ROMA – Matteo Renzi e Alexis Tsipras faccia a faccia. Da una parte quello che ha detto più volte che questa Europa è vecchia e di volerne cambiare le regole. Dall’altra quello che vuole un’altra Europa, non vuole sentir parlare di Troika e vuole tagliare il debito che soffoca e strangola la sua Grecia. Debito già tagliato e spalmato dalla Troika, a costo di alti sacrifici per i greci.
Renzi a Tsipras fa mezza sponda. Cautela e buon senso politico, oltre che convenienza, gli impediscono di fare di più. E che sia così si capisce dalle prime battute della conferenza stampa congiunta quando Renzi prima definisce un “segnale di speranza” la vittorio di Tsipras ma subito dopo ribadisce che tutti, in Europa, “devono fare le riforme”, ovvero il tema più caro a Merkel.
Il resto della conferenza stampa scorre tra battute di Renzi (ho cercato di capire il greco, ma il liceo classico non mi è servito) e considerazioni sul posizionamento politico di Tsipras con il premier che scherza ancora: “Ho cercato di mettermi alla sua sinistra ma non è facile”.
Renzi, alla fine, dice quello che deve dire ovvero che è convinto che ci siano le condizioni per un accordo tra la Grecia e la Ue. Da qui a un asse Italia-Grecia contro la Merkel ce ne corre.
Renzi dice a Tsipras che ci sta sulla spesa, che l’Austerity in quanto tale ha fallito e nulla porta più di quello che ha portato fino ad oggi. E quindi ben venga spesa che serve a investire e portare crescita.
Dove Renzi non ci sta, dove l’asse Italia-Grecia non può prendere forma è sul debito, e in misura minore sul deficit. Renzi ha a più riprese detto che la soglia del 3% è vecchia e sostanzialmente inutile. Ma quella soglia, per una questione di “reputation” l’ha dovuta accettare anche lui. E non è ora il momento per un paese solo di infrangerla.
Poi c’è la questione debito, la più delicata di tutte. Debito che oggettivamente strozza i greci e li riduce a un tenore di vita indegno dell’Europa del XXI secolo. Debito sul cui taglio Tsipras ha costruito il suo successo elettorale. E che alla fine quasi certamente sarà ri-negoziato. Da qui a dire che sia semplicemente giusto tagliarlo ce ne corre e Renzi lo sa. Così quel’Europa che Renzi ha più volte detto di voler cambiare, di volere meno in mano alle burocrazie, oggi è il migliore dei parafulmini possibili. Quella che consente al governo italiano di essere “aperto al dialogo” e “in ascolto” delle esigenze greche (qualsiasi cosa voglia dire) ma allo stesso tempo prudente. Di far capire a Tsipras che l’Italia starà con la Grecia a patto che la Grecia non rovesci il tavolo e non sfasci l’Europa.
Quello che Tsipras e il suo ministro Varoufakis possono ottenere da Renzi & co, in materia di debito e deficit, è una generica disponibilità ad ascoltare ma poco di più. Perché poi le decisioni quelle vere spettano all’Europa nel suo complesso, quell’Europa di cui fa parte (principale) quell’Angela Merkel che Tsipras neppure vuole incontrare.
E poi c’è una questione meno ideale forse ma certamente più sensibile: quella dei 40 miliardi che concretamente la Grecia ci deve. L’Italia, anche volendo e di certo non vuole, non è nella condizione di cassa di rinunciarci a cuor leggero per puro atto di mecenatismo. Anche se come ha detto il sottosegretario Sandro Gozi l’Italia “non vuole strangolare i propri debitori”. Tra strangolare e cancellare ci sono infinite vie di mezzo e la partita, in Europa, si giocherà su quelle.
E poi c’è la questione mercati. Se Italia si appiattisse sulla linea greca le conseguenze in termini di spread e borse non sarebbero delle migliori. Scenario che Renzi e Padoan immaginano e prevedono.
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