Renzi da Napolitano. I no di Prodi e Guerra, Alfano frena lo sprint

Renzi da Napolitano. I no di Prodi e Guerra, Alfano frena la sprint
Renzi da Napolitano. I no di Prodi e Guerra, Alfano frena la sprint

ROMA – Renzi da Napolitano. I no di Prodi e Guerra, Alfano frena lo sprintMatteo Renzi è salito al Quirinale oggi alle 10 e 30 (s’era presentato in largo anticipo) per ricevere l’incarico dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’incarico a formare il nuovo governo. La corsa con cui il sindaco ha bruciato le tappe, però, rischia uno stop per le aspettative dell'”home pressé” (l’uomo che ha fretta, Le Monde): da una parte c’è la resistenza di Angelino  Alfano e della Ncd a votare una fiducia a scatola chiusa (e con troppe incognite per il suo partito), dall’altra la composizione della squadra di governo, con i primi rifiuti eccellenti, a partire da Romano Prodi, sondato per l’Economia dopo che anche l’ad di Luxottica Andrea Guerra si è sfilato. Serve un supplemento di trattativa, i tempi si allungano rispetto alla tabella di marcia condivisa anche dal presidente Napolitano che aveva effettuato consultazioni-lampo per accelerare la pratica.

“Ci servirà qualche giorno”, ammette la fedelissima Maria Elena Boschi mentre da Firenze filtra che il premier incaricato potrebbe avviare le consultazioni da martedì, intenzionato domani a riunire la sua ultima giunta a Firenze. Il primo degli scogli del segretario Pd è il principale socio di maggioranza, Angelino Alfano. I due, in contatto da giorni anche via sms, avevano in programma di vedersi in serata, al rientro di Renzi a Roma. Ma il faccia a faccia, messo in dubbio dai rispettivi collaboratori, resta avvolto dal mistero. I motivi del braccio di ferro sono noti.

Alfano sa che la presenza di Ncd è “decisiva” per la nascita del governo: senza i numeri, soprattutto dei suoi senatori, l’esecutivo Renzi non riesce a nascere a meno di una nuova svolta del rottamatore con un’apertura verso Forza Italia, possibilità che però viene smentita nettamente dal Pd. Perciò l’ex delfino di Berlusconi è determinato ad alzare la posta per il suo via libera: oltre a chiedere la riconferma sua, di Maurizio Lupi e di Beatrice Lorenzin negli stessi ministeri, vuole chiarezza nel perimetro della maggioranza del nuovo governo. Alfano soffre le “due maggioranze”, una con Ncd per il governo e l’altra con Fi per le riforme che Renzi è determinato a confermare.

E vuole garanzie almeno sul fatto che la legge elettorale entrerà in vigore solo dopo la riforma del Senato, temendo che ad un certo punto, incassata la riforma del voto, il leader Pd e il Cavaliere si accordino per mettere fine alla legislatura, nonostante l’orizzonte politico esteso fino al 2018 evocato da Renzi. Richieste e pretese che sembrano non preoccupare più di tanto i renziani. “Alfano non è il problema”, spiegano ambienti vicini al sindaco di Firenze, aggiungendo, più a scopo di minaccia, che se Renzi non riuscisse a fare nascere il governo “vuol dire che si andrà alle urne”.

Insomma tra i due, sostengono fonti dem, chi ha il coltello dalla parte del manico è il premier in pectore e quindi, aggiungono, “un accordo si troverà”, lasciando intendere che Renzi non ha intenzione di fare le barricate per impedire ad Alfano di restare al Viminale. Quello che in realtà preoccupa di più, in queste ore, i fedelissimi del sindaco è la squadra di governo. Il “no, grazie” dell’ad di Luxottica Andrea Guerra lascia l’amaro in bocca a Renzi che punta su personalità vincenti per la sua “rivoluzione radicale”.

Sondaggi sui candidati preferiti sono in corso a 360 gradi e in questo sono impegnati sia personalmente Renzi sia i suoi, come Dario Nardella e Graziano Delrio. Il segretario Pd, anche per ridare entusiasmo al popolo dem sotto choc per la sfiducia a Enrico Letta, vorrebbe Romano Prodi al Tesoro. Gli ambasciatori hanno cercato di convincere il fondatore dell’Ulivo che a via XX Settembre è fondamentale un politico con lo spessore dell’ex premier ma Prodi, nonostante gli incoraggiamenti a rischiare rivolti a Renzi, non sarebbe intenzionato a tornare in politica.

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