi dobbiamo cambiare l’Italia e quindi non cado nella polemica».

Lei si pone l’obiettivo di cambiare l’Italia. Ma a volte sembra che voglia farlo contro il sindacato.

«No. Io lo faccio contro chi frena. Se il sindacato ha voglia di cambiare e dare una mano, ci siamo. Ma se pensano di bloccarci, si sbagliano di grosso. Il tema vero oggi è creare lavoro, non farci i convegni. Affrontare crisi industriali come quelle di Taranto, di Terni, quella dell’Irisbus. Dare nuove tutele a chi lavora e non la polemica ideologica. Questo è il governo che ha dato 80 euro a chi ne guadagna meno di 1500 al mese, che punta sui contratti a tempo indeterminato. È semplicemente quel che deve fare una sinistra moderna ».

Lei davvero crede che il Jobs act possa essere risolutivo?

«Risolutivo no. Però so che quella legge dà garanzie a chi non ne aveva, come le mamme con un contratto precario. Estende gli ammortizzatori sociali a tutti. Annulla i co.co.co, co.co.pro e quella roba lì. Dunque, si fa. Però non bastano le regole: l’occupazione si rilancia scuotendo il Paese, facendo la lotta alla burocrazia, alla corruzione, all’evasione. Semplificando l’accesso al credito. Tutto questo è il compito di una sinistra moderna».

Anche l’abolizione dell’articolo 18 è un compito della sinistra moderna?
«La nuova norma servirà a sbloccare la paura. Molte aziende non assumono perché preoccupate di un eccesso di rigidità. Mancava certezza nelle regole. Noi stiamo rimuovendo gli ostacoli. È anche un elemento simbolico perché si dimostra che l’Italia può attirare gli investimenti».

Non tutti pensano che sia proprio una riforma di sinistra.
«Per molti è una coperta di Linus. Bisognerebbe rileggersi un intervento di Luciano Lama del ‘78, allora cambierebbero idea. Essere di sinistra è anche garantire agli imprenditori di fare impresa e creare posti di lavoro. Senza steccati ideologici».

Infine una battuta secca sull’opposizione interna al Pd. Renzi sembra indicare la porta a chi troppo mugugna

Veramente c’è chi minaccia anche la scissione.
«Nel Pd ci sta chi ne ha voglia. Chi minaccia la scissione un giorno sì e un giorno pure, deve chiarirsi solo le idee e capire se crede a un partito comunità. La regola dello sgambetto al governo non funziona più».

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