ROMA – Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si sono visti a Palazzo Chigi. Non è propriamente una visita di cortesia, nel giorno dei voti decisivi per l’Italicum. In gioco c’è la legge elettorale ma non solo: se non c’è l’accordo su questa, salta l’accordo sull’elezione del presidente della Repubblica: e mancano solo 9 giorni al voto sul Quirinale (allo stato attuale i giornali danno come favorito Giuliano Amato, che metterebbe d’accordo soprattutto le anime centriste dei due schieramenti, sia nel Pd che nell’area berlusconiana). Nonostante le smentite di facciata (il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, ha detto “che non si è parlato di Quirinale”), è difficile che due appuntamenti così ravvicinati e così importanti non siano concatenati tra loro. Il problema attuale di Renzi, in tal senso, sono i dissidenti interni: 29 senatori Pd (sui 108 totali) sono pronti a votare contro la proposta di Italicum del premier (e segretario del partito). E infatti l‘assemblea dei senatori Pd ha votato sì all’Italicum con 71 voti. Ma la minoranza del partito, in tutto 20 senatori, ha deciso di non partecipare al voto, lasciando la sala della riunione.
Perché è così importante l’Italicum? Perché tutti chiedono il proprio tornaconto e basta solo che un anello della catena si spezzi per far saltare tutto. Proviamo a spiegare: molto dipende se passa o meno l’emendamento o gli emendamenti che introducono in un modo o nell’altro le preferenze (nell’Italicum “renziano” ci sono ma non riguardano i capilista, che sono invece bloccati). Gli oppositori (non solo il Movimento 5 Stelle e la Lega ma anche quelli interni al Pd) chiedono che venga smontata la questione dei capilista bloccati. Come ha confermato Miguel Gotor (che già ieri aveva sollevato la questione), 29 senatori del Pd sono pronti a votare no: i capilista bloccati non li vogliono e lo ritengono solo un favore a Berlusconi. Ma se passa questo punto salta tutto il resto perché la riforma elettorale la fai se hai gli accordi tra i partiti: e Berlusconi vuole i capilista bloccati per poterli nominare personalmente.
Gli avere gli accordi necessari, la riforma elettorale deve dare: ad Alfano, Vendola e compagnia bella la soglia bassa del 3%, a Berlusconi i capilista, a se stesso e alla governabilità il ballottaggio. Se smonti uno di questi 3 punti, cascano tutti e 3. Se cade la legge elettorale, cade l’accordo per l’elezione del presidente della Repubblica.
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